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enel riscopre il nucleare



il manifesto - 24 Settembre 2004IL L'Enel riscopre il nucleare
GUGLIELMO RAGOZZINO

L'Enel riscopre il nucleare
Scaroni compra centrali nucleari di tecnologia obsoleta dalla società
elettrica slovacca. L'energia, così importata in Italia, scavalcando
referendum e leggi, rende meno «utili» le costose centrali a carbone
GUGLIELMO RAGOZZINO

L'Enel torna al nucleare. Carbone Enel verso il raddoppio al 2006. Ecco due
notizie, entrambe presenti sabato sulla Staffetta quotidiana, che possono
sconvolgere il sistema energetico italiano. Per orientarci nella materia
occorre un breve riepilogo delle «puntate precedenti». Antefatto. Il compito
affidato dal governo Berlusconi a Paolo Scaroni amministratore delegato
dell'Enel, è semplice: tornare, dopo i giri di valzer di Tatò,
l'amministratore precedente, all'attività centrale; produzione e
distribuzione di elettricità cui affiancare una rete gas; il resto,
superfluo, è da liquidare; con un occhio al Tesoro, azionista-padrone,
sempre in cerca di soldi. In caso di successo, una ricompensa imponente,
come vedremo più avanti. A ben guardare, le attività laterali di Tatò erano
poca cosa, se non Wind, terzo sistema telefonico italiano. Nessun problema:
al primo momento utile Wind sarebbe infilato in borsa, per poi cederne la
gestione.

C'era però il decreto Bersani, il ministro dell'industria/attività
produttive nei governi di Prodi e D'Alema, che fissava un tetto all'Enel e
prescriveva la vendita delle centrali elettriche eccedenti alla concorrenza.
Dove avrebbe potuto investire l'Enel in modo redditizio il denaro ricavato
dalle vendite delle sue centrali ai concorrenti? Come crescere, con le
entrate in settori laterali precluse? Il tentativo di uno dei numerosi
decreti dell'attuale ministro delle attività produttive, Antonio Marzano, di
tirare una bella riga sopra Bersani, aveva suscitato un vespaio ed era stata
abbandonata. Non rimanevano che gli investimenti nel gas, con ricavi assai
lontani nel tempo e capaci di suscitare una guerra civile con Eni, o gli
acquisti all'estero: acquisti di centrali elettriche e reti di trasmissione.
I primi tentativi non furono felici: qualche pericoloso scambio con
Edf -Eléctricité de France, tanto più forte e tanto più indebitata di Enel,
fino a constatare che non esistono le condizioni tecniche e occorre
soprassedere; la partita di giro con gli spagnoli dell'Endesa che in
parziale cambio di centrali Enel superpagate avevano ceduto all'Enel un paio
di centrali spagnole inutilizzabili e ormai da rottamare. Niente di decisivo
Nucleare. La soluzione nucleare risolve questo busillis dell'Enel. Non
potendo produrre in Italia ulteriori chilowatt per non sfondare il tetto del
decreto Bersani e dovendo restare nell'attività principale per prescrizione
del governo-azionista, scartata o accantonata ogni altra soluzione, ecco
prevalere l'intervento in paesi dell'Europa povera: Russia, Romania,
Bulgaria, Slovacchia. Due società rumene di distribuzione di elettricità
(1.400.000 clienti) gestione di una centrale da 450 Mw a S. Pietroburgo; una
serie di centrali a carbone in Bulgaria che intende diventare un polo
energetico nell'area. Infine la Slovacchia. Qui l'entrata nell'Unione
europea coincide con una robusta fase di privatizzazioni. Va in vendita
anche il 66% della compagnia elettrica statale Se (Slovenske Elektrarne). Se
ha una capacità produttiva di 7.000 Mw. C'è un'asta e il prezzo più alto è
offerto da Enel, 840 milioni di euro, contro i 691 della ceca Cez e i 548
della russa Rao-Ues (Elena Comotti, CorrierEconomia, 20 settembre 2004).
Enel ha avuto assicurazioni dal governo italiano e dalla commissione europea
del buon fine del suo acquisto. Del pacco slovacco fanno infatti parte due
centrali nucleari, Mochovce e Bohunice. Per quanto riguarda questa seconda
centrale, che comprende quattro reattori ad acqua pressurizzata da 440 Mw
ciascuno e costruiti in puro stile russo, la commissione Ue ha chiesto lo
smantellamento delle unità 1 e 2. Risulta alla Staffetta che Enel abbia
chiesto all'Ue la garanzia che l'impianto potrà funzionare per altri 10
anni. Risulta a noi che l'Enel abbia ottenuto la garanzia richiesta. Rimane
difficile capire i motivi della severità Ue e poi della successiva clemenza.
L'unica cosa sicura in questo giro di garanzie -tecniche, politiche,
economiche - è che l'Enel ha più santi in paradiso a Bruxelles di quanti ne
abbiano russi e cechi. Quanto all'altra centrale nucleare, vi sono due
reattori in funzione dal 1999 e due in costruzione, cui Enel contribuirà con
un miliardo di euro. Che farà l'Enel dei suoi Mw slovacchi, 3.500 dei quali
nucleari? Ovvia la risposta: li porterà in Italia, cioè li cederà alla rete
austriaca che a sua volta li farà scivolare fino alla frontiera italiana.
Giocando abilmente tra i paletti del decreto Marzano, terza o quarta
edizione, l'energia arriverà in Italia sotto forma di scambio tecnico tra
Se, la società slovacca dell'Enel e le compagnie austriache; ma al confine
italiano, non sarà più elettricità importata dall'Enel, fuori quota, ma un
produttore internazionale che vende in Italia, ottenendo anche il plauso
delle autorità, per i meriti nei confronti dei pericolosi blackout.

Carbone. Tutto questo fa diventare il caso del carbone assai meno serio.
Quando Scaroni minaccia: trasformerò l'Italia a carbone, semplicemente non
va creduto. Chi glieli dà i soldi per far crescere le centrali Enel a
carbone dal 27 al 47% del totale? E soprattutto con gli abbattimenti di fumi
e polveri che perfino i sindacati, tutti contenti del carbone, chiedono?
L'Enel non ha i quattrini per pagare i dividendi al Tesoro, comprare
centrali e reti in Slovacchia e altrove e investire miliardi di euro in
centrali di grande taglia come Civitavecchia o Porto Tolle, da convertire,
con gli occhi puntati addosso da parte di abitanti e ambientalisti. E che
dire della prospettiva di spendere molto e non rivedere un quattrino per
cinque o più anni? Molto più semplice, economico, rapido il gas.

Gas. Naturamente è legato al gas il premio che attende Scaroni: la
successione di Mincato all'Eni. Non è facendo la guerra al gas che la si
ottiene, ma obbedendo alle decisioni del governo che ha il potere di nomina
e andando d'accordo con i dirigenti dell'Eni che hanno il privilegio del
veto.