la nuova mappa dei traffici di rifiuti



da e-gazette.it
martedi 30 agosto 2005
 
LA NUOVA MAPPA DEI TRAFFICI DI RIFIUTI - COME NASCONDERE LE
SCORIE

Roma, 29 agosto – Cambia lo scenario del traffico dei rifiuti. Le scorie
industriali non vanno più verso il Mezzogiorno – o meglio, ci vanno ancora,
ma non come una volta. Il Sud, la Campania e la Puglia non convengono più,
come luoghi di smaltimento. Anzi, i principali centri di smaltimento
illegale ormai sono in Alta Italia. E si arriva all’assurdo che a Varese
possano arrivare illegalmente scorie prodotte a Napoli. Lo affermano due
fra i migliori inquirenti del settore dei rifiuti, gli ufficiali dei
carabinieri Antonio Menga, comandante del Gruppo Roma tutela ambiente, e
Pasquale Starace, comandante del Servizio operativo centrale, in occasione
di un’audizione alla Commissione bicamerale d’inchiesta sui traffici dei
rifiuti che si è svolta a fine luglio.
I due ufficiali hanno descritto nel dettaglio anche quali sono i modi
illegali per “trasformare” i rifiuti industriali in rifiuti ordinari. Basta
avere pronti nel computer i moduli delle analisi e, cambiando i dati e i
numeri in formato Word, creare un’analisi nuovissima e falsissima che
dimostra l’innocuità del rifiuto. Oppure le scorie vengono mescolate fra
loro, aggiunte, tritate, in modo che l’orribile pastone ottenuto sia
qualcosa di nuovo, diverso e indistinguibile. Il tutto avviene in alcuni
centri di stoccaggio.
Dal punto di vista dei fenomeni di tendenza, sta emergendo la figura
dell'intermediario, soggetto che non ha nemmeno contatti diretti con le
persone interessate. Paradossalmente, le regioni dell'Italia meridionale,
essendo sempre state nel mirino degli organi di controllo, sono quasi del
tutto escluse dagli intermediari che hanno un certo timore ad avvalersi di
siti ubicati nel Mezzogiorno.
Il traffico verso Nord-Est, verso il Centro, verso Sud
Fino a qualche tempo fa, molto semplicisticamente, si diceva che la
Campania, o le regioni dell'Italia meridionale, erano le discariche
d'Italia; forse lo sono state, ma adesso questo problema investe tutto il
Paese. Tutto ciò è dimostrato dai continui traffici che vengono scoperti
anche a livello interregionale.
In altre parole, non esiste più la rotta nord-sud, cioè i rifiuti prodotti
in Alta Italia che vanno a finire nel Mezzogiorno.
Nelle regioni centrali, anche per ragioni geografiche, ci sono numerosi
centri di stoccaggio improprio di rifiuti.
Dal punto di vista delle quantità sono ricorrenti come rifiuti illegali i
fanghi conciari e, al Nord, le polveri di abbattimento fumi.
La Toscana ha avuto diversi casi di produttori di fanghi di cartiera
smaltiti poi in modo abusivo, alterando le analisi sul reale contenuto di
quegli scarti. La Toscana, oltre ad avere dei luoghi di stoccaggio, ha
anche buone competenze tecniche ed è anche luogo di produzione di una gran
quantità di rifiuti industriali, provenienti soprattutto dalle concerie e
dall'industria cartaria della zona di Lucca: la regione ha una capacità
impiantistica per lo smaltimento che è circa la metà rispetto alla
produzione dei rifiuti e quindi le imprese toscane devono cercare modi
alternativi per smaltire.
Ma “nessuna regione – dicono i due ufficiali - può essere considerata la
maglia nera in materia di traffico illecito di rifiuti; questo, infatti, è
diventato un problema nazionale”. Ci sarebbero discariche abusive e
impianti compiacenti un po' in tutt’Italia, ma soprattutto nel Nord, che
forse appare come una zona esente dal fenomeno dello smaltimento abusivo
mentre invece la maggior parte delle indagini condotte dalle procure del
nord (come quelle di Busto Arsizio, Alessandria e Milano) hanno dimostrato
esattamente il contrario.
Oggi ci sono le rotte che dal Nord-Ovest vanno verso il Triveneto; che dal
Nord arrivano al Centro e “per assurdo – dicono i due ufficiali - succedono
cose che forse un tempo erano inimmaginabili”. Infatti, nel 2003 i
carabinieri hanno scoperto rifiuti che da Napoli arrivano a Varese, poi
giungevano a Bari, dove finivano per essere smaltiti in una discarica di
quella città.
Da Napoli a Bari via Varese
Tutto ciò era necessario per “declassificare” i rifiuti dell'emergenza
napoletana; infatti, esiste una norma ben precisa che impone alle regioni
di smaltire in loco i propri rifiuti, ma alle regioni in emergenza rifiuti
è permesso di stipulare delle convenzioni con altre regioni. È chiaro,
quindi, che per inviare dei rifiuti da una regione in emergenza rifiuti (la
Campania) ad un'altra regione in emergenza (la Puglia) era necessario che
quei rifiuti perdessero la loro origine, cioè non si doveva sapere che
provenivano dalla Campania. Ecco, quindi, la necessità di servirsi di tutti
questi passaggi fittizi.
Il minuetto degli stoccaggi
I centri di stoccaggio sono centri intermedi, nati per facilitare le
attività di recupero, ma molti si sono trasformati “in una sorta di
serbatoio di illegalità” soprattutto quando – affermano i due ufficiali dei
carabinieri – “non hanno un'impiantistica idonea per fare quei trattamenti
per cui erano stati autorizzati”.
Le prime indagini di rilievo che hanno mostrato l’importanza dei centri di
stoccaggio nel traffico dei rifiuti sono cominciate nel ’99 con la procura
di Santa Maria Capua Vetere. Successivamente, sono emersi ulteriori
sviluppi investigativi che hanno portato nel Lazio e a Venezia, dove è
stata affrontata la problematica dei centri di stoccaggio che svolgono
attività illecita, che non sono altro che dei grossi contenitori
all'interno dei quali vanno a finire le varie tipologie di rifiuti
pericolosi (si tratta di centri di stoccaggio autorizzati anche ai sensi
degli articoli 27-28 del decreto Ronchi).
Nell'indagine di Venezia è stata rilevata una particolarità: per la prima
volta (anche se già durante le attività pregresse era emerso il problema
delle bonifiche di cui scriviamo più sotto) c'era proprio il coinvolgimento
diretto dei titolari della società che svolgeva attività di smaltimento di
rifiuti - il centro di stoccaggio - che erano allo stesso tempo titolari di
una società che svolgeva attività di bonifica. Quindi, questi stessi
soggetti acquisivano a prezzi stracciati le terre e rocce provenienti dalle
bonifiche, sapendo benissimo che avrebbero speso anche molto poco per lo
smaltimento successivo (il grosso contenitore riceveva così tantissimi
rifiuti quotidianamente). A seguito dell'attività investigativa, oltre
all'arresto dei trafficanti di rifiuti provenienti da Milano e dalla
provincia di Lucca, il “tritovagliato”, a seguito di successivi passaggi in
appositi impianti di stoccaggio, risultava trasformato più volte.
Altri impianti regolari, ma che che svolgevano attività illecite di
miscelazione e tritatura dei rifiuti sono stati trovati in Val di Chiana e
a Bagni di Tivoli.
A volte i rifiuti, partiti da Milano, in giornata si trasformavano anche
due volte. Alcuni camion giungevano negli impianti e rifiuti subivano una
trasformazione “cartolare”, attraverso il giro bolla; i rifiuti subivano
una ulteriore trasformazione in provincia di Roma, dove un altro impianto
veniva adibito soltanto per il giro bolla e finivano poi in una cava in
ripristino ambientale a Giugliano (in provincia di Napoli) oppure in
terreni del casertano.
A Mottola, in provincia di Taranto, si era rovesciato un camion di gasolio
e il terreno impregnato di gasolio è stato mescolato al contenuto di 50
camion di terra e rocce; il contenuto dei 50 camion inquinato di gasolio è
andato a finire nel grosso contenitore del centro di stoccaggio e
trattamento, che in realtà non trattava niente perché i rifiuti venivano
miscelati con altre tipologie di rifiuti e, poi, andavano a finire nei
ripristini ambientali. Infatti, la terra e le rocce contaminate dagli
idrocarburi, classificate 170503, miracolosamente si trasformavano in terra
e rocce non contaminate, classificate 170504, e quindi potevano andare
anche nei ripristini ambientali.
Le bonifiche e i disinquinamenti fasulli
“Da Firenze partiva una bonifica di rifiuti pericolosi che, sempre
attraverso questi centri di stoccaggio, arrivavano a Verona – raccontano i
due ufficiali ai parlamentari della commissione - per poi essere smaltiti
di nuovo a Viterbo o a Treviso”. In Italia ci sono tanti lavori di
disinquinamento e bonifica, in gran parte di ambito regionali, più piccoli
e meno controllati rispetto alle bonifiche di interesse nazionale, che sono
sempre sotto il monitoraggio degli organi di controllo. “Nell'ultima
indagine di Alessandria sono state cinque le bonifiche da cui partivano dei
flussi illegali di rifiuti”.
Le analisi taroccate
A volte entra anche la malavita (nel corso di un’indagine sono stati
arrestati esponenti appartenenti al clan dei Casalesi, attuavano una
attività di estorsione confronti del principale soggetto che smaltiva
illecitamente i rifiuti), ma in genere le inchieste hanno mostrato che la
maggior parte dei traffici avvengono tramite laboratori compiacenti che
svolgono analisi fasulle sui rifiuti, e c’è stato il caso di un sindaco
neoeletto titolare di uno di questi laboratori.
La metodica classica è quella che non c'è laboratorio, ma ci sono i
computer; quindi, si prendevano vecchi certificati – “Addirittura in alcuni
casi abbiamo visto cambiare la data”, dice uno degli ufficiali - e le
analisi vengono alterate. Il fenomeno negli ultimi anni si è un po’ ridotto
perché anche gli stessi laboratori di analisi che commettevano facilmente
questo tipo di attività illecita sono più attenti.
In alcune indagini riguardanti sia Viterbo sia Alessandria un altro aspetto
che è balzato agli occhi degli inquirenti è rappresentato dal fatto che le
analisi chimiche condotte dai laboratori dei centri di ripristino, dove i
rifiuti venivano smaltiti, presentavano valori palesemente alterati. “Ci
siamo accorti di ciò facendo delle analisi normalissime che, messe a
confronto con quelle in possesso dei centri di ripristino, facevano subito
balzare agli occhi l'alterazione”, dicono i due ufficiali dei carabinieri,
i quali si chiedono: “È possibile che in tutti questi anni questa semplice
attività di riscontro l'abbiamo fatta solo noi? Non è stato mai effettuato
nessun controllo presso questi ripristini? A questo punto le ipotesi sono
due: se non è stato mai fatto nessun controllo, c'è stata negligenza, se,
invece, è stato effettuato e non ci si è accorti di nulla, siamo allora di
fronte a qualcosa di ancor più grave”.
Come l’Umbria ha sconfitto i traffici
Visto il cambiamento delle rotte dei traffici, che stanno diventando
regionali o interregionali, un esempio molto positivo è l'iniziativa
adottata dalla regione Umbria. In particolare, dopo che si è scoperto come
molti centri di stoccaggio operassero in regime di procedura semplificata,
e considerato l'aumento esponenziale delle richieste di procedure
semplificate, i carabinieri ambientali, unitamente ad alcuni funzionari
della provincia di Perugia hanno cercato di ragionare sulle cause. Sono
stati adottati dei provvedimenti regionali legislativi e la regione Umbria
ha introdotto nuove disposizioni che rendono difficoltoso il ricorso alle
procedure semplificate perché si chiedono molte più notizie soprattutto
sulla capacità degli impianti di operare in procedura.
Recentemente la regione Umbria ha attuato un importante provvedimento,
stabilendo la proporzionalità tra una fideiussione - quindi, una garanzia
finanziaria - e i quantitativi di rifiuti trattati. Di conseguenza, se non
vogliono pagare cifre molto elevate, anche coloro che si avvalevano delle
procedure semplificate prima dell'entrata in vigore di questa legge
regionale, adesso sono costretti a diminuire i quantitativi dei rifiuti
gestiti. Questo sta portando a una diminuzione delle società che chiedono
di operare in regime di procedura semplificata, a un maggiore controllo e,
quindi, a una minore quantità di rifiuti che a livello locale arriva nelle
regioni e nelle province che attuano una migliore attività di controllo.