Questione Ilva alla Camera Deputati. PeaceLink compare come fonte informativa



 La Camera, 
   premesso che: 
    il decreto in esame, consente, per legge, la riapertura dell'impianto siderurgico dell'Ilva, di fatto posto sotto sequestro con provvedimento dell'autorità giudiziaria per tutelare la salute dei cittadini e a seguito di acclarato «disastro ambientale», vincolando però la produzione al rispetto delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale e al suo relativo cronoprogramma; 
    l'Ilva è la più grande acciaieria d'Europa. Produce circa 10 milioni di tonnellate l'anno di acciaio (un terzo del fabbisogno di acciaio italiano) e dà lavoro a 12 mila lavoratori diretti (40 mila con l'indotto). Costruito nel 1961 quando l'allora Italsider era un'azienda pubblica, l'immenso stabilimento nel 1995 è stato ceduto al gruppo privato Riva, che in questi anni lo ha riportato a una gestione in profitto; 
    nel 2010, secondo le perizie del tribunale e le dichiarazioni dell'Ilva, sono state immesse nell'ambiente circostante 4.159 tonnellate di polveri, 11 mila di diossido d'azoto e anidride solforosa, tantissima anidride carbonica, e quantità di arsenico, cromo, cadmio, nichel, diossine, piombo e molti altri materiali; 
    l'azione della magistratura è scattata il 26 luglio 2012 con il sequestro dell’«area a caldo» dello stabilimento, e proseguita il 26 novembre con quello delle «aree a freddo». Le accuse a carico dell'Ilva, dei suoi proprietari e dirigenti, sono di «disastro ambientale doloso e colposo». Secondo l'ordinanza del 26 luglio, l'azienda ha disperso «sostanze nocive nell'ambiente» provocando «malattia e morte». Pur conoscendo gli effetti delle emissioni, si è continuato a inquinare «con coscienza e volontà per la logica del profitto»; 
    attualmente sono 149, tra cittadini ed enti, i soggetti che hanno promosso una causa civile all'Ilva per i danni subiti dall'inquinamento e il conseguente deprezzamento subito da abitazioni e proprietà; 
    una stima dell'associazione ambientalista Peacelink, quantifica il danno complessivo alla città e al suo ecosistema in sei miliardi di euro, che si andrebbero a sommare ai 700 milioni già chiesti dal comune; 
    a questo aggiungiamo le risorse necessarie – valutate in circa 3,5-4 miliardi di euro – per rispettare quanto richiesto dal provvedimento di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale del 26 ottobre scorso, in termini di disinquinamento, risanamento degli impianti e bonifica delle aree inquinate; 
    il provvedimento in esame prevede in realtà sanzioni deboli e troppo poco «stringenti» per la proprietà dell'Ilva in caso di mancato rispetto delle prescrizioni imposte dall'AIA, e anche l'eventuale ricorso all'amministrazione straordinaria non è automatico, ma si prevede solamente che in caso di inadempienze, il Garante può eventualmente proporre «idonee misure, ivi compresa l'eventuale adozione di provvedimenti di amministrazione straordinaria». Insomma interventi troppo blandi, laddove sarebbe invece indispensabile imporre idonee misure affinché sia la famiglia Riva a farsi carico di tutte le spese necessarie per le bonifiche, e per mettere a norma la società Ilva;

impegna il Governo

ad attivare tutte le iniziative, anche di carattere legislativo, volte a garantire che la proprietà dell'Ilva stanzi tutte le risorse necessarie alla bonifica delle aree, al risanamento ambientale e alla riqualificazione degli impianti degli stabilimenti di Taranto secondo le previste prescrizioni dell'Aia. 
9/5617-AR/6. Zazzera, Vatinno, Cimadoro.
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