l'oscena barzelletta del nucleare non radioattivo



da liberazione.it novembre 2007

"Nucleare non radioattivo", l'ultima barzelletta. Oscena

Infami sciacalli anti-nuclearisti
un giorno ve la farò pagare...

Giorgio Nebbia

C'è voluto un po' di pazienza, ma finalmente il cielo è stato sgombrato da tutta la confusione generata dalla contestazione antinucleare degli anni ottanta del Novecento, uno dei periodi più oscuri della nostra storia. Ricordate ? L'Italia aveva intrapreso con tanto successo la strada del nucleare: in pochi anni ben tre centrali nucleari (anzi, tutte diverse fra loro per provare più emozione) producevano elettricità dal Piemonte alla Campania; anche l'Italia aveva un proprio reattore nucleare militare segreto nella pineta del Tombolo, vicino Pisa; avevamo avviato i piani per una nave nucleare e avevamo stipulato contratti per partecipare alla costruzione della somma delle meraviglie, il reattore francese Superphenix a plutonio che avrebbe prodotto più energia di quella che consumava; e poi è partita la quarta centrale nucleare a Caorso, nella golena del Po con l'acqua del fiume che allagava i sotterranei; ma eravamo all'avanguardia anche nel ritrattamento del combustibile irraggiato con una via italiana, quella del trattamento del combustibile estratto da un reattore americano a ciclo torio-uranio, chiuso dopo pochi anni. E poi è venuta la crisi petrolifera e si potè pensare a costruire quaranta o anche solo venti centrali nucleari, sparse qua e là per l'Italia. Che tempi, gente ! E tutto andava a gonfie vele fino a quando una manica di ragazzotti (alcuni non tanto ragazzi) si sono messi a leggere quella stampa pornografica che circolava in America e che raccontava di incidenti ai reattori, di plutonio, di scorie radioattive, di bombe atomiche e, qual che è peggio, di conti economici, di costi dell'elettricità.
Sono allora venuti i venti anni più disastrosi della nostra storia: Italia Nostra, Legambiente, radicali, un po' anche comunisti tutti a prendersela col nucleare, infami sciacalli che hanno approfittato dell'incidente al reattore americano di Harrisburg nel 1979, poi di quello sovietico di Chernobyl nel 1986, uno capitalista e uno bolscevico, e poi è cominciata la stagione dei referendum e a poco a poco i posti in cui installare centrali nucleari si sono ridotti a tre, a due, a uno e infine a zero, col referendum del 1987 che ha portato alla cancellazione del nucleare. 

Neanche cancellato tanto perché i cittadini italiani hanno continuato a versare soldi per il reattore Superphenix, ricordate, quello che è stato chiuso dopo pochi anni di malfunzionamento; ma noi abbiamo continuato per anni a pagare nelle bollette della luce il costo di quella sciagurata impresa.
E' vero che anche nel buio della contestazione antinucleare alcune sagge voci hanno continuato a tenere vivo e diffondere il verbo e la tesi del grande errore: il paese - anzi come si dice, il sistema Italia - continua a pagare per aver dato retta a quegli ecologisti scatenati e ignoranti (ma forse anche, come alcuni hanno acutamente osservato, pagati dai petrolieri), con le loro ubbie di limitare i consumi energetici. Ma finalmente è tornata la luce: il petrolio risulta scarso, le guerre del Golfo hanno mostrato quanto siano incerti i rifornimenti, il prezzo del petrolio e del gas aumenta, l'effetto serra scatena temporali, gli ecologisti intralciano le centrali elettriche a carbone e pattume; si va verso l'inverno e forse verrà a mancare la luce che illumina i campi sportivi e che accende le stufe elettriche. Avete finalmente capito - lo ha indicato anche la recente assise del Consiglio Mondiale dell'Energia proprio a Roma nei giorni scorsi - che solo l'energia nucleare allontanerà la crisi energetica? I più autorevoli opinionisti sostengono la tesi del nucleare; anche il Papa, così attento ai diritti della vita, ha detto che le bombe atomiche vanno eliminate ma occorre «promuovere l'uso pacifico e sicuro della tecnologia nucleare per un autentico sviluppo rispettoso dell'ambiente»; e infine, per la maggior gloria dell'industria automobilistica c'è il sogno delle auto elettriche senza petrolio la cui elettricità, in così grande quantità, può essere fornita evidentemente solo dal nucleare.

I grandi movimenti ecologisti, impegnati contro gli Ogm, contro gli inceneritori di rifiuti, contro l'elettrosmog e magari contro le brutture dei motori a vento, hanno rallentato la morsa sul nucleare e tutto questo giova alla sua resurrezione, con qualche "ma però" ma con la strada sempre più spianata, magari con le prospettive del "nucleare non radioattivo", l'ultima barzelletta del nostro sciagurato paese.
Siamo sopravvissuti in pochi a ricordare che l'energia nucleare non è sicura, non è economica e non è pulita ed è indissolubilmente legata alle armi nucleari, le più oscene fra le merci oscene che sono le armi. A ricordare le tonnellate di scorie radioattive che albergano in Italia e che nessuno sa dove seppellire o nascondere, e dei materiali radioattivi, cento volte maggiori, in circolazione nel mondo.
Sorprende che almeno la sinistra, quel che ne resta, sia assente da un grande movimento di contestazione della politica energetica, che significa poi della politica produttiva, dei rapporti internazionali, del territorio, dell'ambiente. Non si tratta solo di piangersi addosso sui rischi dell'effetto serra, ma di chiedersi che cosa occorre produrre e usare in un mondo di 6700 milioni di terrestri, metà dei quali sotto le soglie della sopravvivenza, in un mondo di città congestionate, nel Nord e nel Sud del mondo, e di enormi spazi deserti e erosi. La resurrezione del nucleare è la condizione necessaria e sufficiente per far aumentare la violenza fra persone, fra popoli e nei confronti della natura, per compromettere le condizioni di vita delle generazioni future, per dilatare il divario fra ricchi e poveri, per impedire qualsiasi passo verso una revisione dei consumi e degli sprechi e per ostacolare una vera innovazione tecnico-scientifica capace di mettere le risorse naturali e energetiche del pianeta al servizio dei terrestri, nel rispetto di vincoli inviolabili come i limiti di tali risorse, del territorio e della capacità ricettiva dell'atmosfera e degli oceani.