turbine a vento guerra sull'impatto ambientale



da repubblica mercoledi 06.07.2005 
 
Turbine a vento, guerra sull’impatto ambientale
ADRIANO BONAFEDE

Ci mancava anche la guerra sull’impatto ambientale. Molto indietro nell’utilizzo di fonti energetiche alternative, in Italia è diventato un problema anche costruire una centrale eolica. Alcune associazioni ambientaliste, tra cui Italia Nostra e il Comitato per il paesaggio di Carlo Ripa di Meana, stanno mettendo in atto una serie di ricorsi per bloccare gli impianti eolici. Tutto questo mentre quattro regioni, Puglia, Sardegna, Veneto e Sicilia manifestano in modi diversi alcune perplessità.
Naturalmente, con "pale" eoliche dell’altezza anche di 100 metri, come le più recenti da 2 MW, l’impatto paesaggistico va considerato attentamente, ma dietro l’opposizione che si è vista finora c’è anche una sorta di pregiudizio sfavorevole. Così scattano i ricorsi al Tar, che qualche volta ha dato ragione ai Comitati che si sono opposti alla costruzione di un sito eolico. Il Consiglio di Stato, tuttavia, sta mostrando un orientamento diverso, teso a respingere i ricorsi. Infatti di recente l’organo che giudica in secondo grado nel campo amministrativo ha respinto una serie di ricorsi presentati a Varese Ligure, in Molise e in Sicilia.
Sulla questione dell’impatto ambientale, si è verificata a anche una netta spaccatura fra le associazioni ambientaliste. Infatti Legambiente e Wwf da una parte non hanno pregiudiziali negative e si sono predisposte a valutare ogni insediamento caso per caso, mentre per Italia Nostra e il Comitato di Ripa di Mena l’opposizione all’eolico sembra quasi una regola.
Ma quali sono i possibili impatti negativi sull’ambiente? Il primo e più importante è quello sul paesaggio. Esistono pale di varie dimensioni, ma per quelle più grandi sono davvero alte. Per contro, esistono anche pale piccolissime, adatte a fornire energia a un’azienda agricola e con scarso o nullo impatto sul paesaggio. «Del resto afferma Francesco Ferrante, direttore di Legambiente, che ha organizzato per il prossimo  luglio a Roma un convegno su questo tema in Maremma già esistono le cosiddette ‘pompe di Vivarelli’, piccoli mulini a vento che venivano e vengono ancora utilizzate per estrarre l’acqua. L’impatto di queste pompe è del tutto simile a quello di un impianto minieolico che dovrebbe essere incoraggiato dal potere pubblico con incentivazioni mirate».
Ma l’impatto sul paesaggio di impianti più grandi, dai 60 ai 100 metri di altezza, è certamente da mettere su un altro piano e va attentamente considerato. A fare questo tipo di valutazione dovrebbero essere gli "architetti del paesaggio", nuove figure di professionisti specializzati. Va da sé che molto spesso è anche una questione di buon senso: «L’impianto di Castel Del Monte in Puglia, in un’area di grande valenza paesaggistica dice Ferrante avrebbe impedito, con pale altissime, una delle più belle viste che ci sono in Italia. Però il problema dell’impatto paesaggistico può essere risolto con un’attenzione speciale alla dislocazione. Ed è fin troppo evidente che in alcuni casi non si può proprio dire di sì, mentre in altri l’impatto è decisamente limitato».
Ci sono però altri tipi d’impatto sull’ambiente che vanno considerati. Ad esempio quello sulle piante. In questo caso devono essere dei botanici a dire se le piante possono soffrire per l’esistenza di impianti simili. Molto considerato è anche l’impatto sugli animali, in particolare gli uccelli. Di recente l’inglese Royal Society of Protection of Birds ha manifestato perplessità sull’eventuale dislocazione di un impianto eolico sul delta del Tamigi, peraltro criticabile sotto molti altri punti di vista. Anche qui Legambiente è rassicurante. «Basta evitare di costruire questi impianti sulle rotte migratorie degli uccelli, il che non è cos’ difficile. Comunque, negli Stati Uniti uno studio ha dimostrato che l’impatto ambientale di un grattacielo è, per gli uccelli, di gran lunga superiore a quello di un impianto eolico».
Nel complesso, quindi, la valutazione d’impatto ambientale è possibile sotto diversi punti di vista, e certo va anche considerato che l’Italia ha caratteristiche morfologiche e bellezze paesaggistiche superiori a quelle di altre nazioni. «Un pregiudiziale no, però dice Ferranti avrebbe l’effetto di impedire il raggiungimento degli obbiettivi che il nostro paese si è dato sottoscrivendo l'accordo di Kyoto». Oggi l’eolico rappresenta una quota infima dell’elettricità consumata, solo lo 0,01 per cento. Mentre tutte le fonti rinnovabili, che oggi rappresentano il 15 per cento dell’elettricità consumata, dovranno coprire il 25 per cento entro il 2010. «Solo l’eolico potrà aiutarci a raggiungere gli obbiettivi».