auto eletrrica nessuna svolta imminente ecco perche'



  
   Invernizzi (eCarsNow): «Troppi standard per la ricarica a favore solo di chi produce energia»
Crisi dell'auto e veicoli elettrici: nessuna svolta imminente, ecco perché
Colonnina Enel incompatibile con Nissan Leaf, Peugeot iOn, Citroën CZero (le più vendute)
[ 4 gennaio 2013 ]
 
Luca Aterini
Ad un mercato dell'auto europeo ed italiano fortemente in crisi - lungo lo Stivale, secondo il ministero dei Trasporti, le nuove immatricolazioni nel 2012 sono diminuite del 19,79% rispetto al 2011, tornando al livello del 1979 - quali sono le risposte di programmazione industriale che si ritiene adeguato offrire per conciliare vendite in calo dell'auto privata (non necessariamente un male, di per sé), tenuta occupazionale e problematiche ambientali (inquinamento da gas di scarico da un lato e gestione efficiente delle materie prime per la costruzione dall'altro)?
Guardare a come si muovono i top player del mercato potrebbe offrire qualche indizio. Tra questi rientra il gruppo Fiat, che risponde in controtendenza alla crisi conquistando un +0,2% nella fetta di nuove immatricolazioni nel territorio italiano. Ma il gruppo torinese si scopre sempre comunque meno legato al territorio nazionale: è infatti Oltreoceano che macina "record" di vendite e piazza sul mercato più di due terzi della propria produzione totale. Anche per questo, Fiat ha deciso di acquistare un ulteriore 3,3% della Chrysler, superando quota 65%.
Sebbene realizzi sul territorio italiano soltanto un ottavo delle proprie vendite, Fiat rimane un attore di primo piano: nel 2012, il 29,6% delle auto immatricolate mostravano il marchio del gruppo. In termini di mobilità sostenibile, questo cosa significa? Tralasciando per una volta la priorità del riassetto del trasporto dalla gomma al ferro, Fiat e più in generale il mondo italiano che gira attorno alle quattro ruote non solo non si concentrano sulle criticità dei flussi di materia che attraversano il ciclo di vita dei propri prodotti, ma non sembrano neanche preparati a relazionarsi con l'altra metà del cielo automobilistico, quello dell'auto elettrica.
Eppure, pochi giorni fa la Repubblica titolava Auto elettrica, la svolta in fila dal benzinaio per il pieno di corrente, annunciando un imminente accordo tra due giganti nazionali, Eni ed Enel, volto all'introduzione di colonnine di ricarica per le auto elettriche direttamente nei benzinai: «Le prime colonnine arriveranno dai benzinai già a marzo e il loro potenziale è enorme: l'Eni ha 4.700 stazioni di servizio di cui 127 sulla rete autostradale, un numero impressionante di spazi disponibili, considerando che l'Enel fino a oggi ha montato in Italia solo 800 colonnine pubbliche di ricarica».
Daniele Invernizzi, socio fondatore di eCarsNow! Italia, ci confida perché crede che quest'accordo non sarà, in effetti, un deus ex machina per l'auto elettrica: «Viene da pensare che il Belpaese, ancora in ritardo nel settore dei veicoli elettrici, invece di attingere esperienza dal nord Europa voglia ancora una volta dare spazio a chi cerca di fare cartello ed imporre il proprio standard: infatti la ricarica rapida secondo Enel è già diversa rispetto a quella proposta dai Giapponesi, incompatibile con quella installata a bordo delle vetture elettriche più vendute, vedi ad esempio Nissan Leaf, Peugeot iOn, Citroën CZero. Si è dunque dato spazio ad un'ulteriore standard per la ricarica imposto da chi l'energia la produce e la vende».
Circa le carenze delle auto elettriche, Invernizzi precisa che «Ad oggi i veicoli elettrici soffrono solo la questione batteria e ricarica, dal momento che il motore elettrico è già una macchina quasi perfetta con oltre il 95% di rendimento (si pensi che una moderna auto tradizionale ha solo il 25/30% di rendimento), quindi su questo fronte sono tante le aziende impegnate a livello mondiale sullo stesso obiettivo, mentre lo standard di ricarica è stato affidato, forse con troppa fiducia, ai produttori di colonnine e di energia i quali ad oggi ne hanno "imposti" ben cinque, ognuno incompatibile con gli altri, tanto che oggi quando ci troviamo di fronte ad una colonnina abbiamo diversi connettori. Per fare un esempio vicino a noi, è come se per fare benzina verde aveste a disposizione ben cinque erogatori diversi su ogni distributore e cinque diversi serbatoi per le vetture, ognuno incompatibile con gli altri. La logica ci porta a pensare che così si aumentano solo i costi, facendo la fortuna di pochi e frenando lo sviluppo».
«Chi guida veicoli elettrici oggi vuole essenzialmente poter scegliere di caricare in maniera lenta quando ne ha il tempo e rapida quando ne ha l'esigenza, con una rete di ricarica diffusa in maniera capillare ma intelligente, smart come le reti che la serviranno». Dunque, che fare? In un'ottica nella quale «gli incentivi forse sono in arrivo», mentre il profilo legislativo è ancora «zoppo», all'auto elettrica per partire «col piede giusto - chiosa Invernizzi -  nel nostro Paese è necessaria la supervisione ed il controllo da parte di un'Autorità garante, capace e preparata, come l'Authority per l'energia che fino ad oggi ha dimostrato di poter affrontare il problema ricariche in maniera adeguata. Allo stesso modo il comitato elettrotecnico italiano dovrà prendere una posizione confrontandosi con i colleghi d'oltralpe e senza stare troppo a sentire i produttori di colonnine o di energia, troppo coinvolti e campanilisti per avere una visione obiettiva, adottando uno standard efficace».