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a Taranto si muore: chi non ha controllato? (Corsera 26/2/2001)



 Corriere della Sera 
 lunedi', 26 febbraio 2001 

Smog e tumori, sull' Ilva di Taranto ora si indaga per strage colposa 


La procura riapre l' inchiesta dopo il rapporto Asl e l' ordinanza del
sindaco sul risanamento degli impianti dell' azienda siderurgica. Il caso
della centralina antinquinamento sabotata Smog e tumori, sull' Ilva di
Taranto ora si indaga per strage colposa 

DAL NOSTRO INVIATO TARANTO Carlo Vulpio

 
Dice la perizia, consegnata ai magistrati, sui fumi e le polveri killer
dell' Ilva che a Taranto, dal '71 al '98, i morti per neoplasie sono
passati da 125 a 244 su 100 mila abitanti (Taranto ne ha 230 mila). Qua si
il doppio. Per neoplasie polmonari, invece, dice sempre la perizia, il
numero dei morti ogni 100 mila abitanti, nello stesso periodo, è passato da
26 a 53. Più del doppio. E nel macabro calcolo mancano i decessi avvenuti
lontano da casa, negli osp edali di altre città, soprattutto del Nord, dove
finivano i viaggi della speranza di chi aveva consumato la sua vita in
fabbrica. «La strage» l' hanno definita gli ecopacifisti di «Peacelink» in
un documento, fatto proprio dal consiglio comunale, che cita nomi e cognomi
delle ultime vittime note, 25 morti in otto anni, dal ' 90 al ' 98. Insieme
con l' elenco delle vittime, la testimonianza di un ragazzo, Cesare
Colella, che ha perso il papà a soli 57 anni, per cancro. «Mio padre ha
fatto il grui sta per 27 anni, scaricava minerali al porto - racconta
Cesare -. Prima di morire, gli avevano riscontrato un' antracosi polmonare,
cioè una diffusa presenza di polveri nei polmoni, ma secondo l' Inail non
c' è nesso tra il lavoro che faceva e la mal attia che l' ha ucciso. Ora,
papà è morto e nessuno potrà restituirmelo. Ma essere presi in giro no, è
troppo». Per 40 anni è andata. Ma adesso Taranto sembra non poterne più. Le
ordinanze del sindaco Rossana Di Bello - risanamento degli impianti del
siderurgico o chiusura - sono state soltanto il primo passo. Subito dopo,
il sindaco ha ottenuto, durante un consiglio comunale straordinario
monotematico, l' unanimità sulla chiusura della pestifera centrale termica
1 dell' Ilva e sulle iniziative da prendere nei confronti degli altri due
«mostri» che alitano veleni, la raffineria Agip e la Cementir. Perché, dice
sempre la perizia, «il massimo contributo all' inquinamento proviene dalle
emissioni industriali: traffico e riscaldamento civile in quinano 100 volte
meno, quanto ad anidride solforosa e 10 volte meno quanto a ossido di
azoto». Perizia, ordinanze del sindaco, raccolta di firme da parte di
Peacelink, Wwf, Chiesa Valdese, Pax Christi. E, l' altro giorno, la
scoperta di un rapporto della Usl Taranto/4, risalente al 1995, sui rischi
mortali del siderurgico. Un rapporto tenuto nascosto per tutto questo tempo
anche da parte dei sindacati, di destra e di sinistra. Ce n' è abbastanza
perché l' inchiesta del procuratore aggiunto, Fra nco Sebastio, cambi
volto: non solo reati di imbrattamento, danneggiamento di bene pubblico,
violazione delle norme sulla prevenzione delle malattie professionali. Ma
strage colposa. Com' è avvenuto per le morti nei Petrolchimici di Brindisi
e di Ven ezia. Tanto più che la situazione di Taranto viene unanimemente
giudicata la peggiore. Il pm Sebastio non può dirlo, ma sarà questo il
nuovo filone d' inchiesta, per il quale sono stati già acquisiti rapporti
del Noe (il nucleo ecologico dei carabini eri) e ulteriori consulenze
tecniche. Anche perché, dice ancora la perizia, Taranto sconta «anni di
mancata esecuzione di controlli, sopralluoghi e rilevamenti prescritti
dalla legge». Eppure oggi scopriamo che nel ' 95, mentre veniva occultato
quel rapporto della Usl, il responsabile del Presidio multizonale di
prevenzione, dottor Nicola Virtù, attualmente in carica, rassicurava così i
membri della commissione comunale Ambiente in visita allo stabilimento: «La
situazione analitica ambientale de lla città è soddisfacente, come i
risultati analitici relativi ai reflui dello stabilimento». Un responso che
fece scattare di rabbia gli ambientalisti e consigliò all' allora dirigente
dell' Usl, Nunzio Leone, di destinare ad altro incarico il dotto r Virtù,
per incompatibilità: il capo del Presidio di prevenzione, infatti, era
anche presidente della Imcor, una società fornitrice dell' Ilva, anch' essa
come le altre industrie sottoposta al controllo del Presidio di
prevenzione. Ma Virtù tira fuo ri gli artigli e querela Nunzio Leone e
Fabio Matacchiera, presidente dell' associazione a difesa del mare «Caretta
Caretta». I due finiscono sotto processo. Anche Virtù finisce sotto
processo - «per il forte conflitto di interessi tra i suoi compiti
istituzionali e l' attività privata», scrivono i carabinieri - ma le
indagini a suo carico vengono archiviate. Mentre Leone va a giudizio
immediato e viene assolto. «In quell' occasione - ricorda - denunciai all'
autorità giudiziaria che le apparecc hiature di laboratorio del Presidio
erano state sabotate, la memoria dei computer di gestione (dei dati
inquinanti, ndr) era stata cancellata e che erano stati distrutti materiali
di archivio consistenti in migliaia di referti di analisi effettuate. Ma
non mi risulta che si sia mai indagato su questo». Accuse gravissime, che
attendono ancora una risposta. Come senza risposta sono rimaste le due o
tre interrogazioni parlamentari sull' argomento, in questa vicenda di
emissioni e omissioni. 
Carlo Vulpio