Disoccupazione ZERO






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Disoccupazione ZERO
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Una disoccupazione che affligga lo zero per cento della popolazione: ciò rimarrà senza dubbio un miraggio fintantoché verranno seguiti i dettami delle astruse ideologie che affliggono economisti e docenti umanisti in genere nel chiuso delle "loro" Scuole ed Università. Può però divenire una concreta realtà nel momento stesso in cui i cittadini, rigorosamente non statali, inizino a praticare una economia basata sul corretto senso delle cose.

Vediamo un po' quale è la situazione.


Finora si è preteso che la domanda di lavoro fosse soddisfatta dall'economia privata mentre il settore pubblico, sotto la spinta di docenti incapaci non solo di produrre alcunché di concreto ma anche solo di immaginarlo, s'è ristretto all'osso, riducendosi ad essere mero addottrinamento, controllo e repressione; oltre che riscossione, s'intende. Si è fatto sì, in somma, che il settore privato divenisse padrone della produzione mentre il settore pubblico si è mantenuto nel ruolo di padrone di un popolo ch'eppure, con la fine della seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto iniziare a vivere in Democrazia.

E' del tutto fuor di senno pretendere dal privato ciò che competerebbe, per senso stesso della parola, dal Pubblico. Il privato ha da pensare primariamente ai cavoli suoi. Al pubblico compete invece pensare e provvedere essenzialmente ai cavoli di tutti. Ed infatti il Pubblico, dismettendo l'indebito ruolo di padrone e tornando a crescere in attività economiche produttive, potrà pienamente soddisfare i due principi sui quali si basa ciò che è di proprietà collettiva, bene comune, Res Publica:

1) quello che c'è si divide,
2) quello che c'è da fare si fa.

Soddisfacendo questi due principi (uno di quei preziosi valori cui in tanti dicono riferirsi senza però minimamente conoscerli) si costruisce una società che non sa cos'è la disoccupazione. Naturalmente ciò non significa cadere soggetti ad un lavoro coatto ma solo (e scusate se è poco) che chiunque desideri lavorare veda subito realizzato questo suo anelito. Se, per qualche ragione, la struttura del pubblico non fosse momentaneamente in grado di soddisfare questo legittimo desiderio, il cittadino godrebbe di un reddito da cittadinanza, fintantoché la sua richiesta non venisse soddisfatta.


Pensiamo al fatto che oggi invece i docenti universitari e gli statali in genere, per non aver mai messo in discussione il "loro" posto fisso (quante volte, per giunta, barattato in cambio di una simpatia politica, di un vero e proprio atto di corruzione, come le cronache spesso rivelano), si danno da fare per fornire ai più deboli null'altro che uno striminzito, economicamente e socialmente, reddito minimo: una vera e propria elemosina da parte di chi ritiene essere e si comporta come padrone della vita dei semplici, comuni, inferiori cittadini qualsiasi. 

Quante volte noi cittadini abbiamo la percezione che la società proceda contrariamente a quanto richiede il buon senso? Ebbene questa sensazione corrisponde a realtà. Questa va a catafascio per il semplice fatto che i ruoli del potere esecutivo e funzionale della nostra Repubblica, ruoli che la stessa etimologia della parola DEMOCRAZIA (démos: popolo e cràtos: potere) esige siano assegnati al popolo, quindi periodicamente restituiti ad esso, sono tutt'oggi assegnati a vita, a causa di una politica che non s'è mai disvelta dalla sua tradizione d'essere agorà di Proci (di Ulissea memoria).

Se desideriamo dotarci di un posto fisso, di un'attività ed un reddito su cui contare per tutta la vita, non abbiamo da far altro che avviare un'attività personale, "privata" come si è solito dire. Ma rimanga lungi da noi il pensiero che si possa pretendere ciò dall'economia pubblica: ciò che è pubblico è di tutti, non potrà mai essere di qualcuno perché smetterebbe di essere nostro. Se fino ad oggi ciò non è apparso chiaro ed evidente come qui lo si rende lo si deve alla cultura drogata che gli statali ci hanno sempre propinato (ed ancora propinano ai nostri figli!) nelle "loro" Scuole ed Università. Una cultura che ruota attorno a quel malefico, vergognoso, indebito "posto fisso" cui così tanti non hanno saputo resistere, resistere, resistere.


Quanto avrei voluto, credevo, avevo fiducia ed ho poi lungamente sperato, che gente come quella qui presente, come voi che in questo momento mi leggete, capisse, concepisse e mi spiegasse quanto sopra. Col cavolo! Ho aspettato per decenni ed alla fine me le son dovuto capire da solo 'ste cose. E da solo me la sto facendo 'sta pacificissima rivoluzione. Perchè può più una persona che si pone da sola alla ricerca della verità che mille associazioni e partiti uniti per spartirsi ciò che non appartiene a loro.


Danilo D'Antonio

Safara, Alentejo, Portugal

++351 964986219