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bibite alla frutta bevande contro natura



da cunegonda.org
ottobre 2004

Bibite alla frutta. Bevande contronatura

La Circolare del Ministero delle Attività Produttive (N°168/2003), relativa
alle "Bevande di fantasia" (che permetterebbe la presenza di immagini di
frutta sulle etichette di queste bibite, dove la frutta non esiste), è solo
l'ultimo atto di una liberalizzazione nel campo delle bevande analcoliche,
che avanza da decenni, voluta dall'industria alimentare. In pratica
consentirebbe la vendita di bibite "al gusto di" o "al sapore di", che non
contengono succhi o polpa di frutta, sostituiti da acqua, zucchero ed
aromatizzanti. Non solo, ma si potrebbe inserire in etichetta l'immagine
richiamante frutta non presente o presente in percentuali insignificanti,
aggirando così l'attuale normativa (DPR N°719/1958), che non permette l'
utilizzo di indicazioni ingannevoli sul contenuto del prodotto, in
etichetta.
Per capire il punto di vista dell'industria alimentare a proposito di Succhi
e Nettari, è illuminante vedere come titola una rivista che ne è referente:
"Solo frutta non basta"; nell'articolo si dichiara che "non ha più senso
distinguere tra succhi e nettari... perché non esiste una reale percezione
della differenza da parte dei consumatori". In effetti, la differenza c'è e
ce la fanno pagare, anche se nel campo delle bibite a base frutta, esiste
una giungla di tipologie, che sembra fatta apposta per confondere il
consumatore.
Abbiamo le bevande di fantasia, quelle di cui parla la Circolare; poi ci
sono quelle a base di succo (come aranciate e limonate) che devono avere un
contenuto minimo di succo di frutta del 12% (che il Ministero dell'Industria
vuole portare al 10%, con un decreto). Quindi vengono le bevande al nettare
di frutta (min. 25% di frutta), quelle al succo e polpa di frutta (min 50%
di frutta), ed infine i succhi di frutta 100% freschi (ma ci sono anche
quelli UHT, quelli concentrati e quelli in polvere, disidratati)
Su tutte le bevande, ma possiamo includere anche i cibi confezionati,
aleggia l'aromatizzazione; ormai, basta leggere le etichette, è difficile
trovare tra gli scaffali un prodotto che non rechi, nell'elenco degli
ingredienti, il termine "Aromi".
Le materie prime alimentari devono potersi conservare a lungo e devono
essere in primo luogo, economiche; di conseguenza l'industria alimentare
riceve questi prodotti, già di per se con un sapore abbastanza neutro (i
frutti sono raccolti immaturi per resistere meglio al trasporto,
manipolazione, ecc), in una stadio essiccato, disidratato. Questi processi
distruggono gli aromi, che devono essere reintegrati.
L'aroma di laboratorio è la sostanza dominante della moderna produzione di
generi alimentari; senza questi misteriosi succhi e polveri, la maggior
parte dei prodotti alimentari industriali, sarebbe immangiabile e quindi
invendibile. L'aroma è necessario per nascondere (mascherare si dice in
gergo) lo sgradevole retrogusto della tecnologia alimentare.
L'industrializzazione del gusto ha realizzato un vecchio sogno dell'umanità:
l'emancipazione dalla natura. Il gusto sintetico libera i cibi dai loro
scopi naturali, creando alimenti mai esistiti come lo yogurt al gusto di
fragola. La produzione mondiale di fragole, basterebbe appena a coprire il
5% del fabbisogno USA di prodotti a base di fragola, di conseguenza questo
gusto viene prodotto partendo dal legno, così come dal legno viene estratto
uno dei costituenti l'aroma della vaniglia, la vanillina. Il più grande
produttore al mondo di vanillina è una cartiera canadese.
Le industrie degli aromi, multinazionali con fatturati di miliardi di
dollari, lavorano alla trasformazione globale della percezione dei sensi. Le
manipolazioni del gusto sono invisibili e difficilmente rilevabili dall'
essere umano; per modificare il sapore e l'aroma di un prodotto alimentare,
sono sufficienti quantità infinitamente piccole. Basta meno di un
miliardesimo di grammo per litro di Mentenetiolo, per dare l'aroma di
pompelmo fresco; per fornire l'aroma di nocciola, bastano cinque milligrammi
di Filbertono, in un milione di litri d'acqua.
E' stato calcolato che ogni cittadino, assume 500 grammi il giorno di
alimenti aromatizzati industrialmente, mediamente la metà di quello che
mangia.
Davanti a questo panorama desolante, al consumatore non restano che tre
difese:
Leggere attentamente le etichette dei prodotti da acquistare
Allenare i propri organi sensoriali ai profumi ed agli aromi naturali, così
da poter valutare ed individuare intromissioni artificiali.
Utilizzare il fai da te; nessuna bevanda industriale può rivaleggiare (dal
punto di vista sensoriale ma soprattutto per i contenuti dietetici) con una
spremuta di frutta fresca, fatta in casa al momento.
[Vittorio Vallini, esperto in alimentazione, per la Redazione Cunegonda
Italia]