l'agire politico ai tempi di internet



da  Eddyburg
 
Quei network globali che avvolgono le città
Data di pubblicazione: 03.02.2010

Autore: Sassen, Saskia

“Un saggio della sociologa sull’agire politico al tempo di internet”, la Repubblica 3 febbraio 2010

Anticipiamo un brano da Le città come zona di frontiera, che compare sul nuovo numero di Lettera Internazionale

Rispetto allo spazio nazionale, quello della città è, per la politica, uno spazio molto più concreto. E diventa un luogo in cui gli attori politici non-formali possono entrare a far parte della scena politica molto più facilmente che non al livello nazionale. A tale livello, infatti, la politica passa necessariamente attraverso sistemi formali consolidati, sia che si tratti del sistema politico elettorale sia che si tratti di quello giudiziario. In questo senso, se all’interno dello spazio politico nazionale gli attori politici non-formali sono resi invisibili, lo spazio della città consente al contrario un ampio spettro di attività politiche – occupazioni, manifestazioni contro la brutalità della polizia, battaglie per i diritti degli immigrati e dei senza tetto, politiche culturali e identitarie, politiche gay, lesbiche e queer. Attività che in molti casi diventano visibili in strada.

La maggior parte delle politiche urbane infatti è concreta, è innescata dalla gente anziché dipendere dalle tecnologie mediatiche di massa. La politica di strada rende dunque possibile la formazione di nuovi soggetti politici, e consente loro di evitare il passaggio obbligato per il sistema politico formale. Inoltre, attraverso le nuove tecnologie reticolari, le iniziative locali possono diventare parte di un network globale di attivismo senza perdere, con questo, l’adesione a specifiche battaglie locali. Rendendo così possibile una forma di attivismo politico di natura transnazionale, fin qui inedita, centrata sulla molteplicità dei luoghi che pure sono intensamente connessi.

Secondo la mia analisi, è proprio questa una delle più rilevanti forme di politica critica resa possibile da internet e dagli altri network: una politica locale fortemente differenziata, in cui le diverse località sono connesse a livello regionale, nazionale e mondiale. Il fatto che il network sia di natura globale non significa, infatti, che tutto debba accadere a livello globale. Direi anzi che i network digitali stiano contribuendo all’affermazione di nuove forme di interconnessione che si articolano seguendo topografie frammentarie, locali o globali. Gli attivisti politici possono usare i network digitali per operazioni globali o non-locali e allo stesso tempo per rafforzare le comunicazioni locali e le operazioni all’interno della città o di una determinata comunità rurale. E le odierne città di ampie dimensioni, in particolare le città globali, si impongono come luoghi strategici per queste operazioni inedite. Sono sì un luogo strategico per il capitale globale, ma anche uno di quei luoghi nei quali si materializzano in modo concreto le nuove rivendicazioni da parte di attori politici informali.

Non ci vorrà molto prima che la maggior parte dei residenti delle città cominci a sperimentare il "locale" come una forma di micro-ambiente di portata globale. Molte delle cose che continuiamo a rappresentarci e a esperire come fenomeni di natura locale – un edificio, un luogo urbano, un nucleo familiare, un’organizzazione di attivisti nel nostro quartiere – in realtà non sono collocate soltanto nei luoghi concreti in cui le vediamo, ma anche nei network digitali che avvolgono il globo. E sono connessi con altri edifici, organizzazioni, nuclei familiari che possono essere localizzati all’altro capo del mondo. E che nelle loro attività potrebbero essere orientati più verso queste aree lontane che non verso le loro immediate vicinanze. Si pensi, per esempio, al centro finanziario in una città globale, o alle sedi delle associazioni per i diritti umani, o agli uffici degli ambientalisti, gruppi la cui azione è orientata non verso ciò che li circonda immediatamente, ma verso processi globali.

Vorrei ora ragionare brevemente su due aspetti. Il primo di questi è che cosa può significare per "la città" contenere una proliferazione di questi uffici, nuclei familiari, organizzazioni, molto localizzati, ma orientati globalmente. Sotto questo aspetto, la città diventa un amalgama strategico di numerosi circuiti globali che la attraversano. E dal momento che le città e le regioni urbane sono sempre più attraversate da circuiti non-locali, inclusi quelli di natura principalmente globale, una gran parte di ciò che esperiamo come locale perché localmente collocato è di fatto già il prodotto di una trasformazione perché intrecciato, embricato, a dinamiche non-locali, oppure perché è una localizzazione di processi globali. Ciò produce uno specifico insieme di interazioni nel rapporto che una città intrattiene con la sua topografia. La nuova spazialità urbana così prodotta è doppiamente parziale: perché rende conto solo parzialmente di quel che succede nelle città e della loro natura, e perché occupa solo parte di quel che tendiamo a pensare sia lo spazio urbano.