la citta' e il suo suolo



da  Eddyburg
 
Città. La lezione di Bernoulli agli urbanisti di oggi
Data di pubblicazione: 10.12.2006

Autore: De Lucia, Vezio

E’ uscita sulla rivista Carta etc. di dicembre 2006 un’ampia recensione di La città e il suolo urbano, il libro di Hans Bernoulli che rivendica il diritto della città di governare il proprio suolo

Hans Bernoulli, La città e il suolo urbano, con una prefazione di E. Salzano e una nota bibliografica di M. Senn, Corte del Fòntego editore, Venezia 2006

Torna finalmente in libreria un testo fondamentale per capire di urbanistica e di pianificazione del territorio. L’autore, lo svizzeroHans Bernoulli (Basilea 1876-1969), un grande intellettuale dai molteplici interessi, architetto, urbanista, docente universitario, scrittore, amministratore e politico, dedicò ogni energia, in tutta la vita, a propagandare e perseguire l’obiettivo della proprietà pubblica del suolo urbano, unica condizione per realizzare un assetto razionale, esteticamente soddisfacente e socialmente equo delle città. Egli è profondamente convinto che all’origine di ogni decisione in materia di urbanistica ci deve stare la questione fondiaria e sbaglia chi, come Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Richard Neutra, Tony Garnier, disegna grandiosi piani urbanistici sottovalutando il tema cruciale della proprietà dei suoli.

La cittàe il suolo urbano espone in forma essenziale il convincimento di Bernoulli. Egli raccoglie e analizza tutti gli aspetti della questione proponendo una sorta di sintetica storia dell’urbanistica (con oltre cento illustrazioni, ottimamente riprodotte) dal punto di vista della proprietà dei suoli, i cui capitoli fondamentali sono: le città d’impianto del medioevo nell’Europa centrale e alcuni mirabili interventi dei secoli successivi in regime di proprietà demaniale (dalla Amsterdam del XVII secolo a Place Vendôme); gli effetti negativi della sconfitta dell’ancien régime che provoca l’appropriazione privata delle aree fabbricabili; i risultati disastrosi delle espansioni urbane comandate della speculazione fondiaria; le città giardino e i tentativi diversamente proposti e praticati per restituire alla collettività la proprietà del suolo urbano (dalle espansioni di Amsterdam e di Stoccolma, alle nuove città industriali dell’Unione Sovietica, a molti altri esempi). Ampie parti del libro sono d’impostazione teorica. Bernoulli non era un sovversivo, si rifaceva a una visione liberal-socialista della società. Il suo pensiero deve molto all’americano Henry George, il cui obiettivo era di contrastare con l’imposizione fiscale il peso della rendita, eliminando o riducendo al minimo l’ostacolo ch’essa pone allo sviluppo delle forze produttive, liberando il profitto e il salario.

La cittàe il suolo urbano era stato tradotto in italiano da Luigi Dodi, uno dei fondatori della moderna disciplina urbanistica in Italia, e pubblicato da Vallardi nel 1951, cinque anni dopo la prima edizione svizzera, ed ebbe una vasta diffusione nell’immediato dopoguerra. Alla sua impostazione si rifece anche Fiorentino Sullo, il democristiano ministro dei lavori pubblici all’inizio degli anni Sessanta, quando propose una nuova legge urbanistica basata sull’esproprio preventivo e generalizzato delle aree agricole destinate a diventare città. Si sa come finì il povero Sullo, sconfessato dal suo partito e politicamente massacrato: la sua vicenda ancora terrorizza chi si occupa di legislazione urbanistica. Con il passare degli anni, in particolare nell’ultimo quarto di secolo, la tensione riformatrice, che in Italia, negli anni Sessanta e Settanta, non era stata avara di risultati è stata travolta da una concezione dell’urbanistica funzionale al potere assoluto della proprietà privata e alle tendenze di un mercato fondiario affrancato da ogni regola, con il consenso anche di importanti settori della cultura e dalla politica di sinistra. Non stupisce perciò che il pensiero di Bernoulli sia stato negli anni recenti sempre più trascurato, infine dimenticato. Ho potuto verificare che molti architetti e urbanisti delle ultime generazioni non conoscono il nome dell’insigne studioso.

L’importanza e l’attualità del pensiero di Bernoulli in riferimento alla situazione italiana di oggi è lucidamente messa in luce da Edoardo Salzano, che firma la prefazione del libro. “La destra italiana è da tempo abissalmente lontana da quella del liberalismo e del liberismo dei Croce e degli Einaudi e la borghesia del nostro paese è sempre stata più abile a stimolare l’accrescimento dell’assistenzialismo e del parassitismo di Stato che a impiegare innovazione e competizione per lo sviluppo della produzione”. E Salzano ricorda che non molti decenni fa l’obiettivo della riduzione del peso della rendita era condiviso da un ampio arco di forze politiche e sociali, dal Pci a parti della Dc, dai sindacati a esponenti di spicco dell’imprenditoria. Oggi, quell’obiettivo, continua Salzano, “è scomparso su quasi tutti versanti dello schieramento politico”.

Bernoulli è figlio del suo tempo e le sue idee non possono certamente essere riproposte sic et simpliciter ai problemi dell’urbanistica contemporanea, almeno in Europa. Le sue riflessioni riguardano anni caratterizzati da un crescente bisogno di alloggi che, all’indomani della seconda guerra mondiale, era spaventoso. In Germania e nei paesi dell’Est si dovevano ricostruire intere città, milioni di abitazioni, e perciò la questione della proprietà pubblica delle aree era decisiva (Bernoulli si occupò della ricostruzione di Varsavia, Berlino, Budapest, Francoforte, Praga, Salisburgo, Colonia, Amburgo, Düsseldorf, Stoccarda). Oggi – quando il problema cruciale per chi si occupa di pianificazione non è di disegnare nuove espansioni ma, al contrario, di porre un freno al consumo del suolo agricolo – del suo insegnamento resta importante soprattutto la dimensione morale, l’assoluta indipendenza dagli interessi fondiari, la prevalenza indiscussa dell’interesse pubblico, la schiena dritta nei confronti degli interessi dominanti. Dalla nota biografica curata da Mireille Senn, apprendiamo che, nel 1938, gli ambienti conservatori riuscirono a fargli perdere la cattedra e il titolo di professore di urbanistica del Politecnico di Zurigo, ma l’emarginazione rafforzò i suoi convincimenti e moltiplicò il suo impegno nella vita politica e culturale.

Infine, il merito di aver riproposto Bernoulli è della veneziana Marina Zanazzo, che ha avuto il coraggio di fondare una nuova casa editrice, la Corte del Fontego. Insieme a Bernoulli, ha pubblicato un altro libro ormai introvabile, Mussolini urbanista di Antonio Cederna, che racconta come la smania di restaurazione dell’Impero abbia condotto il fascismo a una selvaggia opera di sventramento del centro storico di Roma, da alcuni, negli ultimi tempi, nuovamente apprezzata. Insomma: due libri contro, che spero siano letti e studiati. E che restituiscano il gusto del pensiero indipendente.