psicologia e interessi del rinascimento nucleare



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Psicologia e interessi del rinascimento nucleare 


Il ritorno al nucleare in Italia si regge su un sfondo psicologico creato ad arte che in poche settimane ha convinto politici e stampa. Un meccanismo non nuovo che si basa sulla grande forza della lobby dell’industria energetica. Ripercorre la più recente storia dell’energia nucleare può essere interessante per capire i meccanismi psicologici e, se, vogliamo, mediatici legati ai rinnovati tentativi di rilancio di questa tecnologia. Allora è utile ricordare le parole del sociologo e scrittore tedesco Ulrich Beck che spiega come in questi casi si assista sempre ad una sorta di ”drammaturgia del rischio” e la spiega come una sorta di competizione tra rischi possibili spesso molto ardita. Si arriva così a “rimuovere” quello nucleare (proliferazione, scorie, insicurezza, antieconomicità, incapacità di soddisfare la domanda e di ridurre i gas serra) perché i pericoli da sconfiggere vengono dipinti come molto più carichi di inquietudine: la crisi climatica, il superamento delle fonti fossili inquinanti e sempre più costose, l’insufficienza delle rinnovabili (comunque da sviluppare), i black out. 

Allora si promettono grandi centrali più sicure e più pulite per l’ambiente e i cittadini, si lanciano cifre sui costi del kWh prodotto che non hanno alcuna attinenza con la realtà, a dire il vero ancora sconosciuta dopo quasi 60 anni di vita di questa filiera; si parla di opzione irrinunciabile e di antimodernità dei suoi oppositori. 
Come ha detto Hermann Scheer in “Autonomia energetica”, davanti ad uno sfondo di questo tipo “si muove la campagna a favore del ‘Rinascimento’ dell’energia nucleare che impressiona tanto le istituzioni politiche quanto i media”. E aggiungerei, la gente e perfino alcune associazioni ambientaliste, che, involontariamente diventano la spalla di questa nuovo tentativo di egemonizzare le scelte energetiche di un paese. Sfugge a taluni ambientalisti che le strade del nucleare e della generazione distribuita fondata soprattutto su rinnovabili e usi razionali dell’energia sono decisamente antitetiche per molto motivi, come le limitate risorse economiche a disposizioni, per il modello di sviluppo che sottintende a ciascuna fonte di energia e, infine e di conseguenza, anche per ragioni culturali. Allo stato attuale, percorrere una strada significherebbe rinunciare all’altra. 

Dietro a questo panorama opera la grande industria energetica, grazie alla sua forte e concentrata lobby e alla potenza di fuoco che riesce ad avere in termini di comunicazione. Non sarà che il grande interesse per un ritorno al nucleare da parte dell’industria (elettrica e del gas) sia fondamentale per continuare a rafforzare il proprio potere di controllo sull’energia? La domanda, piuttosto retorica, mi permette di riallacciarmi ad un interessante articolo di Massimo Serafini, apparso ieri su Greenreport.it. Serafini si chiede quale sia la vera ragione di tanta ostinazione nel riproporre il ritorno al nucleare da parte del governo Berlusconi, insieme alle principali imprese energetiche del paese. 
La sua risposta è che l’atomo, come l’energia da fonti fossili, è monopolizzabile. Utilizzare il nucleare, dice Serafini “significa riconfermare un modello energetico centralizzato, che attira molti quattrini, ma soprattutto conferisce un potere immenso a chi lo dirige”. 
A contrastare questa “ostinazione”, come la chiama l’autore dell’articolo, ci sarebbe in teoria un vasto e poliedrico numero di operatori, distribuito in numerose associazioni di categoria o ambientaliste, mal organizzato e con scarso potere economico, incapace di far valere la forza e le ragioni di una molteplicità di tecnologie e di applicazioni in grado, già oggi, di realizzare un modello di produzione e distribuzione dell’energia diffuso sul territorio e certamente più democratico. 

L’aggressività con cui viene riproposto il nucleare in Italia ha avuto sull’opinione pubblica, sulla politica, sul potere economico effetti impensabili solo pochi mesi fa e ha visto allinearsi su queste posizioni gran parte dei principali giornali e televisioni di questo paese. Quasi dimenticati, se non ridicolizzati, gli obiettivi europei al 2020. 
Forse molti di questi soggetti non sono stati convinti dalle ragioni e dalle opportunità offerte delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Non hanno capito, o non hanno interesse a capire, la grande potenzialità di queste scelte. E’ allora diventa urgente rivedere strategie e linguaggi di chi si occupa di queste tematiche e articolare con maggiore energia un piano veramente alternativo al nucleare e alla generazione centralizzata. 

LB