frutta: non c'è piu' la frutta di una volta ( cause chimiche....)



 da repubblica.it venerdi 13 febbraio 2009
 
Frutta, l´ultimo allarme "Una mela al giorno ora non basta più"
I medici: sono sparite le vitamine, aumentate i consumi

Così i medici britannici, ma il dibattito tra nutrizionisti è aperto 
CATERINA PASOLINI

Venti porzioni di frutta e verdura al giorno è dunque il nuovo diktat britannico. Quattro volte la quantità consigliata dalla dieta mediterranea, promossa dai governi per combattere obesità e malattie cardiache dovute a troppi grassi, zuccheri e proteine animali. Una moltiplicazione improvvisa e imprevista, da 5 a venti, che provoca discussioni, polemiche e molti dubbi. Soprattutto tenendo conto che in Italia pochissimi rispettano la legge del 5: quattro italiani su dieci, infatti, non mangiano neppure un frutto o una verdura al giorno e negli ultimi dieci anni il consumo dei prodotti ortofrutticoli è sceso del venti per cento arrivando a 359 chili a famiglia in dodici mesi. E la situazione continua a peggiorare, confermano i dati della Cia, la confederazione italiana agricoltura.
Ma andiamo con ordine. A lanciare l´allarme in Gran Bretagna consigliando l´overdose vitaminica, è stato il nutrizionista Dale Pinnock dalle pagine del Daily Express.
«La raccomandazione di mangiare 5 tra frutti e verdura è vecchia di 40 anni, quando il terreno era più ricco di vitamine e minerali. Ora per colpa delle coltivazioni intensive e per l´aumento dell´inquinamento, la frutta fresca e le verdura non contengono la stessa quantità di sostanze nutritive di una volta. Per questo bisogna aumentarne drasticamente i consumi».
Al di qua della Manica le posizioni, le valutazioni sono diverse. C´è chi come Slow Food appoggia la teoria che la terra sfruttata, gli agenti chimici e il clima inquinato producano prodotti meno vitaminici e chi rigetta in toto la teoria. «Queste affermazioni sono prive di attendibilità scientifica, a noi non risultano significativi cambiamenti nei valori nutrizionali dei prodotti e comunque in tutto ci vuole misura, venti porzioni è una follia. Meglio meno ma di qualità, prodotti locali e di stagione», sbotta il professor Carlo Cannella, docente alla Sapienza e presidente dell´istituto nazionale di ricerca per nutrimenti e alimentazione.
«In Italia comunque già sarebbe un miracolo se riuscissimo a portare piccoli e adulti a mangiare 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, che sono il giusto fabbisogno invece di ingozzarsi di succhi di frutta con lo zucchero o hamburger. Stiamo perdendo le nostre tradizioni ed è pericoloso. Dalla civiltà contadina siamo passati a quella industriale, alla globalizzazione. E i risultati si sono visti tavola e dal medico», commenta. Dieci anni fa erano solo due gli italiani che non avevano sul desco prodotti ortofrutticoli, ora sono raddoppiati. Con l´effetto di un netto aumento dell´obesità soprattutto tra i giovanissimi i più «tentati» da merendine, bibite gassate, patate fritte.
«Tanto che l´Europa ha promosso la distribuzione gratuita di frutta nelle scuole sperando così di cambiare le cattive abitudini alimentari che danneggiano la salute e risparmiare in futuro sulla spesa medica», ricordano alla Cia, dove consigliano per il maggior apporto di vitamine di consumare soprattutto prodotti di stagione. Magari biologici, come fa ormai oltre il 50 per cento degli italiani, trovandoli a volte magari meno belli ma più saporiti. 

Carlo Petrini, padre di Slow Food: "Adesso serve una nuova cultura "
"Agricoltura rovinata dalla chimica bisogna tornare ai prodotti bio"

Suoli meno fertili si traducono in una minore ricchezza nutritiva di ciò che mangiamo, è un fatto reale, di salute

Petrini, è vero che verdura e frutta "non sono più quelli di una volta"?
«C´è già un´ampia documentazione scientifica che lo dimostra. E sono molti i motivi che hanno causato questo depauperamento».
Quali sono?
«Il più importante è la perdita di fertilità dei suoli: uno dei grandi problemi dell´agricoltura moderna, in tutto il mondo. L´uso smodato di prodotti chimici e le coltivazioni intensive hanno impoverito i terreni. Per questo l´esigenza di una agricoltura biologica non è una fisima élitaria, ma una necessità internazionale».
Terreni poveri, prodotti poveri: è giusta l´equivalenza?
«Certo: la povertà del suolo si traduce in minore ricchezza nutritiva di ciò che mangiamo. A Terra Madre, ad ottobre, c´erano molti anziani contadini di diverse parti del mondo che, con il loro buon senso, ripetevano che i loro ortaggi, la frutta, non erano più quelli di una volta. Non era solo l´effetto-ricordo: è un fatto reale, una questione di salute e di gusto».
Come se ne esce?
«Non mi stancherò di ripeterlo: ci vuole un nuovo modo di produrre. Bisogna abbinare le coltivazioni biologiche a una produzione il più possibile locale, per evitare che le derrate attraversino i continenti e perdendo nei viaggi ulteriori proprietà nutritive. Insomma il concetto di sovranità alimentare, per cui in ogni regione del mondo devono prevalere le tradizioni, le colture locali, deve smettere di esser un´utopia».
(m. trab.)