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CENTRALE ATOMICA SEGRETA



Una centrale atomica segreta a Pisa

la vera storia dei proiettili all'uranio impoverito e 5 centesimi che tutti
noi paghiamo (senza saperlo) per pagare, al di fuori di ogni controllo, la
politica e la strategia militare italiana subalterna agli interessi della
Casa Bianca.

Dalla Somalia all'Afghanistan all'Iraq. Le coraggiose inchieste di Marco
Mostallino, giornalista dell' "Unione Sarda" svelano retroscena clamorosi ed
inquietanti intorno alle nostre forze armate ed all'uso disinvolto della
tecnologia nucleare impiegata dai contingenti durrante le missioni di
"pace". Fino alla scoperta che lascia senza fiato: una centrale atomica
segreta a disposizione dei militari chiamata "Cisam". Alle porte della città
di Pisa. L'eccellente lavoro di Marco Mostallino supportato da una
documentazione ineccepibile e pubblicato negli ultimi giorni sul suo
giornale avrebbe provocato un terremoto negli ambienti politici e militari
di ogni paese del mondo dove fosse venuta a galla una realtà tanto esplosiva
portata alla luce da un giornalista. Cosa sta accadendo in queste ore in
Italia? Nulla. Almeno finora. (Roberto Di Nunzio - Information Guerrilla) La
Centrale Atomica Fantasma di Marco Mostallino (L'Unione Sarda) - 16 giugno
2003 A Pisa, vicino alla base che nasconde i proiettili all'uranio, c'è una
centrale nucleare sotto il controllo delle forze armate È una centrale
atomica fantasma e nessuno sa dove siano finite o finiranno le scorie che ha
prodotto prima dello spegnimento. Il suo nome compare en passant in alcuni
documenti del Governo e dell'Enea, ma non è compresa tra gli impianti per i
cui rifiuti Silvio Berlusconi ha incaricato il generale Carlo Jean di
trovare una sistemazione. Si trova a Pisa, non lontana dunque da quel
deposito toscano di munizioni nel quale - lo dimostra un documento militare
in possesso dell'Unione Sarda - vengono stoccati e lavorati i proiettili
radioattivi all'uranio sparati dalla Nato durante le guerre definite
"umanitarie". Il suo nome è Cisam (Centro interforze sviluppo applicazioni
militari) e contiene un reattore nucleare di ricerca (il "Galilei") di cui
ben poco si sa. Il rapporto sullo "Stato della radioprotezione in Italia",
compilato da tecnici dell'ente statale Enea prima che la gestione del
nucleare passasse in mano alla Sogin (del ministero del Tesoro), considera l
'impianto del Cisam tra quelli da mettere in sicurezza, considerata la
pericolosità del combustibile (plutonio) usato prima dello spegnimento e dei
rifiuti radioattivi prodotti. Ma sul "Galilei" è da tempo stata distesa una
cappa di segretezza. I militari e il nucleare. Un documento del ministero
dell'Industria datato 15 novembre 1999 (il dicastero era retto dal diessino
Pierluigi Bersani) prevede, per la scelta del deposito nazionale delle
scorie nucleari, un - testuale - «percorso partecipativo, trasparente e
consensuale per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la
realizzazione di un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi». E molto
chiaro a questo punto che questo cammino non è così trasparente come
affermato dai Governi: lo dimostra, tra le altre cose, la pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale di una ordinanza del generale Jean con l'omissione
di alcune parti relative alla sicurezza degli impianti atomici. Ne è
conferma il fatto che ministri di ogni colore abbiano sempre negato la
presenza di munizioni radioattive nelle basi italiane, mentre invece
esistono documenti che ne provano la conservazione e il trattamento. Di
scarsa trasparenza è prova anche il fatto che alla commissione di inchiesta
sull'uranio impoverito (la Commissione Mandelli) negli anni passati siano
stati chiamati a partecipare, sempre dal Governo, esperti militari che
appartengono proprio al Cisam, centrale della quale si ignora la sorte delle
scorie. Proprio il Cisam ha tra gli altri compiti quello delle analisi della
radioattività sui campioni d'acqua del porto di La Spezia, una delle dodici
basi - c'è anche Santo Stefano, in Sardegna - che secondo le fonti ufficiali
offrono ricovero ai sottomarini nucleari degli Stati Uniti. Ma nella città
ligure i risultati degli esami dei tecnici militari non sempre vengono resi
noti. L'ordinanza Berlusconi Nell'ordinanza di nomina del generale Jean a
commissario con poteri speciali per il nucleare ((7 marzo 2003 numero 3267)
il premier Silvio Berlusconi elenca gli impianti atomici che devono essere
smantellati, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico:
ma nell'atto non si parla del reattore Galilei, né del Cisam e nemmeno viene
elencata la Toscana tra le regioni in emergenza a causa della presenza di
plutonio e altre sostanze radioattive. Il significato è chiaro: le scorie
del Centro delle forze armate sono sottoposte a segreto militare oppure sono
già state condotte altrove. Senza informare le popolazioni dei territori
interessati dal passaggio dei convoglio radioattivi e dei luoghi nei quali i
rifiuti dell'era atomica sono conservati. Soldati sardi uccisi dall'uranio
italiano Le scorie trasformate in proiettili: il costo nella bolletta Enel
di Marco Mostallino Saluggia Salvatore Vacca, 24 anni, caporalmaggiore di
Nuxis, è morto nel 1999 per una leucemia fulminante che lo ha colpito al
ritorno dalla Bosnia, dove cinque anni prima erano stati sparati diecimila
proiettili radioattivi. E quando, nei primi anni '80, il bambino futuro
militare giocava con i soldatini, a Saluggia e Trino (Vercelli) le centrali
atomiche italiane producevano l'uranio che - secondo centinaia di ricerche
mediche internazionali - ha ucciso lui e altre decine di militari sardi,
italiani, francesi, olandesi. Dal 1980 al 1993 l'Enel ha mandato in
Inghilterra 51 tonnellate di combustibile atomico che la British Nuclear
Fuel (Bnfl) ha trasformato nelle micidiali armi all'uranio impoverito. Ora
queste spedizioni sono ricominciate. Il primo carico è partito il 6 aprile
da qui, da Saluggia, dove le scorie italiane sono stoccate in attesa di una
sistemazione definitiva. Il prossimo, è stato reso noto ieri dalla
prefettura di Vercelli, partirà l'8 giugno. Destinazione, ancora una volta,
la centrale atomica della Bnfl a Sellafield, dove il governo britannico ha
imposto il segreto militare sulla quantità e l'uso dei materiali radioattivi
che vengono "riprocessati". Il prezzo lo paghiamo noi: cinque centesimi di
euro su ogni kilowatt della bolletta Enel di ciascun cittadino. Cinque
centesimi per le armi nucleari accanto alle quali lavorano e si ammalano di
cancro e leucemia i nostri soldati in missione di pace nella ex Jugoslavia,
Iraq, Afghanistan e Somalia: sono i paesi dove i proiettili anticarro sono
stati adoperati e dove i loro residui, spesso invisibili, giacciono sul
terreno, nelle case, nei campi di grano e verdure. Si teme siano stati usati
anche a Quirra, dove tra la popolazione attorno al poligono si sono
registrati 14 casi di tumori sospetti. L'intera operazione, per altre 54
tonnellate altamente radioattive, costerà all'Italia - dati della Sogin, la
società statale che gestisce le scorie - 15 milioni di euro per i trasporti,
più un milione e 244 mila euro per ogni tonnellata di rifiuti nucleari dai
quali estrarre plutonio (buono per le bombe atomiche) e uranio impoverito. I
residui senza valore bellico-commerciale, radioattivi per "soli" trecento
anni, torneranno poi in Italia e potrebbero venire dirottati in Sardegna.
Per trovare tracce e prove di questo traffico - tristemente lecito e
autorizzato dai governi dal 1980 a oggi - bisogna arrivare fino a Saluggia,
paese piemontese di quattromila abitanti: si trova nella provincia di
Vercelli, il territorio che in Italia ha una delle più alte incidenze di
tumori tra la popolazione, provocati da cause mai accertate né dalla Asl né
dal ministero della Salute. "Chissà - dice il vicesindaco Carla Fontana -
forse i pesticidi dell'agricoltura, forse i diserbanti". A Saluggia però, in
un reattore spento della Fiat Avio e in un centro di ricerca dell'Enea, si
trovano 1.500 metri cubi di scorie radioattive, mentre trenta chilometri a
nord-est, a Trino, nella centrale disattivata sono conservati altri 1.020
metri cubi. L'Italia non ha né impianti né tecnologie per ridurre il rischio
legato a questi materiali. Così, nel 1980, l'Enel ha stipulato un contratto
per l'invio, il trattamento e la riconsegna all'Italia di 105 tonnellate di
combustibili per centrali atomiche. L'altro contraente è la Bnfl, società
governativa britannica che ha una consociata (dallo stesso nome) americana,
anch'essa nel business: la compagnia da oltre trent'anni riceve e trasforma
materiali contaminati italiani, giapponesi, australiani. Fino agli anni '70
si pensava che l'uranio 238 ("impoverito") fosse solo un rifiuto. Ma proprio
nell'anno del contratto con l'Enel è avvenuta la scoperta del suo potere
militare. Nel '93 la Bnfl ha ammesso ufficialmente di aver fornito la
sostanza al ministero della Difesa britannico: e il ministero riconosce di
aver utilizzato quell'uranio in tempo di guerra. Uranio italiano, pagato da
tutti noi con la bolletta.

http://www.unionesarda.it/unione/2003/16-06-03/regione/fat01/a01.html

Sabbia contaminata e frammenti dei colpi sparati in Somalia nella guerra del
'93 di Marco Mostallino «Lavoriamo a mani nude con i proiettili all'uranio».
Un documento militare dimostra che le munizioni radioattive vengono
conservate con poche precauzioni nelle basi italiane Questa è una storia di
silenzio. Silenzio sul fatto che i soldati italiani raccattano i proiettili
all'uranio impoverito sparati nei teatri di guerra. È accaduto certamente in
Somalia, può avvenire nei prossimi giorni in Iraq con i reparti "Nbc" -
significa operazioni "nucleari, batteriologiche, chimiche" - presenti nella
missione a Bassora. Raccolgono i frammenti radioattivi insieme alla sabbia
dove sono caduti, li infilano in contenitori metallici e li portano in
Italia, dove il materiale contaminato viene trattato dal personale, talvolta
senza precauzioni. E non lo fanno di loro iniziativa. Lo prova un documento
militare del 2001, del quale L'Unione Sarda è in possesso. Si tratta di una
richiesta di controlli sanitari che gli artificieri di una base in Toscana
(il nome è coperto per tutelare i soldati) rivolge ai superiori affinché sia
inoltrata «all'organo preposto, Usl o chi per loro», si legge nel foglio. I
proiettili sono della Nato: americani o inglesi oppure, secondo un'
interrogazione dei deputati leghisti Cesare Rizzi e Edouard Ballaman (che
però non portano prove), munizioni straniere usate nelle esercitazioni dalle
truppe italiane. Ecco i passaggi chiave del documento degli artificieri, con
i puntini al posto di nomi e gradi. (La sigla che compare più avanti indica,
nei codici della Nato, i colpi perforanti anticarro all'uranio: le parentesi
riportate appartengono al testo originale). «Per quanto riguarda l'uranio
impoverito il personale in specifica (M.llo ... Op. Art. Spe. ... Op. Art.
qlf. ...) hanno effettuato lavorazioni sui colpi completi da 105/51 mm
APFS/DS-T-DM33 Lotto ... (all'uranio impoverito) e su tutto il materiale
esplosivo e non esplosivo (sacchi di sabbia e materiali vari) rientrati da
missioni fuori area (zone a rischio) in container e mezzi militari per il
successivo controllo numerico e di conservazione dei suddetti per la
successiva conservazione nei locali idonei del Deposito. Si rende noto che
le lavorazioni sono state svolte sul quantitativo totale di colpi che
rientrarono dalla Somalia, l'involucro dei colpi quando giunsero al Deposito
Munizioni presentavano segni di annegamento e malformazione degli involucri
quindi era difficile stabilire quali e quanti colpi fossero in buono stato
senza una lavorazione più capillare. La lavorazione che venne effettuata era
articolata dall'apertura delle casse e dei contenitori con successiva
estrazione dei colpi, quindi con lana d'acciaio pulitura dei bossoli e dei
colpi dove si presentassero punti di ossidazione, quindi con olio di
vaselina e tela di iuta lubrificazione dei bossoli e dei colpi dopodiché
vennero reinseriti all'interno dei contenitori puliti e in ottimo stato, e
successivamente stivati. Concludendo il nostro quesito è: il personale che
ha effettuato le lavorazioni ha operato considerando i suddetti materiali
rientrati da fuori area come qualsiasi altro materiale accantonato in
deposito (senza alcuna precauzione del caso). In attesa di risposte
esaurienti e controlli preposti, si ringrazia per l'attenzione. ...
12/01/2001. IN FEDE: Il personale Artificiere». La missione "Ibis" in
Somalia iniziò nel dicembre del 1992 e si concluse nel gennaio del 2004:
undici soldati italiani vi persero la vita. Il lavoro sui colpi e la sabbia
contaminata avviene solo nel gennaio 2001: la ragione è che, sollevato da L'
Unione Sarda e Libero, il caso delle malattie e delle morti che possono
essere legate all'uranio impoverito era giunto in Parlamento il 21 dicembre
del 2000, quando il ministro della Difesa Sergio Mattarella (Ulivo, Governo
Giuliano Amato) aveva ammesso che in Bosnia erano stati sparati 10.800
proiettili radioattivi: il ministro aveva invece negato l'uso di queste
munizioni nel poligono di Teulada. In pochi giorni i soldati del 7'
Reggimento Nbc di stanza a Civitavecchia saranno in Iraq: porteranno
qualcosa in Italia? Dove verrà stoccato?