Bolivia: 80.000 piccoli impianti fotovoltaici a isola, moltissimi dei quali nelle aree rurali.



Bolivia: il successo del fotovoltaico nelle aree rurali.
 
" A-ga-bi-to ": risuona nella valle il coro, intanto che in lontananza, in camicia bianca e pantaloni scuri, compare Agabito Pardo. D' intorno, si offrono allo sguardo i fazzoletti di terra su cui gli abitanti dell' area, per cui l' agricoltura rappresenta la principale fonte di reddito, coltivano mais e cereali. Nel piccolo centro di Quebrada Honda, sulle Ande boliviane, sono una quarantina le fattorie in cui ogni famiglia possiede appena tre o quattro semplici monolocali a casupola, con dentro letti spartani a doghe ricoperte di pelli. Ma a volte, si trovano persino un tavolo, una sedia e magari una macchina da cucire o un altarino domestico.
La cucina e' isolata dal resto dell' abitazione, anche in casa di Agabito Pardo, che sceso dal costone della montagna saluta gli ospiti e mostra l' oggetto che negli ultimi mesi gli ha cambiato la vita: un sistema fotovoltaico. Il modulo da 50 watt e' installato su un traliccio metallico che sembra innalzarlo oltre i tetti delle case circostanti, collegato tramite un paio di cavi alle travi dei soffitti sia della stanza da letto che del soggiorno, da cui pendono lampadine che si accendono con gli interruttori piazzati in prossimita' delle porte d' ingresso e sotto ciascun pulsante, si colloca un accumulatore grande quanto una cassa. La famiglia dispone ora delle prese che le occorrono per caricare le batterie per la radio e solo quella per i telefoni cellulari e' reimasta finora inutilizzata.
Se quasi due terzi dei residenti possiedono un sistema fotovoltaico a isola, anche gli altri vorrebbero averne uno, ma sembra che non abbiano i soldi, racconta Agabito. Tra i fortunati che hanno accesso alla corrente elettrica c'e' anche Demetrio Garcia, che scatta dalla fattoria verso una posizione elevata per mostrare meglio dall' alto agli ospiti il suo impianto. Per lui la cosa piu' importante e' la luce elettrica: "La sera, i bambini possono leggere e mia moglie puo' continuare a lavorare" racconta. Fino d oggi, dopo il tramonto, la famiglia non era vissuta nell' oscurita' totale, ma l' unica alternativa disponibile era rappresentata dalle lampade a kerosene, che emanano una luce fioca e un puzzo disgustoso e acre, costringendo il capofamiglia a procurarsi con difficolta' il combustibile, spingendosi fino a Cochabamba, per fare rifornimento, con un tragitto di andata e ritorno che richiede almeno un giorno. In moneta locale, il viaggio gli costava una ventina di boliviani (un paio di euro). L' impianto fotovoltaico a lui personalmente e' costato il corrispondente di circa 36 euro, in un unica soluzione di pagamento, una somma che la famiglia dovrebbe riuscire a recuperare gia' entro l' anno: "Noi abbiamo bisogno della luce" spiega il contadino.
La Bolivia e' lo stato piu' povero del Sudamerica e il numero di abitanti ancora privi di accesso alla rete elettrica si e' fortemente abbassato negli ultimi anni, ma rimane ancora elevato. Secondo una statistica di fonte governativa, nel 2006, un boliviano su tre viveva ancora senza elettricita'. Ma la rivista "Reporte Energia" ha appena pubblicato dei dati piu' recenti, secondo i quali, nel 2009, la fornitura di corrente avrebbe raggiunto l'82% della popolazione. Sono soprattutto gli abitanti delle campagne a doversela cavare senza corrente, anche quando vivono vicini a una linea elettrica: a molti mancano semplicemente i soldi per l' allaccio.
Ma a questa carenza si dovrebbe mettere presto rimedio: la nuova costituzione boliviana, approvata lo scorso anno, riconosce a ogni abitante il diritto ad un approvigionamento di base costituito da acqua potabile, scarico dei reflui domestici, gas, servizi postali e telecomunicazioni, elettricita'. Il teso prevede inoltre che lo stato si assuma la responsabilita' del rispetto di tali diritti.
Per quanto riguarda l' energia elettrica, la fornitura dovrebbe essere garantita nell' ambito del programma "Electricidad para vivir con dignidad ", il progetto statale che si propone di completare l' elettrificazione nazionale entro il 2025. Oggi come in passato, il fotovoltaico svolge un ruolo decisivo nel processo di approvigionamento della corrente elettrica per gli abitanti delle campagne.
Testimone dell' intero processo e' Miguel Fernandez Fuente, ingegnere elettrico che nei primi anni '90, lavorando per l' Universita' "San Simon" di Cochabamba, avvio' il dibattito sull' utilita' del fotovoltaico: "Si manifestava una forte resistenza all' introduzione di questa tecnologia" egli ricorda. Allora, il fotovoltaico era ancora consideratouna fonte di energia di serie B e tra i tecnici in molti non lo prendevano sul serio. I primi impianti furono quindi realizzati proprio per dimostrarne il valore. "All' inizio non ci interessavamo molto ai costi" rievoca Fuente. Nel 1993, un gruppo di specialisti locali fondo' Energetica, l' organizzazione non governativa di cui egli e' oggi presidente. Grazie alle sovvenzioni di istituzioni straniere, furono realizzati alcuni progetti pilota. Da allora, la Ong e' cresciuta, ha raggiunto i 27 dipendenti e oggi puo' vantarsi di aver promosso tutta una serie di progetti fotovoltaici e di essersi guadagnata una buona reputazione che travalica i confini nazionali. "E' evidente che gli abitanti delle campagne hanno bisogno di energia " afferma l' ingegnere, ma l' elettrificazione rurale e' tutt' altro che semplice.
Quando l' impresa avvio' l' attivita' mancavano informazioni sulle aree rurali, mancavano le offerte e anche gli installatori. Siccome e' davvero raro che un contadino boliviano possa pagare di tasca propria un sistema ad isola, a fondamento di ogni progetto era e rimane l' individuazione di un finanziatore. L' organizzazione boliviana ha gia' collaborato con numerose istituzioni straniere: i governi olandese e francese e la Commissione Europea: " Procediamo di progetto in progetto e non abbiamo una base stabile di finanziamenti". Quando si trova un patner e' necessario assicurarsi che i potenziali gestori possano pagare la propria quota di partecipazione all' impianto. A questo punto, insorgeva l' ostacolo successivo, perche' un tempo non c'era la possibilita' del microcredito: "Quando e' disponibile, il credito serve a consentire ai contadini di acquistare le sementi, raccogliere i frutti dei campi e venderli per poter ripagare il debito."
La corrente elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici invece non viene venduta e alla fine del processo non esiste un "prodotto" convenzionale che possa essere utilizzato per ripagare il credito. La Ong dovertte quindi adoperarsi in un intensa opera di convincimento per diffondere l' idea che i costi potessero essere abbassati e quindi che il mutuo potesse essere ripagato dal risparmio. "Fu grazie ai progetti, che venne introdotto il microcredito per gli impianti fotovoltaici" spiega Fernandez. Risolti gli aspetti finanziari, i dipendennti della Ong si mettono in contatto con i comuni e con i residenti delle aree rurali che alcuni casi hanno gia' manifestato il proprio interessamento o altrimenti pubblicizzano in prima persona la produzione ecologica di energia elettrica. Se si accerta che uno dei soggetti coinvolti non e' in grado di coprire la propria quota individuale dell' investimento, gli si offre una riduzione. La fase pereparatoria che precede l' inizio dei lavori per l' installazione dell' impianto dura circa un anno. L' organizzazione, che un tempo si occupava spesso direttamente delle installazioni, oggi puo' cedere il lavoro a terzi, essendo state fondate diverse ditte installatrici con cui ha avviato una collaborazione continuativa.
Questo testo e' tratto da un articolo del mensile tedesco Photon che viene pubblicato anche in Italia. Nei prossimi giorni pubblichero' sul mio blog http://myspace.com/energiaoggiedomani altri pezzi dell' inchiesta di Photon.