le fonti rinnovabili diventano strategiche



dal sole24ore di  Sabato 04 Marzo 2006 ore 18:14

L'Enea: «Le fonti rinnovabili diventano strategiche»
di Pino Fondati

In questi ultimi due mesi, il mondo dell’energia è stato scosso da una serie di eventi critici, dalla crisi del gas alla fusione Gas de France-Suez, che hanno messo impietosamente a nudo le lacune strutturali e politiche europee in generale, italiane in particolare.
Si è tornati a parlare e a discutere ancora di diversificazione delle fonti, una strada da perseguire per diminuire la dipendenza dall’estero e i costi (in attesa del nucleare, auspicato ormai da molti), e si è tornati a ipotizzare percentuali, un tot al carbone, un tot al petrolio e al gas, un tot alle fonti rinnovabili. Proprio su queste ultime, si concentra l’attenzione di un rapporto uscito di recente da Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), e presentato a Expoconfort, la fiera in corso a Milano in questi giorni. Intanto il dato mondiale (fonte: Agenzia internazionale dell’energia), che rileva come il petrolio la faccia ancora da padrone con il 34,4%, seguito dal carbone e dal gas naturale rispettivamente con il 24,4 e il 21,2%, mentre il nucleare si assesta al 6,5%. Quest’ultimo è preceduto appunto dalle fonti rinnovabili, che nel mondo contano per il 13,3% dell’offerta totale di energia primaria. Dal 1990 al 2003, le rinnovabili sono cresciute nel mondo a un tasso dell’1,8%; l’eolico, pur restando su reali assoluti molto bassi, cresce del 23,9%, grazie soprattutto alle nuove installazioni nei paesi dell’Ocse.
In Italia, le fonti rinnovabili di energia, che rappresentano la principale fonte di energia endogena, hanno contribuito nel 2004 a poco più del 7% del consumo interno lordo. Una percentuale allineata alla media europea, ma dovuta essenzialmente al contributo di idroelettrico e geotermia. Energia ricavata da biomasse e rifiuti si attesta oltre il 30%, mentre eolico e solare non raggiunge complessivamente il 3%. Sempre nel 2004, le rinnovabili hanno contribuito alla produzione di energia elettrica per il 16% del consumo lordo totale, di cui il 75% è coperto dall’idroelettrico. La realizzazione di nuova potenza idroelettrica sembra limitata a interventi di piccola taglia, attraverso il ripristino di impianti obsoleti e la realizzazione di nuovi impianti a basso impatto ambientale.
Anche l’energia geotermoelettrica, che contribuisce per il 10% alla produzione di elettricità, non ha molte chance di incremento per il futuro. Diverso invece il discorso relativo all’utilizzo di biomasse e rifiuti e dell’eolico, per la crescita registrata negli ultimi anni, che dovrebbe continuare nei prossimi anni. Il fotovoltaico sconta i ritardi cronici dell’industria nazionale del settore, vieppiù penalizzata dal ritardo con cui si è regolamentato i meccanismi di incentivazione in conto energia. A proposito di incentivazioni, il sistema vigente in Italia ha creato non poche distorsioni, funzionale com’è soprattutto all’incentivazione di settori del mondo elettrico estranei alle rinnovabili. Un contesto che rende quasi utopico l’obiettivo di crescita delle rinnovabili al 2010, il 22% di generazione di energia elettrica, come previsto dalle direttive europee. Ma il problema per un vero sviluppo delle rinnovabili sembra stare soprattutto nei tempi biblici per le procedure autorizzative e per l’effetto Nimby (not in my backyard, non nel mio cortile), come dire «fate le centrali dove volete ma non vicino casa mia».
Per l’Enea, un aumento del ricorso alle fonti rinnovabili è irrinunciabile all’interno di una politica di una politica di diversificazione delle fonti. Per raggiungere risultati adeguati, basta avviare politiche mirate come hanno fatto paesi come la Danimarca nell’eolico, la Germania e, più recentemente, la Spagna. Rispetto a queste realtà, l’industria italiana ha una congenita debolezza competitiva: l’offerta sul mercato interno risulta infatti caratterizzata da un modesto novero di produttori nazionali di componenti per le rinnovabili e da un consistente ricorso ai mercati internazionali per l’offerta di componenti.
Tutto questo, non ha consentito di utilizzare, ai fini dello sviluppo della filiera nazionale, gli incentivi. Lo sviluppo è stato modesto: non sono nate aziende che investissero sulle nuove tecnologie come il fotovoltaico, né aziende che sviluppassero tecnologie ancora in fase di assestamento come l’eolico. Dall’altra parte, sono uscite dal mercato aziende che operavano in settori maturi, come l’idroelettrico, in cui l’Italia ha sempre avuto una posizione di leadership. Eppure, dicono i ricercatori di Enea, la scommessa sulle rinnovabili si può ancora giocare, se si saprà semplificare e rendere più trasparente il sistema delle regole e cercare il consenso delle popolazioni con nuove modalità di partecipazione. Perché la sfida possa avere qualche chance di successo, bisognerà assegnare un ruolo centrale allo sviluppo di un sistema integrato ricerca-industria.