così ho vinto la guerra al mercurio



da l'espresso.it
 
Così ho vinto la guerra al mercurio
di Agnese Codignola

È quella che ha combattuto Jane Hightower - medico a San Francisco - che ha sconfitto le lobby di questo metallo. Un killer che arriva anche sulle nostre tavole

Non è popolare come Erin Brockovich, ma dell'eroina di Los Angeles ha la determinazione e il coraggio nell'affrontare industrie e istituzioni per smascherare i conflitti di interesse che si riflettono sulla salute dei cittadini. In più, Jane Hightower è un medico, un dottore di famiglia di San Francisco.

Che ha visto i danni del mercurio sui malati in carne e ossa e si è così arrabbiata da diventare, quasi per caso, la paladina di una guerra impossibile contro le multinazionali del mercurio. Tutto è cominciato nel 2000, quando è arrivato nel suo studio il quarantenne Toshiko, un businessman giapponese afflitto da quella che Jane Hightower definisce la «nebbia mercuriale», cioè un insieme di sintomi vaghi, difficili da ricondurre a una malattia nota: nausea, malessere, cefalea, confusione mentale, stanchezza e perdita di capelli.

Per poter fare una diagnosi, Hightower ordina i classici esami del sangue, ma quando arrivano i risultati si accorge che il laboratorio ha effettuato un test non richiesto: quello del livello di mercurio, che risulta molto elevato (pari a 18 microgrammi per litro contro i 10 considerati soglia di sicurezza). Lei del mercurio non ne sa molto, e in quel momento non riesce a stabilire una connessione con i disturbi.

Ma il dubbio di quei livelli così alti trovati dal laboratorio di analisi le rimane. E diventa un incubo quando le arriva un'altra paziente con gli stessi sintomi, e valori di mercurio pari a 26 microgrammi per litro. I casi si assomigliano e il medico comincia a chiedersi cosa abbiano in comune la signora di San Francisco e il manager giapponese.

È la grande passione per il pesce della Baia, che entrambi consumano in quantità. E che, ipotizza Hightower, potrebbe essere proprio l'origine di tutto. Per questo il medico si concentra sul metilmercurio, la forma nella quale il minerale si accumula nei pesci e che viene assorbita anche dall'uomo. Consulta la Bibbia del medico di base americano, il ''Cecyl Textbook of Medicine'', e lì comincia a capire che c'è qualcosa che non va su quello che medici e pazienti sanno sugli effetti del mercurio sulla salute.

Il Cecyl, di fatto, contempla la possibilità che una nausea di origine incerta possa essere legata al mercurio, e indica come valore soglia nel sangue 50 microgrammi per litro, ma non dà alcuna informazione su diagnosi, trattamento e prognosi. Per questo lei continua a spulciare testi e documenti; e va a ripescare le relazioni fatte al Congresso dall'Environmental Protection Agency (Epa), l'ente che vigila sulle contaminazioni ambientali.

E scopre che la massima autorità ambientale americana indica un valore soglia diverso, pari a 5 microgrammi per litro: i suoi pazienti, quindi, avevano nel sangue una quantità più che doppia di mercurio. Si allarma e cerca conferme, questa volta al Dipartimento di salute pubblica della California, che porta l'asticella del rischio allo stupefacente valore di 200. Non si tratta di un numero e basta, ma corrisponde, nei fatti, a quanto pesce possiamo mangiare. Hightower non si capacita che nessuno negli Usa sappia dare una risposta.

Nemmeno la mitica Food and Drug Administration (Fda), che pilatescamente limita parecchio i dosaggi di mercurio nei suoi consigli a donne incinte e bambini, ma evita di prendere posizione sul rischio per tutto il resto della popolazione. La Fda non dà un valore soglia. E questo per un medico californiano cresciuto nel culto delle sue istituzioni vigili e nel continuo allarme per l'inquinamento, è davvero troppo. Bisogna scendere in battaglia.

E Hightower lo fa alla Erin Brockovich: inizia a parlare con i media locali e poi con quelli nazionali, si rivolge a scienziati e ricercatori. Fino a che qualcuno le dà ascolto e l'aiuta a organizzare i primi meeting scientifici sull'argomento. Con tutte, ma proprio tutte le ricerche in tema squadernate sul tavolo, Hightower scopre che c'è solo una inquietante certezza: il silenzio assordante dell'Fda. Che evita però di liberare il mercurio da ogni accusa.
Perché, spiega Hightower, «sa che la maggior parte dei ricercatori che hanno svolto studi per proprio conto sono stati in realtà pagati dalle industrie, mentre le ricerche cosiddette indipendenti sono state compiute o dalle aziende della pesca sui loro pescatori, o dalle industrie chimiche come la Dow, o da colossi del settore elettrico o farmaceutico, oppure sono rielaborazioni di dati ottenuti decine di anni fa in grandi avvelenamenti collettivi, con metodi quantomeno discutibili».

E si riferisce, in particolare, ad alcuni episodi del passato, che racconta nel suo ''Diagnosis: mercury'' (edito dalla Island Press): il primo incidente si è verificato in Giappone negli anni Cinquanta in un'industria di fertilizzanti, la Chisso, che per anni ha sversato mercurio nella baia antistante, fino a che, nel 1956, gli abitanti di Minamata, che affaccia sulla Baia, hanno cominciato ad ammalarsi. Negata fino all'inverosimile, l'intossicazione è stata riconosciuta solo alla fine degli anni Novanta e la Chisso ha dovuto indennizzare oltre 17 mila persone.

A convincere i giudici giapponesi sono stati i dati riportati nel 1973 da ''Science'' a proposito di una intossicazione da mercurio che ha colpito 60 mila iracheni quando Saddam Hussein concesse di combattere i parassiti del grano (soprattutto nelle zone a più alta densità di curdi), spargendo tonnellate sali di mercurio sui semi, e causando così uno dei più massicci avvelenamenti della storia. Il lavoro di ''Science'' è ancora oggi la base su cui sono stilati i rapporti ufficiali di diverse agenzie.

È ovvio che l'ignoranza o l'omertà degli scienziati sull'affaire mercurio è il bersaglio numero uno della guerra di Jane, che ha raccolto in prima persona decine di dati e preparato diverse pubblicazioni su riviste scientifiche che hanno costretto il governo a rivedere le posizioni ufficiali. «Ora», spiega Jane, «sia l'Epa che il National Research Council hanno preso molto più seriamente in considerazione gli effetti del mercurio sulla salute, e ammesso che non è solo il cervello del feto a risentirne, ma anche quello dell'adulto, e concordano anche sul fatto che ci sia un aumento di rischio di malattie cardiovascolari, di infertilità, patologie psichiatriche e di una serie di disturbi soggettivi ».

Per l'Epa, il limite di mercurio nel sangue da non superare è pari a 5 microgrammi per litro, mentre per l'Unione europea e per l'Oms sale a 10. Non è banale, perché il problema del mercurio è la sua pervasività nell'ambiente: anche se l'industria farmaceutica, dopo secoli, non lo usa più come farmaco e lo sta eliminando come conservante, il mercurio resta uno dei principali catalizzatori di reazioni chimiche fondamentali per diversi tipi di industrie ed è anche presente naturalmente nell'ambiente. Dunque, il rischio più eclatante sarebbe quello di un episodio grave di contaminazione ambientale, ma anche se esso non si verifica, il mercurio nella nostra vita entra comunque. In particolare, arriva in tavola con la carne dei pesci.

A rischio sono soprattutto i pesci più grandi, come il tonno e il pesce spada che accumulano più metilmercurio. «Purtroppo, al momento, il consumatore non ha alcun modo per difendersi», spiega Hightower: «Perché non esiste una legge che obblighi i produttori a indicare sull'etichetta il contenuto di mercurio. Eppure il dosaggio costa pochissimo e potrebbe essere fatto senza difficoltà ovunque». Quindi il mercurio c'è, anche se non ci mettono nelle condizioni di sapere quanto, e fa danni. Secondo Hightower, per questo «chi mangia parecchio pesce deve fare attenzione a sceglierne un tipo che accumuli meno metilmercurio come le acciughe, il salmone e in generale i pesci di taglia medio-piccola».

Il vero problema, infatti, è che il metilmercurio rimane nel corpo, soprattutto nel cervello, e non si sa bene se e in che tempi possa essere smaltito: secondo alcuni scienziati resta lì per sempre. Di fatto, il più delle volte possiamo capire se siamo o meno intossicati soltanto quando arrivano i sintomi. E allora è bene andare subito dal medico che deve ricostruire le abitudini alimentari e, se è il caso, ordinare una serie di test rapidi da fare sul sangue (le concentrazioni di mercurio non dovrebbero superare i 5 microgrammi per litro) o sui capelli (non dovrebbero eccedere il microgrammo). Se arriva la conferma di un eccesso del minerale nel'organismo, per ora non c'è altra possibilità se non quella di riportare i valori entro la norma, abolendo il consumo dei pesci incriminati: «Ci possono volere anni, ma personalmente ho visto gli effetti positivi della disintossicazione su oltre 120 pazienti.

Purtroppo gli unici farmaci proposti finora, i chelanti, da anni in studio come disintossicanti da altri veleni, non hanno dato esito soddisfacente e anzi potrebbero mascherare i reali valori di mercurio», spiega Hightower. La guerra di Jane sembra giunta comunque a una svolta. Nonostante i tentennamenti e le contraddizioni, l'Unione europea ha messo al bando i termometri e tutti gli strumenti di misurazione contenenti mercurio, i sali contenuti nei vaccini sono di fatto quasi scomparsi, lasciando il posto ai meno discussi sali di alluminio, e lo stesso sta accadendo per le amalgame dentali sostituite con altre prive di mercurio a spese della sanità pubblica in diversi paesi europei.

Si tratta, secondo la Hightower, di passi importanti perché segnano un mutamento: «La comunità mondiale deve smettere di spargere mercurio nell'ambiente, e anche questi provvedimenti contribuiscono a diminuire la domanda e quindi la produzione»