l'uso razionale dell'energia e le ESCO(Energy Service Company )



Abstract della relazione di Maurizio Pallante

Valutazione dello stato di attuazione degli impegni assunti a Kyoto. L’Italia è uno dei paesi che non li ha sino ad ora rispettati. Alla fine del 2004 le emissioni di CO2 del nostro paese sono aumentate del 13 per cento rispetto al 1990, anziché diminuire del 6,7 per cento, mentre altri paesi, in particolare la Germania, l’Austria e la Garn Bretagna, che pure avevano assunto impegni molto maggiori, le hanno diminuite ancora di più. Occorre analizzare le ragioni di questo fallimento per invertire la tendenza.

A tal fine occorre innanzitutto richiamare i modi in cui si utilizzano le fonti fossili importate. Un po’ più di un terzo viene assorbito dal riscaldamento degli ambienti; una percentuale analoga dalla produzione termoelettrica; un po’ meno del 30 per cento dall’autotrasporto. Il resto dagli usi non energetici (industria petrolchimica) e dai bunkeraggi. In tutti e tre i settori l’efficienza con cui vengono utilizzate è molto bassa. Nei processi di trasformazione dalle fonti agli usi finali di energia, la percentuale che si spreca è superiore alla percentuale che si trasforma in servizi energetici. Nel riscaldamento degli ambienti i rendimenti energetici sono dalla metà a un terzo dei standard consentiti dalla legge tedesca e da un decimo a un quindicesimo rispetto agli standard di maggiore efficienza (le case passive). Nella produzione termoelettrica il rendimento medio delle centrali esistenti è del 38 per cento, a fronte del 55 per cento dei cicli combinati. Ancora maggiore è il divario rispetto alla micro-cogenerazione diffusa che utilizza il combustibile al 94 per cento. Nell’autotrasporto i consumi di benzina di una media cilindrata sono inferiori ai 20 chilometri per un litro, a fronte di prototipi che ne raggiungono i 100 –120 (Greenpeace, con mezzi molto inferiori a quelli di un’industria automobilistica, modificando la Twingo ha realizzato un’auto che ha raggiunto i 45 chilometri).

Di fronte a questa situazione di spreco generalizzato, le politiche energetiche adottate per ridurre le emissioni di CO2 sono state incentrate sulla sostituzione delle fonti fossili con fonti rinnovabili. Di fronte a un secchio bucato si è pensato che per riempirlo occorresse cambiare la fonte (scegliendone una meno efficiente in termini quantitativi) anziché chiudere i buchi del secchio. Non poteva che derivarne un fallimento.

Gli edifici nel loro complesso assorbono più del 50 per cento di tutte le fonti fossili che importiamo, perché al 33 per cento dei consumi per il riscaldamento, vanno aggiunti i consumi di energia elettrica per l’illuminazione, gli elettrodomestici e, soprattutto, il condizionamento, che negli ultimi anni ha spostato i picchi dei consumi di energia elettrica dall’inverno all’estate. Per riprendere la metafora del secchio bucato, la prima cosa da fare è progettare edifici nuovi e ristrutturare gli edifici esistenti in modo che si allineino almeno agli standard massimi di consumo consentiti dalla legislazione tedesca: 70 chilowattora al metro quadrato all’anno, anziché 150/200.

Nella progettazione dei nuovi edifici occorre in primo luogo riscoprire e rivalutare le tecnologie costruttive tradizionali, che si sono sviluppate quando le disponibilità energetiche erano minori e occorreva far fronte ai problemi posti dal clima in modi passivi e sfruttando al massimo gli apporti energetici gratuiti dell’ambiente: orientamento degli edifici, coibentazione, distribuzione delle finestre, ecc. Ciò comporta un ritorno a una progettazione differenziata in relazione alle zone climatiche, abbandonando la standardizzazione consentita dall’adozione di protesi energetiche, per far caldo nelle zone climatiche fredde e per far fresco nelle zone climatiche calde. In secondo luogo questo recupero di un sapere e di un saper fare abbandonati irresponsabilmente in nome di una malintesa concezione del progresso, va implementato con tutte le più recenti acquisizioni scientifiche e tecnologiche per potenziare l’inerzia termica degli edifici (case passive).

Oltre agli interventi sull’involucro degli edifici, un’altra enorme possibilità di ridurre i consumi energetici alla fonte senza deprimere i servizi finali, mediante una crescita dell’efficienza dei processi di trasformazione, è data dagli impianti tecnologici. L’adozione della micro-cogenerazione diffusa, a partire dagli edifici più energivori come gli ospedali, i centri commerciali, gli impianti sportivi ecc., riveste un ruolo decisivo perché, avendo un doppio rendimento –energia elettrica ed energia termica – con gli stessi consumi di combustibile consente di riscaldare l’edificio, di soddisfare il suo fabbisogno di energia elettrica, di raffrescare gli ambienti d’estate, di cedere i surplus di energia elettrica contribuendo a ridurre la necessità di importare fonti fossili e di costruire nuove centrali termoelettriche.

Per la ristrutturazione energetica degli edifici esistenti uno strumento operativo decisivo possono essere le energy service companies (esco): società che effettuano le ristrutturazioni energetiche sostenendone le spese di investimento, e recuperano i capitali investiti e ottenengono i loro utili incassando per un numero di anni prefissato contrattualmente i risparmi economici conseguenti ai risparmi energetici che sono riuscite a ottenere.

La riduzione dei consumi energetici mediante l’eliminazione degli sprechi, la crescita dell’efficienza e l’abolizione degli usi impropri, sono la premessa indispensabile per favorire lo sviluppo delle fonti energetiche alternative, che rendono molto meno e costano più delle fonti fossili. Senza questa premessa non si svilupperanno mai. Se invece il fabbisogno energetico si riduce, si ottengono due vantaggi.

Primo vantaggio: le fonti alternative diventano sufficienti per soddisfare una quota significativa del fabbisogno.

Secondo vantaggio: si risparmia una parte significativa (almeno la metà) di quanto si spende oggi per l’energia e questi risparmi possono essere utilizzati per ammortizzare i costi d’investimento necessari ad effettuare le ristrutturazioni energetiche. Questa è la metodologia d’intervento delle energy service companies (esco). Questo meccanismo può risultare decisivo non solo perché consente di recuperare il denaro necessario a finanziare opere che riducono l’impatto ambientale e migliorano la qualità della vita, ma per il rilancio dell’economia e della produzione nei paesi industriali avanzati.

Maurizio Pallante