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Re: R: x Andrea Agostini



Amici di Peace link/Andrea Agostini

Il dibattito che è nato su queste mailing list dalle riflessioni sulla "decrescita" seppur interessante mi sembra che non riesca a presentare altre posizioni se non quella tra chi cerca di prendere il potere senza dire che cosa ne vuole fare e chi invece non vuole prendere il potere ma si trova in una posizione in cui non riesce a trovare la chiave per cambiare il mondo. Mi schiero dalla parte di quelli che invece -a metà tra le due posizioni- sostiene che anche se si pensa di poter cambiare il mondo senza prendere il potere bisogna in ogni caso dire apertamente dove e come si vuole essere governati. Una prima riflessione chiama in gioco il fatto che la globalizzazione neoliberista è omologante, marginalizzante e destabilizzante (come ha scritto ripetutamente Bruno Amoroso già dieci anni fa) ma non rappresenta l'unico modo di organizzare l'economia e la società (su questo invito chi non lo avesse fatto a leggere Serge Latouche). E questo non significa solo romanticizzare i mercati africani o il microcredito indiano. Infatti, esperienze di consumo, organizzazione e produzione miranti all'obiettivo del bene comune (cioè del bene della comunità) esistono anche nei paesi ricchi (chi legge Carta ad esempio è informato su queste iniziative dei cd distretti del sociale). Da questa prima riflessione nasce la seconda cioè lo slogan "un altro mondo è possibile" dovrebbe cambiarsi in "questo mondo ci va benissimo, ma lo vogliamo migliorare". Il "come" è proprio il messaggio che andrebbe sottoscritto da quei politici dai quali vogliamo farci governare. In questo modo la classe politica, che appunto deve fare quel mestiere, verrebbe presa in ostaggio su un progetto di sviluppo ben preciso. Ovviamente sempre nella prospettiva del rispetto dei bisogni e domande di ogni comunità e della pace tra le comunità. Quindi la necessità contingente della strategia deve assolutamente essere legata ad un processo di elaborazione dei contenuti. Su questo l'Università del Bene Comune (una iniziativa di Riccardo Petrella) ha per esempio stabilito dei punti nevralgici sui quali non si può scendere a compromessi: la de-privatizzazione dei beni comuni (acqua, educazione, sanità, etc); la riappriopriazione dei mercati (cioè riportare il sociale dentro l'economico); il riconoscimento dell'alterità e della diversità come valore. Su questo direi varrebbe la pena di concentrare (almeno una parte) gli sforzi per evitare una deriva multitudinaria e ricostruire invece quello che Pietro Barcellona aveva giustamente definito il "legame sociale" tra le persone (e dentro le comunità).

Andrea Gallina
Roskilde University e Università del Bene Comune, Fac. della Mondialità (www.ssc.ruc.dk/federico)











Lorenzo Dellacorte wrote:
Il modo di produzione capitalistico domina
integralmente l'economia mondiale (non per nulla
parliamo di globalizzazione) ed è caratterizzato da
una alta intensità di capitale che esige un'incremento
costante di produttività per evitare la caduta del
saggio del profitto. Questi incrementi di produttività
stanno compromettendo la vita degli uomini e
dell'ambiente. Ciononostante anche la "sinistra", la
GAD, continua a sostenere il modo di produzione
capitalistico cercando di mantenere i profitti del
grande capitale "ridistribuiendo" il reddito tra salariati, piccoli "imprenditori", disoccupati,
lavoratori del terzo mondo livellando verso il basso
il livello di vita generale (la legge dell'entropia è
ferrea: globalizzata l'economia si assiste ad un
livellamento automatico dei redditi da lavoro verso il
basso, verso quello "meno strutturato" verso quello
cinese): da qui nasce l'ideologia dell'economia
"minimale" dello stile di vita alternativo. dei
mercatini, ecc. Non sono contrario a queste ONLUS,e
che si ipotizzino e si pratichino fin d'ora modalità
diverse di economia alternativa (senza dubbio
costituiscono una ricca esperienza ed un accrescimento
della coscienza partecipativa della moltitudine),
anche se "immerse" nell'oceano capitalista, ma
dobbiamo avere piena la coscienza che senza colpire il
modo di produzione capitalistico a partire dalle
grandi multinazionali non si possono cambiare i
destini dell'uomo e che è insito in queste attività il
rischio di "calmierare" i salari, di abbattere i costi
a favore del capitale, che può disporre di servizi a
costi ridotti (basta pensare al volontariato che
garantisce servizi con salari ridicoli) e di ottenere
un "consenso" che permette al sistema di sopravvivere
senza opposizione. Dobbiamo contemporeneamente colpire le grandi
multinazionali: dobbiamo chiedere alla sinistra che è
chiamata dal capitale in aiuto (Montezemolo,
presidente Confindustria si comporta come un
segretario DS) di promuovere a livello internazionale
una legislazione che metta al bando le holding che
superano come fatturato il PIL di un medio stato,
perchè sono loro che pagano le classi politiche
dirigenti, che promuovono le guerre e la distruzione
del pianeta. E' una vergogna che la sinistra presenti
un misero impiegatino di queste multinazionali come
premier dell'Ulivo!!!


--- "T.Bonotto" <bonotto at clopd.univr.it> ha scritto:

Salve,
Sono dell'avviso che i piccoli-medi progetti di tipo
produttivo agricolo,
industriale, artigianale e commerciale, servizi
siano la spina dorsale di
una eventuale alternativa socio-economica. Dovremmo
aumentarne il numero.
Nel mondo vi sono 26.000 ONG e se ognuna si
prendesse la briga di stabilire
qualche progetto a favore della popolazione vi
sarebbe una attenzione
maggiore.
Cito tra tutti, in questo momento, la necessità di
creare dei 'gruppi di
acquisto' calmierati rispetto alle condizioni della
grande distribuzione
(che favorisce la concentrazione di ricchezza in
mano a pochi, il monopolio,
la fluttuazione dei prezzi etc.) per tutti i generi
di prima necessità:
alimenti, vestiario, matreriale scolastico, edilizia
etc.

I gruppi di acquisto, se incentivati potrebbero
essere una alternativa per
una buona parte della popolazione:
Gli agricoltori hanno difficoltà a sopravvivere per
gli alti costi di
gestione e i prezzi di vendita troppo bassi dei
propri prodotti. Anche qui
l'intermediario spesso specula.

Se si acquista direttamente dai produttori si hanno
dei benefici.
Quella 'organizzazione della società civile' di cui
parlava anche Zanotelli,
sembra sempre più necessaria.

2. Altro punto importante. Non sarà sufficiente la
attivazione dei soli
progetti alternativi. La società dovrebbe avere un
assetto
socio-economico-politico non di tipo capitalistico o
liberista. Per questo
serve anche un impianto teorico. Il nostro governo
segue la strada
liberista, la Grande alleanza Democratica non si sa
quale modello adotterà.
Comunqe quale visione si avvicina di più
all'espressione degli interessi di
tutti i cittadini e non di una minoranza elitaria di
essi? A dire il vero
quella dell'internazionale socialista di Willy
Brandt nata nel 1951 a
Francoforte, mi sembra in linea con le esigenze di
questo momento. Una
visione che vede il comunismo non come una soluzione
e l'attenzione agli
aspetti individuali e collettivi sullo stesso piano
da apprezzare.
Un'economia socializzata, attraverso la
responsabilità diretta di tutti i
cittadini nel processo economico, sembra
un'alternativa.
In questo senso vi suggerisco di andare al sito
www.prout.it e vedere se
trovate qualche spunto utile in questa direzione.

Saluti

Tarcisio Bonotto
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Proutist UNiversal
Istituto di Ricerca PROUT
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-----Messaggio originale----- Da: economia-request at peacelink.it [mailto:economia-request at peacelink.it]Per conto di Giuliano De Colle Inviato: martedì 14 dicembre 2004 18.11 A: economia at peacelink.it Oggetto: x Andrea Agostini


a proposito dei consigli sulla decrescita sostenibile , ho letto le tesi contro il commercio equo e solidale. In sostanza non tentare di modificare dall'interno il sistema che, secondo te è immodificabile, ma proporre modelli del tutto diversi... E' molto dura. Tutto questo sistema è purtroppo già nostro, dagli strumenti con cui ti farai operare in ospedale, all'aspirina bayer che ti toglierà il dolore, alle pinze che mi sevono in casa e che non mi produrrà più l'artigiano e men che meno io. Che dire poi di loro? Senza il sostegno del commercio equo e solidale non ci sarà neanche per quei pochi che prima l'avevano il sostegno a continuare il loro lavoro di piccoli contadini e cooperative.. --- Outgoing mail is certified Virus Free. Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com). Version: 6.0.781 / Virus Database: 527 - Release Date: 21/10/2004





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