diminuire il numero delle auto è la sola soluzione



da greenport
10/12/2007

 Guido Viale: «Ridurre il numero di auto è l´unica vera soluzione»
di Alessandro Farulli
 
LIVORNO. «O si riduce il numero delle auto, oppure dal “problema auto” e da quelli che ha creato, non se ne esce». Guido Viale, economista, esperto di mobilità e saggista, non vede altra soluzione al nodo traffico-smog-qualità della vita che ormai attanaglia non solo i paesi occidentali, ma quasi l’intero pianeta. Ricordiamo che l’Italia (rapporto "2008 Climate Change Performance Index") è sul podio dei paesi con l’indice di motorizzazione più alto, con le emissioni di anidride carbonica da trasporto stradale in continuo aumento: 18% in più dal 1997 a oggi; e 7 città su 10 fuori dai limiti di legge per le Pm10 (polveri sottili).

Ma per ridurre le auto, come sostiene anche Viale, bisognerebbe almeno non incentivarne costantemente la vendita, questione emersa in tutte le sue contraddizioni ancora una volta con eco-incentivi sì, eco-incentivi no nella Finanziaria 2008.
«Da sempre sono contrarissimo alla rottamazione – risponde Viale a greenreport - e per questo ho già litigato ai tempi con Ronchi, quando presentò per primo questa misura. La trovo una cosa sbagliata perché invitando le famiglie a comprare l’auto le fa indebitare o comunque spendere una cifra per un mezzo che poi vorranno sfruttare il più possibile. Quindi non disinquina praticamente niente ed è solo una promozione che usa come scusa la riduzione delle emissioni per promuovere l’industria automobilistica. Industria automobilistica che non deve morire, ma cambiare mercato. Cosa che non si riesce ad ottenere certo incentivandola perché così proseguirà sulla strada che ha già imboccato».

Sul Corriere della Sera di sabato, però, è stata pubblicata una lettere di 13 amministratori delegati delle case automobilistiche più importanti del mondo e membri del board Acea, che sostanzialmente dichiarano di voler “accettare la sfida ambientale”. Sembrerebbe, anche se si tratta soltanto di un annuncio, un segnale positivo.
«Può essere, anche se Marchionne mi risulta essere a capo della lobby europea che sta bloccando il motore euro 6 sostenendo che non si possono ridurre le emissioni di C02 fino a 120 grammi a chilometro, ma al massimo 130. Al di là di questo comunque, va detto che il traffico auto non è la maggiore fonte di emissione di C02. Certo è responsabile del 20% delle emissioni generali dei trasporti, ma la strada da seguire secondo me non è quella soltanto di migliorare i motori».

E quale sarebbe allora la strada?
«C’è da risolvere un problema fisico. Ci sono troppe auto. Questo ha disintegrato le città e distrutto la vita sociale delle persone che hanno perso piazze e strade. Non esiste più quella città diffusa di un tempo, l’auto ha imposto una struttura urbana che nella sua evoluzione è la negazione del significato di città. Una persona identifica il suo abitare nell’avere un’automobile e se non ce l’ha è sintomo di infelicità. Così si spopolano i centri, non solo nei paesi occidentali, ma già anche in quelli meno motorizzati».

Chiudere i centri alle auto quindi potrebbe essere un passo da fare?
«Più che altro, ripeto, bisogna ridurre il numero di auto. E quindi politiche di mobilità condivisa come il car sharing, il car pooling, grandi taxi, e ovviamente potenziato del trasporto pubblico. L’auto quindi avrà ancora un ruolo, ma diverso, dovrà fornire un servizio per l’utente, essere funzionale alla condivisione e permettergli di muoversi in modo migliore. Se non si farà questo, dal problema auto e dai problemi che ha creato, non se esce».

Dunque, per chi ha seguito il dibattito che greenreport sta portando avanti sulla mobilità, le soluzioni anche di questo problema complesso e annoso, sono complesse e purtroppo non immediate. Loris Campetti prevede centri chiusi e sviluppo della rete ferroviaria, Viale meno auto e uso diverso del mezzo che diventa principalmente un servizio. Una cosa, comunque, non esclude l’altra, ma quello che ci pare manchi soprattutto a livello nazionale è un vero e proprio piano di mobilità sostenibile. Che riesca almeno a dare indicazioni precise e non contraddittorie. Non si può andare avanti con la logica del sostenere a livello statale qualunque cosa anche se in contrasto l’una con l’altra, come l’eco-incentivo e la vendita di più auto. Se ne è accorto anche Valerio Berruti che su Repubblica dice «I costruttori protestano ma la loro paura sembra francamente soltanto quella del crollo delle vendite. Forse sarebbe il caso di pensare anche all’ambiente». Riconvertire ecologicamente l’economia significa fare scelte economiche secondo il principio direttore della sostenibilità ambientale. Cambiare le auto più inquinanti con quelle meno porta un vantaggio in termini di emissioni, ma trasformare l’incentivo dello stato in una voce del bilancio dei produttori che ha come conseguenza la crescita del numero di auto vendute e quindi non solo sostituzione ma più macchine tout court, vanifica ogni velleità ambientalista.