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cancro in liguria quasi un'epidemia vicino alle industrie
- Subject: cancro in liguria quasi un'epidemia vicino alle industrie
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 28 May 2007 12:26:01 +0200
dal
secoloxix.it
VENERDÌ 25MAGGIO 2007 INQUINAMENTO E SALUTE Cancro inLiguria quasiun’epidemia vicino alle industrie Picchi nel ponente genovese e nello spezzino sotto accusa anche le aree densamente urbanizzate ROMA. Un sistematico bombardamento di sostanze nocive che inmolti casi mostra i suoi effetti sulla salute dopo decenni. Una situazione talmente grave da far parlare di “epidemia”, sia pure riferendosi ai casi di cancro che si registrano in Italia.E’ il quadro drammatico che emerge dalle statistiche che le organizzazioni di medici e studiosi rilanciano per segnalare la necessità di un’inversione di rotta:l’incidenza dei tumori in Italia ha raggiunto livelli da allarme rosso e sotto accusa sono finite le emissioni inquinanti provocate dall’industria pesante, dal traffico e dagli impianti di riscaldamento, soprattutto nelle grandi città e nelle zone vicine agli insediamenti produttivi. Gas e polveri che vengono quotidianamente respirati da una popolazione che varia tra i sei e gli otto milioni di persone. Un’inchiesta del settimanale “L’Espresso” ha evidenziato un aumento di casi di linfomi e leucemie stimato tra il 15 ed il 20% in poco più di vent’anni.Ma spicca anche l’aumento dei mesoteliomi (+37% nelle donne e +10% negli uomini), i tumori alla mammella(+27%),alcervello(810%), al fegato (1420%). Sul banco degli imputati gli insediamenti industriali e le zone densamente urbanizzate. Eurochip2(European cancer health indicator project), uno studio del 2004, ha evidenziato anche che, tra i vari paesi europei, è cresciuta la disuguaglianza in campo oncologico. I paesi più ricchi, con Pil più elevato e un tasso di industrializzazione maggiore, hanno un’ incidenza di tumori più alta rispetto ai paesi più poveri. Nei paesi più avanzati c’è però anche una maggiore speranza di sopravvivenza. In Italia i “picchi” nell’incidenza dei tumori (e nella mortalità) si registrano in zone in cui operano (o operavano) acciaierie, come aGenova,Piombino e Taranto, impianti petrolchimici,come aGela, Priolo,Augusta, Sarroch, Porto Torres ePortoscuso, aree a forte industrializzazione come Marghera. In totale sono 54 le aree critiche destinate alla bonifica, un censimento che riguarda ben 311 comuni. In Liguria, a puntare il dito contro le ciminiere sono da anni gli abitanti della Spezia eVadoLigure.E sono proprio i Savonesi a “custodire” quasi metà delle sostanze inquinanti dell’intera regione.A lanciare l’allarme sono due studiosi, Paolo Franceschi, pneumologo del Dipartimento diMedicina interna, ematologia e oncologia dell’Asl 2, e Paolo Giordani, ecologo e ricercatore dell’Università diGenova. In un’articolata relazione hanno messo sotto accusa soprattutto l’attività della centrale termoelettrica di Tirreno Power (ex Enel) di VadoQuiliano. «La Provincia di Savona–spiega Franceschi – con circa il 17%degli abitanti, produce dal 40 al 50% dei più pericolosi inquinanti di tutta la Liguria: ossidi di azoto, anidride solforosa, polveri sottili, anidride carbonica. E le centrali a carbone rilasciano in atmosfera radon e polveri arricchite in radionuclidi ».Secondo Franceschi non è un caso che a Vado il tumore maligno al polmone colpisca il 30,1%in più degli uomini rispetto al resto della Provincia e il 26,6%rispetto allaRegione.Ma un dato allarmante riguarda anche Savona, con il 23,6%ed il 20,7%in più. Oltre ai tumori dat ipreoccupanti riguardano anche le malattie ischemiche del cuore: a Vado le femmine fanno registrare il 44%di casi in più rispetto alla media provinciale e il 71,9%in più rispetto a quella regionale; imaschi rispettivamenteil27% ed il 45,8%in più; a Savona il 30% in più sulla media provinciale e il 54,9% in più su quella regionale per le donne, il 19,5%in più ed il 37% in più per i maschi. Infine le malattie respiratorie croniche ostruttive: per la popolazione maschile, Vado fa registrare il 137%sulla Provincia ed il 150,3%sullaRegione. Gli studiosi puntano anche sulle mappature sul territorio, che non misurano genericamente il grado di inquinamento, ma gli effett iveri e propri sulla salute umana. Gli studi che mettono in relazione i danni rilevati sui licheni, ormai riconosciuti come bioaccumulatori, e l’incidenza dei tumori al polmone sono allarmanti. Il monitoraggio degli effetti dell’inquinamento sui licheni epifiti ha evidenziato nel 2000 stati di alterazione alta e molto alta nell’area metropolitana di Genova, alterazione media a Savona e La Spezia. Ma non inganni il termine “media”, si tratta sempre di alterazioni. La situazione normale dovrebbe indicare una “naturalità alta”. Non solo: delle sostanze chimiche che vengono prodotte nel mondo, si stima se ne conoscano gli effetti solo per circa 400, mentre ne circolano nell’aria da 60 a 70mila. Tra queste si trova persino il polonio 210, sostanza radioattiva che il grande pubblico ha conosciuto solo grazie alle spystory tra Russia eGran Bretagna finite sulle prime pagine dei giornali alcuni mesi fa. E invece risulta essere presente anche nell’atmosfera della Liguria, come prodotto di scarico delle lavorazioni industriali.Il collegamento tra inquinamento e alterazioni nei licheni fa risaltare il caso di La Spezia. Tra il 1992 e il 2000 è stata registrata una ripresa della biodiversità lichenica dopo gli interventi di ristrutturazione della centrale a carbone che ne hanno causato la chiusura per oltre due anni e la riapertura a potenza ridotta e con camini alti 240metri. giovanni vaccaro LOMBARDIA MAGLIA NERA SITI CONTAMINATI, 4 SONO IN LIGURIA
SONO54 i siti contaminati pre senti sul territorio nazionale, nessuna
Regione esclusa.Maglia nera è la Lombardia, con sette siti, seguita da Piemonte, Toscana e Campania con cinque. Tre per la Liguria: Cengio e Saliceto (ex Acna, Savona) ; Pitelli (La Spezia); CogoletoStoppani (Genova).Tra i più rilevanti rimangono PortoMarghera a Venezia e Bagnoli a Napoli. È questo il quadro emerso nel corso del seminario organizzato dall’Agenzia protezione Ambiente e Servizi tecnici (Apat), dove si è rilevato come lamaggior parte di questi siti sia costituito da agglomerati industriali,mentre si registra anche la presenza di siti abusivi e illegali. Le contaminazioni più diffuse sono quelle prodotte da composti organici,metalli pesanti e amianto, sostanze che, se non adeguatamente gestite, possono inquinare suolo, sottosuolo e acque sotterranee, un rischio elevato per salute umana ed ecosistemi. Al seminario dell’Apat è stato presentato agli addetti ai lavori il «Manuale per le indagini ambientali nei siti contaminati». Una sorta di vademecumutile agli operatori impegnati nelle attività di bonifica con illustrazioni, diagrammi, tabelle e fotografie, da consultare per affrontare gli aspetti teorici e pratici nella gestione dei siti contaminati. «Spesso, erroneamente, si ritiene che le attività descritte nel manuale siano semplicemente introduttive alla bonifica di un sito ha spiegato Leonello Serva, direttore del dipartimento Difesa del suolo dell’Apat mentre in realtà costituiscono il primo e basilare tassello per lo sviluppo del modello concettuale e dell’iter progettuale di bonifica». Il volume propone un approccio più pratico al delicato tema dei siti contaminati attraverso l’illustrazione delle metodologie di indagine utilizzate per determinare le caratteristiche delle matrici ambientali, in particolare riguardo per suolo, sottosuolo e acque sotterranee. |
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