La pattumiera siberiana delle scorie francesi



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La pattumiera siberiana delle scorie francesi 
A Tricastin Greenpeace blocca l'uranio impoverito diretto in Russia. Nell'ex-
URSS dovrebbe essere riprocessato, ma in realtà rimane abbandonato in depositi 
a cielo aperto. La Francia, il paese dell'atomo per eccellenza, con cui domani 
l'Italia firmerà l'accordo di collaborazione sul nucleare, ancora non ha 
risolto il problema scorie. 
Ancora bufera sulla questione delle scorie nucleari in Francia. Agli 
ambientalisti non va giù che il paese leader mondiale dell’atomo (nonché guida 
del rinascimento nucleare italiano) ancora non sappia dove mettere questi 
rifiuti pericolosi e non trovi di meglio che inviarli, senza garanzie di 
sicurezza, in Russia, usata - denuncia Greenpeace - come una vera e propria 
“pattumiera dell’atomo”.

Gli ultimi sviluppi della battaglia sono di questa settimana: martedì mattina 
attivisti di Greenpeace hanno divelto le rotaie che partano dalla centrale di 
Tricastin, per impedire che l’uranio impoverito arrivi al porto di Le Havre, 
dove lo attende la nave russa Kapitan Kuroptev per portarlo nell’ex-Unione 
Sovietica. Subito Areva ha risposto per vie legali e il tribunale è intervenuto 
contro gli ambientalisti per impedire loro di interferire nel trasporto del 
combustibile esausto.

Ecco che sulle pagine dei giornali (solo francesi per ora) torna una storia 
che getta l’ennesima ombra sulla gestione delle scorie nucleari in Francia. Su 
queste pagine avevamo raccontato dell’inchiesta sui 300 milioni di tonnellate 
di detriti radioattivi abbandonati e utilizzati nel paese per realizzare 
terrapieni, strade e parcheggi (Qualenergia.it, La Francia contaminata). Questa 
volta sotto accusa è invece la filiera a valle delle centrali, che si perde 
oltre confine, nelle steppe siberiane.

A denunciare che qualcosa non andava in quell’export di combustibile esausto a 
oriente erano stati un’inchiesta televisiva di Arte Channel e un articolo di 
Liberation, usciti quest’autunno: il 13% del combustibile esausto del gigante 
francese dell’atomo – si denunciava – finisce abbandonato nelle steppe 
siberiane, stoccato a cielo aperto. Rivelazioni corredate dalle immagini aeree 
dei depositi delle scorie a Seversk in Siberia (ossia Tomsk-7, sito peraltro 
già pesantemente contaminato da incidenti nucleari in epoca sovietica).

Per Areva – che non ha confermato né smentito le accuse - in Russia finisce 
solo l’uranio riutilizzabile, per essere arricchito e poi tornare in patria. 
Secondo l’azienda, con il riprocessamento si riuscirebbe a riutilizzare fino al 
96% del combustibile esausto. Ma i numeri raccontano una versione diversa: 
delle 33mila tonnellate di uranio inviate dalla Francia nell’ex URSS dal 2006 
al 2009 solo poco più di 3mila hanno fatto ritorno in patria arricchite.

“Le 30mila tonnellate mancanti – denuncia Greenpeace – restano abbandonate a 
tempo indeterminato in luoghi come Seversk: la Russia non ha la tecnologia per 
riprocessare l’uranio esafluoruro (UF6, ndr) che costituisce la maggior parte 
delle scorie inviate. Il contratto di EDF-AREVA viola le leggi russe e i 
depositi, come rilevato dalla Rostechnadzor (l’agenzia federale che 
supervisiona la produzione di combustibile nucleare), non rispettano le norme 
di sicurezza."

Insomma: “il riprocessamento – denuncia l’associazione - è solo una trovata di 
comunicazione per coprire il fatto che si scaricano le scorie a terzi. Ciò 
dimostra ancora una volta la completa inadeguatezza dell’industria a gestire i 
pericoli dei rifiuti nucleari”. Cosa succederà quando (e se) sarà l’Italia a 
dover mettere in sicurezza nuove scorie? Intanto l'esperienza con il 
decommissioning delle centrali del passato promette male (Qualenergia.it, Il 
disastro dell'eredità nucleare italiana su Report). 

Speriamo che nell’accordo di collaborazione che Italia e Francia firmeranno 
domani a Parigi la questione venga affrontata adeguatamente: vi si prevede, tra 
le altre cose, che sulla gestione del ciclo dei rifiuti nucleari, Sogin 
collabori con l’agenzia francese Andra, sulla sicurezza Ispra con l’Asn (intesa 
che verrà poi trasferita alla futura Agenzia italiana), mentre Enel e Isrn si 
occuperanno di protezione dalle radiazioni e Cirten e Areva di formazione e 
specializzazione del personale.



GM