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acqua privatizzata . Qualcosa si può fare



il manifesto - 18 Dicembre 2004

UN BENE COMUNE
L'acqua a Napoli C'è qualcosa da fare
Privatizzazione L'acqua di Napoli è una storia finita? Non c'è più niente da
fare?
EMILIO MOLINARI* ROSARIO LEMBO**

Con il voto di lunedì 13 il consiglio comunale di Napoli ha inteso porre la
parola «fine» al capitolo della privatizzazione dell'acqua. Un rituale
scontato, una concessione a un ordine del giorno presentato da Rifondazione
Comunista, Verdi, alcuni Ds, accolto solo per dare risposta alle pressioni
esercitate dai movimenti della società civile. Ma la scelta della
privatizzazione dell'Ato (Ambito territoriale ottimale) napoletano era da
tempo fatta propria dal centro sinistra. 13 voti a favore e 18 contrari, su
60 consiglieri comunali. Si è chiuso così il dibattito sul futuro della
gestione dell'acqua a Napoli. I cittadini possono esserne fieri. Ora restano
40 giorni, i tempi di pubblicazione del bando, poi l'acqua andrà a «gara» e
sarà privatizzata. Certo, alcune forze politiche locali cominciano a capire
quale partita si stia giocando con la privatizzazione dell'acqua. Proprio
per questo non ha senso prospettare ora una raccolta di firme per una futura
legge di iniziativa popolare....E' come chiudere la partita. L'acqua è oggi
una questione politica dirompente, un fatto di coerenza politica da porre
nei termini proposti nel marzo di quest'anno al Parlamento europeo.
L'acqua è sacra, perché è fonte di vita. Mercificare l'acqua significa
mercificare la vita umana. Sostenere i processi di privatizzazione è fare
scelte politiche contro la vita umana. L'alternativa non è facile. Comporta
forse rotture di coalizioni o prese di posizione su valori più importanti
delle candidature. Le modalità con cui rendere coerenti le scelte dei
partiti di fronte a questa nostra opzione è solamente politica ed
appartiene, nel caso di Napoli, alle segreterie regionali e - perché no -
nazionali. Ed è anche scelta individuale, chiamando in causa il valore
politico, culturale, strategico che ciascuno di noi - cittadino, essere
umano - dà all'acqua e alla sua mercificazione. Dal livello locale la nostra
richiesta chiama in causa direttamente tutti i partiti del centro sinistra
che fanno parte della Gad (Grande alleanza democratica) e lo stesso Romano
Prodi.
Fausto Bertinotti, con la risposta alla nostra lettera, ha dichiarato di
impegnarsi a porre «l'acqua sul tavolo del confronto programmatico con tutta
l'Alleanza Democratica». In questo sta l'importanza che noi diamo alle sue
parole. Dello stesso contenuto poi, è la lettera che il segretario dei
Comunisti italiani Oliviero Diliberto ci ha mandato. Ma se di confronto si
deve parlare, occorre che le bocce siano ferme. Occorre appunto parlare,
confrontarsi.... e nel frattempo non accelerare, a livello locale, i
processi di privatizzazione ancora possibili. Il voto di Napoli chiude la
prospettiva del confronto politico a livello di Gad e mette tutti di fronte
al fatto compiuto. Si crea una prospettiva per la quale è troppo costoso
ritornare sui propri passi. Il problema è perciò interamente politico, è
nazionale e riguarda la prospettiva di sinistra, il rapporto delle forze
politiche con il movimento. Per questo ci rivolgiamo ancora ai partiti, ai
loro segretari ed in particolare ai Verdi, a Rifondazione Comunista, ai
Comunisti Italiani, ma anche all'Italia dei Valori, al Correntone Ds, a
Occhetto ecc.
Il problema che si pone con Napoli è di fondo: come si forma l'unità di una
coalizione e il programma unitario dell'Alleanza? Quanto conta la
soggettività dei partiti che la compongono? Sono solo voti da consegnare in
cambio di posti di governo, o è ricchezza, di contenuti, di opzioni ideali,
di legami con i movimenti con i quali fare le mediazioni politiche
necessarie? Nel nostro paese, importanti province come Milano, Torino,
Savona, Ancona, Pescara, Alessandria, Ascoli Piceno, Viterbo, hanno deciso
un percorso di partecipazione e di confronto orientato sulla gestione in
house dei servizi idrici. In questi 40 giorni a Napoli, in tema di acqua,
come sui problemi dell'ordine pubblico, si decide la politica; e se
«partecipazione» è solo linguaggio virtuale o nuova democrazia.
La decisione di privatizzare la gestione dell'acqua, non è una scelta
locale, è in corso in tutto il mondo. Potenti oligarchie e imprese
multinazionali premono da tempo. A voi politici locali chiedono proprio
questo: privatizzare l'acqua, renderla universalmente una merce, dare le
sorgenti in concessione, per pochi centesimi di lira al litro, darle a Coca
Cola, Nestlè e Danone, permettere loro di mettere l'acqua dei rubinetti in
bottiglie, per venderla ad un prezzo mille volte superiore. Agevolare il
formarsi di holding capaci di andare alla conquista dell'acqua nei paesi
poveri, dell'America Latina, dell'Asia, dei Balcani: Sei miliardi di
consumatori obbligati, senza scampo, sono un mercato senza limiti.
E poi fare leggi, per favorire il formarsi di multiutility che gestiscono
globalmente acqua, rifiuti, gas, energia elettrica, telecomunicazioni,
informazione, cimiteri, mense, sul modello di Vivendi, di Suez Lyonnais.
Insomma, affidare la gestione della politica urbana , più vicina agli
elettori, alle multinazionali; abdicare a ogni funzione politica, dando
inizio al più grande business del secolo.
Questo passaggio è epocale e ne sono responsabili politici e amministratori,
ma anche giornalisti, e mezzi d'informazione. Pensiamo sia legittimo leggere
questi livelli di responsabilità politica dietro la brutta scelta di Napoli
e prima ancora, di Toscana ed Emilia-Romagna. E chiediamo alla politica e
alla nuova coalizione: «perché nei territori gestiti dal centro sinistra
questi processi si attuano con maggiore vigore e tempestività»? E poi
chiediamo: c'è una mercificazione dell'acqua? E' in atto uno scontro attorno
a questi interessi nel mondo? E voi come vi collocate? Come contrastate
questi interessi? Come intendete far crescere la consapevolezza politica nei
cittadini italiani? Forse costituendo delle Spa quotate in borsa? Dando ai
privati il 51% o il 100%? Andando a gara? Favorendo il nascere di holding
concorrenti a quelle francesi? Raccontando che la romana Acea, che si
assicura l'acqua di Lima, Tirana, Erevan, nell'Honduras e in Ecuador, è
diversa da Vivendi? Cercando di convincerci che la holding triveneta è
diversa dalla lombarda su cui lavora Formigoni?
Non sono domande peregrine, il voto di Napoli è grave e preoccupante per
l'arroganza, la disinformazione, il silenzio di mesi. Si tratta dell'acqua
di Napoli, di una città violentata da criminalità e da illegalità, dove la
politica, deve ricostruire il senso della comunità, del vivere civile e lo
può fare solo affermando con forza il valore pubblico, collettivo e
partecipato di beni comuni fondamentali. E nulla è più fondamentale
dell'acqua. Da queste preoccupazione ci muoviamo quando chiediamo ai
segretari di far sentire su Napoli tutto il peso nazionale della politica. E
rinnoviamo loro la richiesta di un incontro. E con queste motivazioni e con
il desiderio di poterci confrontare che aspettiamo gli amministratori locali
che hanno partecipato o si sono opposti alla privatizzazione dell'acqua a
Napoli all'«assemblea aperta» che si svolgerà oggi 18 dicembre alle ore
10,00 a Napoli, presso la Sala Consiliare Circoscrizione Avvocata (Piazza
Dante).

Vicepresidente* e segretario**del Comitato italiano per ilContratto Mondiale
sull'Acqua