Movimento Uomini Casalinghi - Vivere con Cura e TAV



A fianco degli abitanti, delle montagne, degli animali e delle piante della
Val di Susa
RISCOPRIAMO E FACCIAMO RIVIVERE LE ARMONIOSE
E PACIFICHE SOCIETÀ MATRISTICHE DELL'ANTICA EUROPA
A TORINO, CITTÀ SIMBOLO DELLA RINASCITA
Partecipiamo alla manifestazione Sabato 17 Dicembre 2005 a Torino, e a
tutte le iniziative per fermare
lo scempio della montagna e della valle con la TAV, volta a celebrare il
mito devastante dell'alta velocità,
del progresso a tutti i costi, del futuro senz'anima e senza vita del
"genio" patriarcale.

 La brutale aggressione del 6 Dicembre da parte delle forze di polizia
contro il presidio dei valligiani per contrastare gli inizi dei lavori di
perforazione della montagna, è l'ulteriore conferma della volontà
distruttrice del potere patriarcale che sotto l'ideologia del progresso,
della velocità - intesa come valore di per sé (ad es., vedi le corse
automobilistiche), la spettacolariz- zazione della vita, il mito delle
opere faraoniche che nascon- dono la banalità dell'essere e del moderno
male, come bulldozer "vanno avanti" a tutti i costi distruggendo la natura,
rendendo la vita sempre più caotica e in pericolo (vedi problema
dell'amian- to, dell'uranio e dello smaltimento della terra di escavo); la
militarizzazione della vita e l'impersonalità delle opere in cui sempre si
sacrificano quelli che chiamano "interessi partico- lari," per appunto lo
sviluppo della civiltà.
Personalmente invito a documentarsi su tutte le denunce portate avanti da
anni dal comitato No Tav della Val di Susa, sempre ignorato dal potere
economico politico, dai vari affaristi e anche dalla Regione e dai partiti,
tranne dalla Sinistra Radicale e dai Verdi.
Questa vicenda riporta alla luce alcune questioni di fondo, come le grandi
opere: da anni cercano di portare a compimento il ponte sullo stretto di
Messina, per esempio, e con la cosiddetta "Legge Obiettivo", Berlusconi &
Co hanno cercato di velociz- zare i passaggi per arrivare alla
realizzazione calpestando sempre più l'opinione pubblica, la democrazia e
il dissenso.
Leggendo le denunce e le proposte del comitato No Tav emerge come il
buonsenso vorrebbe che bastasse una ristrutturazione e modernizzazione
della ferrovia esistente, ma le forze cieche patriarcali proseguono su
quell'onda malefica per cui tutto ciò che è nuovo è meraviglioso e
appetibile, mentre il riciclo di ciò che è stato fatto sembra minestra
riscaldata, merce che è difficile da pubblicizzare.
Non solo, il fare un tunnel di oltre 50 chilometri ha un signi- ficato
simbolico fondamentale: penetrare la montagna, una sorta di stupro della
natura, il violarla a tutti i costi. D'altronde già Thomas Alva Edison
sosteneva che il vedere una collina o una montagna è piacevole, ma vederla
brulicare di fabbriche era eccitante e bellissimo. D'altronde con l'avvento
delle società guerriere patriarcali indoeuropee, nel corso delle invasioni
di circa 5-6000 anni fa che distrussero le pacifiche società matristiche,
la natura verrà equiparata alle donne, mentre il pensiero e la cultura agli
uomini, e il dominio sulle une e le altre o entrambe è sempre stata fonte
di profondo piacere dei maschi patriarcali, sia al potere che complici; e
quindi tutti i gesti che vanno nella direzione della sottomissione e dello
stravolgimento della femminilità e della natura "selvagge" sono le vere
politiche quotidiane del potere patriarcale.
Per esempio Vanna De Angelis documenta nei suoi bellissimi libri che invito
a leggere, "Le Streghe" e "Dalla parte delle streghe", Piemme edizioni,
come per esempio dal 600 dopo Cristo la Chiesa ingaggia una guerra contro
gli alberi, soprat- tutto i grandi alberi, rei di essere considerati sacri
e fonte di vita e di culto dal popolo "pagano", e quindi si scatenò una
caccia alla distruzione degli alberi e dei popoli pagani, culminante in
Carlo Magno, lo stesso che viene celebrato nei libri di testo, mentre
quell'olocausto di alberi e natura passa inosservato.
Nel mito della velocità ci leggo l'incapacità, la paura del maschio
"normale" patriarcalizzato che ha paura di interrogarsi, di fermarsi a
chiedersi il perché delle cose, delle scelte, l'inca- pacità di godere di
ciò che di bello ci viene regalato da Madre Natura, l'ignoranza che si ha
verso di essa, per cui fiumi e montagne diventano solo discariche e
ostacoli al movimento, cave per estrarne marmi e pietre, ecc.
D'altronde l'aver scatenato del 1300 al 1600 la caccia alle streghe,
massacrando le raccoglitrici di erbe, le "Herbarie" e anche le guaritrici,
le ostetriche e le donne che vivevano in stretto contatto con la natura, ha
fatto sì che tutto quel sapere andasse perduto e quindi la natura è
considerata solo un peso da sottomettere ai miti della civiltà artificiale
della città, e tutto ciò che sa di 'montanara' - il termine stesso è
dispregiativo - è da combattere.
Tra le altre cose ho scoperto che in Val di Susa ci sono leg- gende che
raccontano che in questa valle vivevano oltre alle fate, gli arfai, cioè le
fate-maschio, che aiutavano le donne nei lavori domestici: in particolare,
vivendo essi dentro le sorgenti, i ruscelli e i fiumi, aiutavano le donne
nell'operazione bucato, prendendo i panni e facendoli trovare puliti e
asciugati il giorno dopo.
Secondo le ricercatrici e i ricercatori le fate erano entità spi- rituali
che vivevano nella natura, considerate signore dei boschi, delle montagne e
delle acque. Vivendo a contatto con la natura si acquista una seconda vista
e un secondo orecchio - e mi viene voglia di dire tutti i secondi sensi e
altri ancora - e si può accedere al dialogo con loro (cosa che in parte
hanno fatto e fanno le artiste e gli artisti), in quanto il popolo li ha
sempre considerati degli esseri amichevoli, ma con la devastazione degli
ambienti naturali questa cultura e sensibilità sono scom- parse e
l'allontanamento da una vita naturale aggrava gli squilibri psicofisici
dell'uomo "moderno": parafrasando Simone Weil, avviene uno sradicamento
dalle proprie radici, sia naturali che matristiche.
Le crisi economiche e politiche che sempre più si aggravano dovrebbero far
riflettere che il modello "di sviluppo" quantita- tivo è finito, superato e
bisognerebbe fermarsi a riflettere sulle società e comunità che più
riescono a vivere in armonia con la natura, sul modello delle antiche
società matristiche del Neo- litico o quelle delle fate-streghe nel
Medioevo, poi perseguitate.
Per fermare l'ennesimo scempio in atto, questo della TAV per esempio e
tutti gli altri scempi in atto, in particolare la sempre più crescente
ondata di stupri e uccisioni di donne - e secondo me la violenza sessuale è
generata dalla celebrazione del mito del genio, cioè il potere della mente
che schiaccia e banalizza e sottomette i corpi femminili - occorre mettere
in gioco anche nelle manifestazioni, tipo quella del 17 Dicembre, tutti
quei saperi delle società matristiche che l'archeologa Marija Gimbu- tas
chiama "l'Europa antica" e le pratiche delle fate-streghe del 1300-1600,
pratiche incarnate dal femminismo degli ultimi trent'anni e soprattutto dal
Movimento delle Madri della Plaza de Mayo in Argentina (su queste ultime
invito a leggere l'ulti- mo libro di Daniela Padoan, "Le pazze", tascabili
Bompiani).
Invito a leggere il libro della Gimbutas "Le dee viventi", Ed. Medusa (da
cui sono tratte le due immagini qui sotto), in cui dimostra come nelle
antiche società matristiche i templi erano simili alle case, in cui i
lavori di cura e domestici erano sacri: per esempio al pian terreno c'erano
il forno per la panificazione, il laboratorio di tessitura e di ceramica,
in cui si fabbricavano statuette che potevano essere contenute in una mano,
a signifi- care la concentrazione della sacralità in un piccolo oggetto
simbolo del ciclo di nascita, vita, morte e rinascita, e il più delle volte
era una statuetta dalle sembianze femminili a incarnare tutto ciò. Un altro
simbolo potente e addirittura ostentato era la vulva, simbolo di quel
processo a spirale di nascita-vita-morte e rinascita, quindi una simbologia
dell'esistenza che procedeva a circolo, a spirale (vedi figura sotto a
sinistra) e non lineare, come invece avverrà con l'avvento delle società
patriarcali, dal- le quali nasce l'ideologia delle sorti progressive, del
futurismo, del modernismo, del superuomo razionale che scaccia il sogno,
l'immaginazione, la fiaba (relegata all'infanzia), il gioco, la fantasia e
la convivialità. Sempre da lì nasce l'incubo e l'ossessione del dominio -
come è stato ben messo in evidenza dai gruppi del femminismo: il patriarca
si eccita nel dominio, le emozioni sono date dal dominio, in tutti i campi,
e dallo stupro, sia verso le donne che verso la natura, anche quello
simbolico (per esempio il gol nelle partite di pallone è stato letto come
stupro simbolico, con tutta l'eccitazione conseguente - tanto che si dice
che il tale attaccante nel far goal ha 'violato' la porta avversariaŠ).

    

A sinistra: la vulva, fian-cheggiata da semicerchi e avvolta da spirali e
mean-dri, è il fulcro di questa statuetta in terra cotta. Le linee sulla
cintola e sulle cosce delimitano la sezio-ne del corpo che contiene questi
simboli scolpiti. L'artigiano tracciò un se-gno a "V" sui seni e appe-na
sotto un possibile segno di scrittura. Cultura Vin_a, 5000 a.C. ca.
(Slatino, Bulgaria occidentale). A destra: busti femminili sti-lizzati che
svelano un bucranio al posto dell'ute-ro e delle tube di Fallopio; 6000
a.C. circa (tempio di Çatal Hüyük, Turchia meridionale).


Credo dunque che bisognerebbe mettere in gioco tutte quelle pratiche e
quelle simbologie non tanto - o non solo - per con- trastare il clima
mortifero e devastante delle attività e filosofie patriarcali, quanto
perché chi ama la vita e la natura non può non riconoscere come siano state
le donne le prime perseguitate, e poi perché non basta vivere e cercare di
resistere, ma occorre riconoscere e ringraziare chi ci ha preceduto nel
difendere e conservare l'ambiente, la vita e il tessuto relazionali - e
l'arte e cultura conseguenti - che ci permettono di vivere una vita bella e
alta. Ecco perché sia nel vivere quotidiano che nei momenti di difesa dalle
aggressioni di qualsiasi tipo dovremmo e potremmo rimettere al centro la
sacralità del quotidiano e dei gesti di cura, la sacralità della natura -
animali, piante, minerali e fenomeni - e tutta una conoscenza di saperi,
riti di ringraziamento e propi- ziatori, tra cui il canto e la danza per
esempio, in modo di vivere veramente alla grande, perché tutto ciò alla
fine crea una rete e un clima di grande vitalità che ci dà la forza, il
coraggio e la gioia di continuare a vivere, esistere, elaborare nuove
pratiche e anche fermare e ostacolare l'opera devastatrice dei gruppi di
potere patriarcali.
Per esempio alle manifestazioni come quella del prossimo saba- to invito a
portare del pane fatto in casa e a condividerlo, fosse anche una briciola
ciascuno (la Chiesa cattolica si appropriò di questo antico rito con le
ostie da distribuire durante la comunio- ne); inoltre portare tessuti e
canestri considerando sacre le arti del tessere e dell'intrecciare, che
rimandano simbolicamente all'arte del relazionarsi; portare mazzi di fiori
ed erbe essiccate durante i mesi passati; portare e mettere al centro le
erbe e i frutti come dono di Madre Natura, che danno tanto benessere se
sono naturali, sia spontanei che da agricoltura biologica; portare
manufatti di ceramica, altra arte sacra; inoltre portare strumenti musicali
e possibilmente cantare e danzare. L'auspicio è che si formino comitati di
donne a condurre queste attività di meta- morfosi, che occorre per
trasformare quei piani di distruzione in possibilità di una vita migliore
nella Val di Susa, creati sul modello dei consigli delle anziane nelle
società matristiche, che decidevano sulle questioni più importanti e
delicate.
"Torino" significa "piccolo toro": nelle antiche società matri- stiche era
considerato un animale sacro, in quanto durante le scarnificazioni di corpi
femminili (esponevano i cadaveri allo aperto in modo che gli animali
necrofagi prima ne mangiassero le carni, per poi riporli nelle grotte o
case dei morti - spesso colorate di rosso come il sangue mestruale, simbolo
di vita un tempo sacro e in seguito demonizzato) si era notata la somi-
glianza impressionante tra l'utero e le trombe di Falloppio con il
bucranio, cioè il teschio e le corna del toro; pertanto le corna
simboleggiavano in pieno quel ciclo di nascita-vita-morte e rinascita (vedi
immagine). L'invito dunque è di portare a Torino cappelli e cappucci
raffiguranti le corna (anche la corona dei re era una trasposizione
simbolica e stilizzazione delle cornaŠ).
Il toro come simbolo nell'antica arte euro- pea è diametralmente opposto a
quello della mitologia indoeuro- pea, dove è un ani- male del Dio del Tuo-
no. Questa illustrazio- ne fornisce la chiave per comprendere per- ché il
toro sia colle- gato con la rigenera- zione: non si tratta di una testa di
toro, ma degli organi riprodut- tori femminili (ripresi da un testo medico
pubblicato da Came- ron nel 1981). La somiglianza è in effetti
sorprendente. Immagi -ne tratta dal libro di Marija Gimbutas, "Il
linguaggio della Dea", ed. Longanesi.





Vanna De Angelis, nel suo eccellente libro "Dalla parte delle streghe",
dice che nei periodi di siccità, catastrofi ambientali e guerre, le donne
facevano diverse pratiche che simboleggiavano il potere di rigenerazione:
una di queste era alzarsi le gonne e mostrare la vulva alla Terra come
potente simbolo di vita. Mi rendo conto che in questa società ses- suofoba
e allo stesso tempo percorsa dall'ossessione al sesso, una simile pratica
potrebbe essere fraintesa, ma porta comunque a riflettere sul fatto che
anche recentemente, quando il potere patriarcale agisce nel suo moto
distruttivo (vedi guerra in Iraq) donne e maschi si sono messi a
manifestare nudi: dopo aver tentato ogni pratica non-violenta, alla fine
sono arrivati ad esporre i propri corpi e la bellezza della nudità di
ciascuna/o come valore, come dono simbolo della vita donataci delle nostre
madri e di cui dovremmo andarne fieri ed essere bravi custodi, insieme
all'ambiente in cui viviamo.

Antonio - Lainate 8 Dicembre 2005

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