sostenibilità e paradigma economico



da greenreport.it
 
Economia ecologica
Non ci sarà mai sostenibilità senza un cambiamento del paradigma economico
[ 19 dicembre 2012 ]
 
Fabio Laurenzi, presidente Cospe
A Niamey, dove si è tenuto il convegno su «Sovranità alimentare e cambiamenti climatici» del ROPPA, Rete delle Organizzazioni Contadine e dei Produttori Agricoli che unisce le Piattaforme nazionali presenti in dodici paesi dell'Africa occidentale e rappresenta oltre 50 milioni di contadini, si è tornati a parlare delle sfide globali, come quelle legate al clima e alla produzione di cibo. Sfide che coinvolgono e accomunano tanti e diversi attori tanto in Africa quanto in Europa.
Cospe, da sempre partner di Roppa, da 25 anni lavora in Niger dove l'associazione di contadini è molto forte è radicata anche a causa delle difficili condizioni ambientali e delle frequenti crisi alimentari a cui trovare una soluzione. Molto spesso queste crisi vengono affrontate dalle organizzazioni internazionali in base ad analisi semplicistiche e stereotipate, a volte accompagnati da appelli accorati, ma che ignorano deliberatamente la complessità dei problemi, impediscono di intervenire sulle vere cause strutturali dei fenomeni della degradazione ambientale e finiscono per offuscare l'immagine della società civile africana. Da sempre Cospe si sforza invece  di sostenere gli attori locali nelle loro procedure e di rinforzarli perché possano fare fronte ai periodi di crisi in modo autonomo. E' in questa prospettiva che s'inseriscono, per esempio, le azioni di diversificazione e valorizzazione dei prodotti locali che stiamo promuovendo in Niger come in altri Paesi africani (Senegal, Angola, Swaziland...).  Le nostre relazioni e i nostri partneriati in questi anni ci hanno infatti persuaso ancora di più che esiste un legame forte tra la protezione delle risorse naturali, la riduzione della povertà e la promozione della giustizia sociale. 
Sono passati 40 anni dal Summit di Stoccolma del 1972, quando il gruppo di Roma aveva avvertito l'umanità dei rischi di un paradigma di sviluppo sfrenato, mistificatore e ideologico, chiedendo con coraggio di riconoscere il limiti dello sviluppo. Venti  anni più tardi, durante il Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992, siamo passati al concetto dall'aria ambigua di sviluppo sostenibile. E oggi, 20 anni ancora più tardi, si cerca di cancellare completamente qualsiasi riferimento alla necessità di un di un cambiamento con il paradigma dell'economia verde. Non si parla più di limiti, ma solo di profitti: le parole eloquenti non fanno che dipingere di verde il business as usual che viene a profitto di una minoranza e condanna invece la maggioranza degli abitanti del pianeta, al nord come al sud. Questo perché durante l'intervallo di tempo, la vita è diventata più dura della maggioranza degli abitanti del pianeta. Un umano su sette soffre la fame, in particolare le donne e i piccoli contadini; l'ambiente si degrada rapidamente, la biodiversità è minacciata, le risorse idriche sono più rare e inquinate.
E' per questo che siamo consapevoli che un approccio classico di cooperazione a progetto non saprebbe essere all'altezza delle sfide e alla gravità della crisi che noi subiamo. La cooperazione allo sviluppo non può permettersi di credere che il suo ruolo si limiti alla raccolta di risorse per realizzare dei progetti, grandi o piccoli che siano, nei presumibilmente beneficiari. Essendo le sfide globali, noi siamo chiamati a accettare, rivendicare e praticare fino in fondo la logica del partenariato. Come ha detto recentemente un nostro partner, siamo tutti sulla stessa barca la sola differenze è che, per il momento, noi viaggiamo su due classi differenti e per affrontare le sfide che ci sono poste, dobbiamo essere in grado di costruire delle alleanze più ampie e solidali possibili, con tutti gli attori che si sono resi conto che un altro mondo è possibile e necessario.
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