auto il tramonto dei grandi imperi dei motori



  da ilsole24ore
Martedì 19 Giugno 2007
 
Auto, il tramonto dei grandi imperi dei motori
di Gianpiero Bottino

Arriva l'estate. È tempo di auto "da vacanza". Una sfiziosa scoperta, un versatile Suv, magari guardato con sospetto ma sempre più gettonato, una spaziosa monovolume piuttosto che una razionale station wagon. Ma quella che inizia tra due giorni è anche l'estate della 500. Appuntamento il 4 luglio a Torino per un debutto che - promettono nel capoluogo sabaudo - sarà memorabile, degno di una vettura tanto carica di suggestioni. Una cerniera tra passato e futuro della Fiat: testimone di una maestrìa mai eguagliata nella realizzazione di piccole auto e la tempo stesso anticipatrice di contenuti stilistici, progettuali ed estetici che ritroveremo nei prossimi modelli del Lingotto.
Prodotta a Tichy, in Polonia, la 500 condivide le linee di montaggio con una "gemella (non si sa ancora quanto) diversa", l'erede della Ka. È il frutto dell'accordo tra Fiat e Ford hanno deciso di dividersi i costi di realizzazione delle rispettive utilitarie. A ulteriore conferma di una tendenza - le collaborazioni su singoli progetti industriali - che sembra prendersi la rivincita su chi aveva a suo tempo scelto la strada delle acquisizioni e delle alleanze strategiche, giustificate con la (pretesa) superiore capacità di pensare in grande per costruire imperi automobilistici su cui non tramontava mai il sole.
Proprio la genesi della 500 ribadisce che nel mondo dell'auto - forse più che in altri - non esistono ricette eterne: vince chi sa adeguarsi per tempo a una realtà in continuo cambiamento. I fuochi artificiali che saluteranno la sua nascita sembrano il simbolo della ritrovata vitalità di un gruppo che proprio dalla fine di un matrimonio scomodo ha preso slancio per uscire trionfalmente (oggi possiamo dirlo) dal gorgo che lo stava inghiottendo.
Gli stessi fuochi gettano simbolicamente una luce impietosa sulle disavventure di chi aveva scommesso sulle nozze indissolubbili: per tornare a volare, DaimlerChrysler ha dovuto... dimezzare la ragione sociale, tornando "signorina" Daimler. E che dire di Ford, altra protagonista di grandi "campagne acquisti" d'antan? Per evitare il tracollo deve vendere alcuni pezzi pregiati della sua scuderia. A riequilibrare i conti non bastano certo gli 800 milioni di dollari ricavati dalla cessione della piccola, preziosa gemma Aston Martin. Ecco quindi la ricerca di compratori interessati a Jaguar e Land Rover, ma c'è chi non esclude che anche Volvo possa essere sul mercato.
Persino Renault-Nissan, a lungo indicato come modello di un'azzeccata strategia di aggregazione, sembra oggi navigare a vista. E sono in molti a chiedersi se il timoniere Carlos Ghosn non abbia per caso lasciato parte del suo carisma sull'aereo che da Tokyo lo portava a Parigi, ad assumere il comando dell'intero gruppo.
La realtà ha smentito chi "vedeva" - nel secolo scorso ma non un secolo fa - un pianeta-auto abitato da cinque-sei protagonisti, ciascuno in grado di produrre almeno cinque milioni di auto all'anno. Scenari sconvolti dall'irrompere sulla scena di nuovi mercati e di protagonisti emergenti, dalle ambizioni pari alle immense potenzialità: ieri la Cina, oggi l'India, grande star di questo inizio d'anno, domani probabilmente la Russia.
Intanto in cima al mondo delle quattro ruote sventolano - dopo lo storico sorpasso su Gm - le tre ellissi della Toyota. Un gruppo che ha costruito la propria sontuosa escalation contando solo sulle proprie (ingenti) forze, anche se il presidente Fujio Cho ha recentemente dichiarato al nostro Andrea Malan («Il Sole-24 Ore» del 6 giugno) di non avere preconcetti nei confronti dello shopping.
Un panorama in evoluzione, quindi, con nuove alleanze sempre possibili (anzi, probabili, vedi la Fiat che ha fretta di concludere una nuova partnership in Cina), ma che sembra segnare il tramonto di un'era, quella dei "grandi imperi". In attese di verificare se e quando anche questa sensazione sarà smentita dai fatti, guardiamo più vicino.
Alle vacanze ormai prossime, che fanno prevedere le solite code "intelligenti" sotto il solleone, le solite imprudenze, i soliti bollettini di guerra. Perché purtroppo, come la recente settimana mondiale della sicurezza stradale ha evidenziato in più modi, il nostro Paese ha tanti ritardi da colmare: una rete stradale che pullula di cantieri e strozzature; una segnaletica spesso obsoleta e poco comprensibile, una telematica del traffico ancora allo stadio embrionale. Ma, soprattutto, una cultura della sicurezza ancora tutta da costruire. Proprio come tante, troppe infrastrutture di collegamento. Indispensabili, eppure ferme da decenni.