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inquinamento nucleare in russia



dal manifesto di giovedi 30 dicembre 1999
RUSSIA SCHEDA

Il "rapporto Nikitin" e i guai della Flotta del Nord

Una coraggiosa denuncia dello spaventoso inquinamento nucleare provocato
dai sommergibili russi 

- GIANFRANCO BANGONE - 

A leksandr Nikitin è in buona compagnia. Il governo di Mosca negli ultimi
due anni ha infatti spinto le sue forze di sicurezza ad effettuare una
serie di arresti eccellenti. Si è trattato di ex ufficiali della marina,
come lo stesso Nikitin e Grigory Pasko, ma anche di ricercatori illustri
che non sempre hanno avuto a che fare con l'apparato militare della ex Urss.
Nikitin e Pasko hanno in un certo qual modo aperto la strada a forme di
repressione del dissenso che sembravano finite in soffitta nei primi anni
'90. Il reato commesso da Nikitin è relativo alla pubblicazione nel '96 di
un ponderoso rapporto sulla flotta subacquea del mare del Nord, ed è lecito
sospettare che abbia costituito un'aggravante il fatto che il rapporto sia
stato pubblicato in Norvegia con il contributo della Fondazione Bellona.
"The Russian Northern Fleet" ("La flotta russa del Nord") è probabilmente
l'opera più esauriente sulla flotta subacquea, ne racconta la storia più o
meno dalla sua nascita, ma si focalizza in particolar modo sul periodo
"moderno" con la messa in cantiere di una serie di unità a propulsione
nucleare. Grigory Pasko ha più o meno la stessa storia: è un ex ufficiale
della Flotta del Pacifico che ha documentato le
ripetute occasioni in cui unità della marina russa hanno scaricato in mare
ingenti quantitativi di residui da fissione, in altri termini combustibile
nucleare "spento". Pasko è stato assolto in primo grado dall'accusa di aver
divulgato segreti di stato, ma è in attesa dell'appello. Ma ora torniamo a
Nikitin.
La pubblicazione di "The Russian Northern Fleet" deve aver preoccupato non
poco le alte gerarchie militari russe per una serie di motivi facilmente
intuibili: la guerra fredda è ufficialmente finita nell'89, ma il
mantenimento di forze di dissuasione nucleare gioca ancora oggi il suo
ruolo. Nella cosiddetta triade - ovvero testate nucleari dislocate sulla
forza aerea, in quelle di terra e nella flotta subacquea - l'arma di
dissuasione nucleare più avanzata era e rimane certamente l'ultima: i
sommergibili infatti possono nascondersi con maggiore facilità, la loro
localizzazione è problematica e soprattutto possono lanciare vettori
missilistici con traiettorie "corte", se sono dislocati in prossimità delle
coste "nemiche",complicando o rendendo quasi impossibile l'intercettazione
delle testate.
Non c'è alcun dubbio che nell'era della guerra fredda gli Stati uniti
avessero una netta superiorità nella flotta subacquea: nel '69 il
sottomarino americano Lapon, sotto il comando di Whitey Mack, ha infatti
seguito per 40 giorni uno Yankee sovietico, ma si tratta di un caso isolato
che non si è più verificato tenendo in considerazione che l'ex Urss ha
complessivamente messo in acqua 215 unità. E che gli Usa non abbiano badato
a spese e men che mai tenuto in considerazione fattori di rischio per
scoprire i segreti del loro ex nemico è documentato da un bel libro uscito
nel '98 - "Blind's Man Bluff", scritto da due giornalisti del New York
Times - che racconta un ventennio di spionaggio subacqueo costellato da
incidenti che hanno comportato il massimo livello di allerta. Questo per
dire l'importanza del ruolo
dei sottomarini sovietici durante la guerra fredda. 
Ma oggi cos'è rimasto di questo fiore all'occhiello della deterrenza
nucleare russa? "The Northern Fleet" racconta, forse in modo impietoso, non
solo che metà delle unità subacquee russe sono alla fonda nei cantieri, ma
che lo smantellamento di alcune di loro viene effettuato senza rispettare
le minime precauzioni; racconta anche che, per risparmiare, un sottomarino
è stato affondato nel mare di Kara; elenca il numero delle vittime e le
unità perse in questo gioco a mosca cieca nelle profondità dell'oceano. Gli
incidenti gravi sono stati 12 e almeno in 14 casi si è verificata una
perdita nel circuito di raffreddamento del reattore con il rilasci
radioattivi.
E anche se la contrapposizione fra i blocchi ha esalato l'ultimo respiro,
l'eredità che ha lasciato non tranquillizza affatto: lo smantellamento di
molte di queste unità comporta infatti enormi problemi per il personale, ma
soprattutto per il territorio della Penisola di Kola dove c'è un'alta
concentrazione di questi impianti. Nikitin sostiene che nei vari depositi
della Flotta del Nord si siano ammassati più 8.000
metri cubi di scorie radioattive liquide, che se ne accumulano più di 1.000
l'anno e che parte di questi residui viaggiano su navi per arrivare ad
altre destinazioni. Alcuni di questi depositi distano non più di 45
chilometri dalle coste della Scandinavia. Per i rifiuti solidi le cose non
vanno certo meglio: il solo smantellamento dei reattori di battelli di
prima,seconda e terza generazione comporta lo stoccaggio di ingenti
quantitativi di uranio 235 nei depositi della Baia di Andreev (in media fra
50 e 90 chili per ogni reattore). Anche qui gli incidenti non sono mancati:
i più gravi sono quelli verificatisi nell'82 e nell'83, con morti e feriti
imprecisati. Questo per dire che oggi le basi della Flotta del Nord sono il
luogo del pianeta a maggiore concentrazione di rifiuti nucleari.