R: la crescita del debito pubblico. Cosa fare.



Carissimi amici,

Vedo che tanta gente legge le informazioni a bocca aperta, ingoiando tutte le balle riportate da provetti incantatori delle masse.

La situazione del Paese in quanto a debito pubblico é identica a dieci anni fa. I problemi scoppiati dal 1976 sono la giusta ricompensa

di una politica fatta da avvoltoi che hanno pensato a ingrassare trascurando i veri problemi del Paese.

L'evasione fiscale é una balla Italiana per nascondere altre verità sui grandi errori presenti e passati della Politica.

Il nostro paese é in guerra e pochi lo sanno, una guerra asimmetrica dove si colpisce da più parti senza sapere chi é il nemico.

Non si può fare il porcone a lungo nascondendo la verità con la disinformazione e la censura.

Trasmetto qui di seguito una parte della lettera inviata al Presidente Mario Monti e al Presidente Giorgio Napolitano.


       Il caso di quel cittadino che ha denunciato di essere stato fregato dall’INPS non è unico.

Moltissimi Italiani sono stati fregati dalle Istituzioni per diverse ragioni, con l’impossibilità di reclamare i propri diritti per la mancanza di un Ente al di sopra delle parti, per risolvere i casi di Pirateria Istituzionale che Governa anche la Giustizia.

A me la Regione Lombardia in combutta con l’ALER  hanno  rubato la casa, pagata oltre dieci volte il valore originale, come a migliaia di altre famiglie.

La nostra storia con ricorso alle massime autorità del Paese, è rimasta senza risposta da oltre venti anni, dopodiché siamo stati obbligati a ricorrere all’attenzione del Mondo, facendo rilevare la libertà di sciacallaggio Istituzionalizzato da parte della Politica Italiana, per mancanza dello Stato in difesa dei diritti dei cittadini. I Diritti Umani calpestati.

Il fatto unito all’abitudine di comportamento anti Democratico e anti Sociale del nostro Paese, impostato sull’azione speculativa seguita dalla disinformazione o dalla censura, è stato  condiviso dalla Comunità Internazionale scatenando una guerra asimmetrica contro il nostro Paese, il mondo contro l’Italia, e francamente temo il completo fallimento di tutti gli sforzi in programma da parte del Governo Tecnico, a causa della moltitudine di Stati esteri contro la Politica anti sociale Italiana degli ultimi 50 anni.

Purtroppo il nostro Paese vive in un Limbo Politico egoistico cinquantennale e oggi possiamo constatare con profondo rammarico: oltre alla Crisi interna dovuta al Debito Pubblico di lunga data, l’approvazione della Globalizzazione che ha fatto chiudere molte Industrie Nazionali con l’aumento della disoccupazione, la Guerra asimmetrica provocata dalla Mafia Istituzionalizzata, la mancanza di serietà morale dei nostri Politici che inneggiano al Bunga Bunga, al gravoso conflitto fra i cittadini e la Casta di incompetenti retribuiti oltre le medie Mondiali, i quali hanno diretto il Paese verso la situazione di default attuale senza colpevoli e senza punizioni.

La logica ci insegna che a distruggere richiede una azione quasi  istantanea, mentre a costruire ci vuole molto più tempo e dedizione.

Si prevede che i prossimi 10 anni, saranno assai difficili per il Paese ed è chiaro a tutti, nonostante le continue parole di incoraggiamento e di speranza provenienti dagli autori del disastro, sempre sotto inteso che a ricostruire saranno chiamati esperti onesti e capaci di collegare il sapere e l’esperienza con una più ampia collaborazione di gruppo, ivi compresa l’operazione più difficile nel convincere gli Italiani e il mondo che l’Italia è definitivamente cambiata in meglio.

Al fine di chiarire una critica esclusivamente costruttiva, mi permetto di far rilevare un inizio disastroso della nuova Legislatura, la quale anziché incominciare a ridurre i costi della Politica per riportare il paese ad un livello di competitività produttiva con il resto del mondo, hanno iniziato col ridurre i servizi sociali, aumentare Tasse e Imposte, senza tener conto degli stipendi e pensioni molto al di sotto della media Europea, con un costo della vita assai al di sopra della logica commerciale.

Ci sono progetti scientifici immediatamente disponibili per diminuire i costi della vita, promuovere occupazione e rendita, iniziando dall’Energia, soffocata dalle Politiche Monopolistiche di interessi di parte, le quali stanno gradualmente distruggendo il Paese.

Bisogna tener conto che ad ogni aumento dei costi dell’Energia, scatta automaticamente l’aumento dei costi della vita, con un maggior distacco costo/prodotto sulla concorrenzialità dei  nostri prodotti.


Sommando realisticamente la pietosa situazione attuale nella quale riversa il Paese, come si può pretendere  la   collaborazione dei cittadini, s’è la Politica Nazionale è impostata sulla speculazione, ricatti, furti e imbrogli Istituzionalizzati?


Anthony Ceresa


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----Messaggio originale----
Da: lonanoda at tin.it
Data: 02/01/2012 9.18
A: "economia"<economia at peacelink.it>
Ogg: la crescita del debito pubblico. Cosa fare.

La nostra spending review
Data di pubblicazione: 28.12.2011

Autore: Viale, Guido

Il debito pubblico cresce a dismisura, anche per le follie della “finanza di progetto” e delle Grandi opere. E’ necessaria un’iniziativa forte per rinegoziarlo; altrimenti la bancarotta è sicura. Il manifesto, 28 dicembre 2011

Il costo del debito pubblico italiano non è sostenibile: 85 miliardi all'anno di interessi su 1.900 miliardi di debito complessivo, che l'anno prossimo saranno probabilmente di più: 90-100; a cui dal 2015 si aggiungeranno (ma nessuno ne parla) altri 45-50 miliardi all'anno, previsti dal patto di stabilità europeo, per riportare progressivamente i debiti pubblici dell'eurozona al 60 per cento dei Pil. Ma questa è solo la parte nota del nostro debito pubblico; ce n'è un'altra "nascosta", che forse vale quasi altrettanto e che emergerà poco per volta, mano a mano che verranno a scadenza impegni che lo Stato o qualche Ente pubblico hanno assunto per conto di operatori privati sotto le mentite spoglie di una finanza di progetto. Il Tav (treno ad alta velocità) è l'esempio e il modello più clamoroso di questo sistema; comporta per la finanza pubblica - finora, ma non è finita qui, e Passera ci si è messo di impegno - un onere nascosto di circa 100 miliardi di euro. Ma secondo Ivan Cicconi dietro le circa 20 mila Spa messe in piedi dalle diverse amministrazioni locali si nasconde un numero indeterminato di "finanze di progetto", i cui oneri verranno alla luce poco per volta nei prossimi anni. Doppia insostenibilità. Colpa della Politica? Certamente. Ma soprattutto colpa delle privatizzazioni, che non sono un'alternativa agli sperperi della Politica, ma il loro potenziamento a beneficio della finanza privata e di profittatori di ogni risma. La vera alternativa alla cattiva politica è la trasparenza e il controllo dal basso della spesa e dei servizi pubblici: la loro riconquista come beni comuni..

Finora gli interessi sul debito pubblico italiano sono stati pagati ogni anno, in tutto o in parte, con nuovo debito (che infatti è in larga parte il prodotto non di veri investimenti, mai fatti, ma di interessi accumulati nel corso del tempo). Ma con il pareggio di bilancio in Costituzione, quegli 85-100 e poi 130-150 miliardi all'anno, dovranno essere ricavati interamente da un taglio ulteriore della spesa pubblica o da maggiori entrate fiscali.

Finché il sistema finanziario globale è stato stabile, il debito italiano (ora al 120 per cento del Pil) non creava problemi: era una cuccagna sia per coloro che incassavano gli interessi, sia, soprattutto, per l'evasione fiscale (120 miliardi di euro all'anno!) e la corruzione (altri 60 miliardi; altro che le pensioni troppo generose!). Quei costi e quegli ammanchi venivano infatti coperti dallo Stato, indebitandosi. Ma da quando il sistema finanziario è diventato turbolento (e nei prossimi anni lo sarà sempre di più) fare fronte a quel debito è sempre più difficile e costoso; e prima o dopo la corda si spezza. È un po' quello che è successo con i mutui subprime; per anni hanno reso bene a chi li concedeva, a chi li rivendeva impacchettati a milioni nei cosiddetti Cdo, e a chi li ricomprava, ripartendo il rischio - come sostiene la teoria economica - su tutto il pianeta: in particolare, per quello che riguarda l'Europa, tra le banche inglesi, francesi e tedesche, che ne sono ancora oggi piene. Ma un debito non può crescere e accumularsi all'infinito; prima o dopo arriva la resa dei conti. Con i mutui subprime la si è in parte attutita e in parte nascosta finanziando a man bassa, con migliaia di miliardi di denaro pubblico, le banche che li detengono perché non fallissero. Con i debiti pubblici dei paesi dell'Europa mediterranea la Bce di Draghi ha deciso di fare la stessa cosa: finanzia le banche a tassi scontati perché riacquistino i debiti pubblici in scadenza, a tassi cinque-sette volte maggiori. E le banche lucrano la differenza. Ma è un gioco che non può durare in eterno; nemmeno se, per miracolo, la Bce fosse autorizzata a comprare quei titoli direttamente ("stampando" - come si dice, ma le cose non stanno proprio così - moneta). Che cosa c'è, allora, alla stazione di arrivo di questo binario? O la "crescita" o il default.

Ecco perché politici ed economisti (e gli economisti-politici) si sbracciano a snocciolare ricette inconsistenti e persino ridicole per la "crescita". Ma quale crescita? Con il pareggio di bilancio - e in un contesto in cui gli interessi sul debito non vanno a sostenere la domanda, ma volano a gonfiare la bolla finanziaria - per tornare a crescere il Pil italiano dovrebbe aumentare a un tasso superiore all'incidenza del servizio del debito (interessi più ratei di rimborso). Ritmi cinesi (e di una Cina che non c'è più) se lo spread resta ai livelli attuali; ma anche, a partire dal 2015, se tornasse a livelli giudicati "normali". Ma niente di questo è in vista: invece di crescere, l'Italia è già in recessione; l'Europa sta per entrarci; le economie emergenti non "tirano" più e il mondo intero sta correndo incontro a un disastro ambientale irreversibile. Per questo il default non è fantascienza ma, ahimé, una prospettiva sempre più probabile; non ci siamo abituati, ma non sarebbe né il primo né l'ultimo della storia.

Meglio dunque prepararsi. E prepararsi vuol dire negoziare a livello europeo una ristrutturazione del debito (di molti paesi; e di molte banche; anche di quelle dei paesi più forti). E per ristrutturare i debiti bisogna sapere come si sono formati, chi li detiene, e come isolare le conseguenze più negative di un loro congelamento, di una loro riduzione (il cosiddetto haircut: taglio di capelli) o di un loro annullamento selettivo (larga parte del debito italiano è classificabile come "odioso" o "illegittimo") a seconda delle categorie coinvolte. È l'audit del debito: un programma di indagine che dovrebbe vederci impegnati per i prossimi mesi e forse anni; ma con cui è possibile costruire in forme condivise una piattaforma alternativa di governo dell'economia. In altri paesi - in Europa, Grecia, Irlanda, Spagna; e in altri in America Latina - questo lavoro è già in corso. Da noi potrebbe assumere dimensioni più vaste e profonde. Non si tratta infatti soltanto di coinvolgere un gruppo di economisti - il più vasto possibile - disposti a impegnarsi in questo esercizio; di rivendicare l'accesso a documenti mai resi pubblici; e di diffondere i risultati della ricerca con una grande campagna di informazione. Per essere esauriente, l'audit dovrebbe ricostruirne non solo il passato - come si è formato il debito - ma scavare nel presente e, per i motivi spiegati prima, anche nel suo futuro. Cioè, portare alla luce come viene gestita la spesa pubblica nella sua dimensione operativa.

Per condurre un audit in questo modo bisognerebbe costituire in ogni città e in ogni ente un nucleo di persone disposte e interessate a rendere pubblico - senza violare per ora alcun obbligo di riservatezza - il modo in cui concretamente si formano le decisioni relative all'erogazione della spesa in cui il loro ufficio o il loro servizio è coinvolto; e di includere in questa disamina una rappresentanza dei cosiddetti stakeholder: gli utenti, siano essi pazienti, fruitori, soggetti di registrazione o controlli, o contribuenti; le imprese che accedono a qualche servizio o che ne sono fornitori; le altre branche, correlate, della pubblica amministrazione.

Chiunque abbia lavorato in o a contatto con organismi pubblici sa che tra le leggi che disciplinano una materia e la loro applicazione operativa c'è un'infinità di passaggi, alcuni normati in forma di regolamento, altri gestiti in modo discrezionale, alcuni del tutto inutili o facilmente semplificabili, e molti sottoposti ai condizionamenti sia di lobby legali che di attività illecite. In più, chiunque abbia lavorato in questo contesto sa che in certi ambiti una parte del personale è veramente superflua, perché l'organico risponde esclusivamente a una logica di potere della gerarchia; mentre in altri è decisamente insufficiente o insufficientemente qualificata; e che anche la mobilità interna potrebbe essere gestita molto meglio, e in modo non vessatorio, con il coinvolgimento non episodico e non condizionato sia di chi il lavoro lo svolge tutti i giorni che di chi ne fruisce o concorre al suo risultato come fornitore o utente.

Si tratta di portare tutto questo alla luce, connettendolo, mano a mano che l'analisi procede, al contesto della elaborazione macro sul debito sviluppata dagli economisti. Una riforma democratica della spesa pubblica e del debito non può prescindere da un'operazione del genere. Ma non può prescinderne nemmeno una vera riforma della pubblica amministrazione fondata sui principi della partecipazione. Quella spending review che Brunetta ha varato interpretandola come licenza di bastonare sadicamente i lavoratori e Tremonti come programma di "tagli lineari" a cui sottoporre in modo indiscriminato e devastante tanto gli organici della pubblica amministrazione quanto la dotazione di risorse gestita da ogni servizio, i lavoratori del pubblico impiego la potrebbero prendere nelle loro mani. Per farne la base tanto di una piattaforma rivendicativa per una riorganizzazione dal basso del loro lavoro, quanto di una informazione dirompente del modo in cui si forma giorno per giorno la spesa e giorno per giorno si accumula il debito. È una proposta irrealizzabile o è il complemento irrinunciabile di un programma di conversione ecologica?