come aprire l'acqua alla gestione pubblica




da sbilancianoci.it
 
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Come aprire l'acqua alla gestione del pubblico
01/06/2010
 
Le aziende municipalizzate e i loro utenti/proprietari: il sistema di controllo, le difficoltà della partecipazione, il ruolo dei consumatori, le possibili soluzioni

Acqua pubblica o privata, nell’uno o nell’altro caso è necessario pensare un sistema che permetta una gestione sostenibile. Chi difende la gestione pubblica dell'acqua è a maggior ragione interessato a che questa sia fatta nel modo più efficiente possibile: considerando il fatto che la gestione dell’acqua è simile ad altri beni e servizi a carattere monopolistico come energia elettrica, gas, rifiuti, trasporti ecc; che la gran parte degli enti gestori sono società di diritto privato ma di proprietà pubblica; e infine che il costo individuale è relativamente basso (la tariffa), ma quello collettivo (le tasse), risulta essere alto.
Di seguito, si presenteranno il quadro normativo, gli aspetti positivi e negativi dell’attuale sistema, anche attraverso la nostra esperienza.
La finanziaria del 2008 (L. n. 244, 24/12/07, art. 2, comma 461) stabilisce che al fine di garantire qualità, universalità ed economicità dei servizi gli enti locali devono prevedere: obbligo della redazione della carta dei servizi da parte dell’ente gestore in accordo con le associazioni dei consumatori; la consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori; verifica periodica con la partecipazione delle associazioni dei consumatori; monitoraggio permanente da parte dell’ente gestore con la partecipazione delle associazioni dei consumatori; istituzione di una sessione annuale di verifica dei servizi tra gli enti locale e di servizio e le associazioni dei consumatori ed infine il costo delle attività sono da addebitare all’ente gestore.
Il sistema di gestione e controllo delle aziende municipalizzate prevede la fornitura di un servizio ad un cliente/utente, allo stesso tempo socio, attraverso i propri rappresentanti che siedono nel Consiglio di Amministrazione.
Infatti, i consiglieri di Amministrazione sono nominati dall’Ambito Territoriale Ottimale (Ato). Nell’Ato siedono i rappresentati dei Comuni dell’Ambito dove si redige il piano di gestione. I rappresentati dell’ambito sono gli assessori, o chi per loro, di riferimento, i quali sono eletti dai cittadini. Quindi, come si evince anche dal grafico, vi è una sorta di rapporto circolare tra cittadini, politici, amministratori delle imprese municipalizzate, clienti/utenti i quali sono i cittadini in un’altra veste1.
Di conseguenza i clienti/utenti/cittadini dovrebbero essere in grado di controllare le società di gestione in due modalità. In quanto cittadini, eleggono gli amministratori che controllano le società. In quanto clienti/utenti attraverso l’acquisto del servizio. Tuttavia essendo un bene necessario ed allo stesso tempo in un sistema di monopolio, è difficile per i clienti/utenti far valere le proprie ragioni. Diviene allora importante il ruolo delle associazioni dei consumatori come sottolineato dalla legge. Infatti, le due figure, elettori e clienti/utenti, se ben individuate, permettono alla cittadinanza di ottenere servizi migliori a un costo individuale e collettivo minori. In altre parole, si potrebbero evitare i problemi derivanti dal controllo politico della gestione. Da qui sorge l’esigenza di formare i cittadini ad una cittadinanza attiva ed i clienti/utenti ad un consumo responsabile e consapevole2.
Quindi, sulla carta è un sistema che potrebbe dare buoni risultati. Tuttavia sappiamo quanto sia difficile realizzare la democrazia partecipativa. Infatti, da una parte i cittadini non sono in grado di controllare gli amministratori (politici ed amministratori delle municipalizzate). Dall’altra parte, i clienti/utenti hanno scarsa conoscenza del sistema. Infine, coloro che sulla carta dovrebbero fare i controllori non lo fanno. Infatti, le associazioni dei consumatori sono troppo deboli mentre i politici, in alcuni casi, sono troppo distanti dalla gestione.
La nostra esperienza insegna che se le associazioni dei consumatori avessero i fondi, cooperassero con gli istituti di ricerca e si impegnassero a far rispettare le attuali normative allora si potrebbero ottenere alcuni risultati. Come? Il primo passo, comparazione dei piani d’ambito, industriali e della carta dei servizi, da parte delle associazioni dei consumatori. L’organizzazione di un tavolo di contrattazione permanente con gli enti gestori dando indicazioni e suggerimenti pratici e puntuali. Nel frattempo, somministrazione periodica di un questionario ai cittadini sul grado di conoscenza e soddisfazione dei servizi offerti.
Dalla nostra indagine risulta che gran parte dei clienti/utenti ha una scarsa conoscenza dei piani di ambito ed industriale, tipologia di imprese di gestione, dell’esistenza di una carta dei servizi, della modalità di calcolo delle tariffe ed infine delle eventuali agevolazioni. E soprattutto, è emerso che i meno informati sono i soggetti più deboli vale a dire anziani e meno scolarizzati3. Quindi, è importante che le associazioni dei consumatori si impegnino ad informare e sensibilizzare i cittadini/clienti/utenti.
Per fare ciò, le associazioni dei consumatori devono essere poste nella condizione di poterlo fare ed è compito dell’Ato lo stanziamento dei fondi annuali necessari per svolgere tali attività. Infatti, se fossero gli stessi enti gestori a svolgere la verifica, come a volte accade, si rischierebbe un conflitto di interessi mentre se gli enti gestori si limitassero a finanziare le associazioni, in questo caso si rischierebbe invece una commistione tra controllore e controllato.
Infine, il testo di legge, sottolinea l’importanza del consenso o valutazione delle associazioni dei consumatori sul servizio reso. Questo è il vero prezzo che paga l’ente gestore, in caso di cattiva gestione. Infatti, in questo caso, le associazioni dei consumatori possono rifiutare di sottoscrivere la carta dei servizi così come il piano industriale presentati dall’ente gestore. Ciò dovrebbe o potrebbe pregiudicare il rinnovo del contratto da parte dell’Ato.
Dalla nostra esperienza, si dimostra che il meccanismo ideato (finanziaria del 2008) è una buona base di partenza ma vanno apportate alcuni accorgimenti. Tuttavia, si sottolinea che, nel nostro caso, la vicinanza del rinnovo del contratto di servizio, ha permesso di raggiungere dei risultati inaspettati. Quindi, il contratto di gestione deve essere di una durata sufficientemente ampia per permette una valutazione complessiva, allo stesso tempo, garantire all’ente gestore il tempo necessario per effettuare gli investimenti e goderne i frutti. Tuttavia, un tempo non troppo ampio perché in quel caso il deterrente risulterebbe poco efficace.
Note
1Infatti, sono gli amministratori locali che definiscono le regole di gestione del servizio attraverso il piano d’ambito e sono gli stessi amministratori che nominano i membri del Consiglio di Amministrazione, gli amministratori delegati e i presidenti. Di conseguenza gli amministratori pubblici sono fortemente responsabili circa il servizio reso ai clienti/utenti.
2In linea di principio, a nostro avviso, sarebbe importante che i piani d’ambito siano presentati, discussi ed elaborati con la cittadinanza. I piani industriali discussi con le associazioni dei consumatori e successivamente presentati alla cittadinanza. Infine le carte dei servizi dovrebbero essere “elaborate” dalle società dei servizi in collaborazione con le associazioni dei consumatori. Un ultimo aspetto, ma non secondario, riguarda il monitoraggio dei servizi e dell’impianto complessivo del sistema circolare, per renderlo più efficace ed efficiente, è necessario il coinvolgimento dei ricercatori.
3Se c’è una cosa che l’economia ci ha insegnato in questi ultimi decenni è l’importanza delle informazioni e soprattutto quanto esse siano asimmetriche nel tempo e tra gli individui.