[Disarmo] I tre Jerusalem Plan di Israele



Ora che Donald Trump ha reso ufficiale quello che definisce un “fantastico contributo alla pace” spalancando le porte a un nuovo fiume di sangue e a un capitolo storicamente rilevante della guerra mondiale contro i poveri, sarà utile provare a capire cosa intendono fare della “loro” capitale gli strateghi israeliani della pianificazione urbana nella Città Santa. Una lettura illuminante delle prospettive, dalla cancellazione di ingombranti “residui” storici allo sviluppo di nuove politiche di segregazione dello spazio, viene da un’analisi della ricercatrice Nur Arafeh. È stata pubblicata nel giugno dello scorso anno su Al Shabaka, tradotta e riproposta ora dalla redazione di Nena News, a nostro avviso sempre la fonte migliore per comprendere la portata inaudita dell’incendio che Trump e Netanyahu hanno scelto di appiccare in questa fine d’anno

di Nur Arafeh  -  Policy Fellow of Al-Shabaka: The Palestinian Policy Network.

È l’anno 2050 e Israele ha realizzato la sua visione di Gerusalemme: i visitatori vedranno un centro high-tech a maggioranza ebraica in mezzo ad un mare di turisti, con una presenza minima di palestinesi. Per ottenere questa visione, Israele sta lavorando a tre master plan: uno è noto, ma due restano fuori dai radar.

Edward Said aveva già avvertito nel 1995 che “solo progettando prima un’idea di Gerusalemme Israele potrà procedere a cambiamenti sul terreno che corrisponderanno a queste immagini e proiezioni”. L’idea israeliana di Gerusalemme, così come elaborata nei suoi master plan, prevedono la massimizzazione del numero di ebrei e la riduzione di quello di palestinesi attraverso un graduale processo di colonizzazione, sfollamento e spossessamento.

Il più noto dei tre master plan israeliani per la città è il Jerusalem 2020, che non è stato ancora depositato per la pubblica visione sebbene sia stato pubblicato già nel 2004. I meno noti sono il Marom Plan, il piano di una commissione parlamentare per lo sviluppo di Gerusalemme, e il Jerusalem 5800 Plan, meglio conosciuto come Jerusalem 2050, prodotto di un’iniziativa del settore privato e presentata come “master plan di trasformazione di Gerusalemme”.

Come il piano israeliano per il 2050, anche l’’idea di Gerusalemme dell’Autorità Palestinese risale al 2010 quando lo Strategic Multi-Sector Development Plan for East Jerusalem (SMDP) 2011-2013 è stato pubblicato. E l’attuale piano di sviluppo nazionale dell’Anp per il 2014-2016 fa semplicemente riferimento a quello del 2010. Inoltre, mentre la leadership palestinese parla di Gerusalemme Est, che Israele ha occupato e illegalmente annesso nel 1967, come capitale dello Stato di Palestina e zona di sviluppo prioritario, soltanto lo 0.44% del budget 2015 dell’Anp è stato allocato al Ministero degli Affari di Gerusalemme e al Governatorato di Gerusalemme.

In questo studio la ricercatrice di al-Shabaka Nur Arafeh analizza i tre master plan israeliani per Gerusalemme, spiegando l’obiettivo di modellare la città in un centro turistico e high-tech e le vie intraprese, usando la pianificazione urbana per modificare la demografia cittadina. Arafeh accende i riflettori sulle ultime e pericolose leggi che Israele ha riattivato o emanato per portare avanti la colonizzazione della città – la legge della proprietà degli assenti e la “legge della terza generazione”. Analizza anche il ruolo dell’Anp e della comunità internazionale così come delle organizzazioni della società civile e identifica le misure che possono essere assunte da chi è preoccupato dal destino di Gerusalemme.

Prima di analizzare i modi con cui i tre piani si rafforzano a vicenda, si deve notare che l’annessione israeliana di Gerusalemme Est è illegale secondo il diritto internazionale e non è riconosciuta dalla comunità internazionale. Inoltre, la dichiarazione di Israele per cui Gerusalemme, sia Ovest che Est, è la sua capitale non ha basi legali internazionali tanto che non ci sono ambasciate straniere a Gerusalemme, nemmeno quella degli Stati Uniti.

I tre master plan

    Il Jerusalem 2020 Master Plan è stato preparato da una commissione nazionale di pianificazione e pubblicato la prima volta nell’agosto 2004. È il primo piano spaziale comprensivo e dettagliato sia per Gerusalemme Ovest che Est dall’occupazione israeliana di Gerusalemme Est del 1967. Sebbene il piano non sia stato ancora validato perché non è stato depositato per la pubblica visione, le autorità israeliane lo stanno implementando. Il piano comprende lo sviluppo di diverse aree comprese pianificazione urbana, archeologia, turismo, economia, educazione, trasporti, ambiente, cultura e arte. Il piano è disponibile online in ebraico e arabo nel sito della Civic Coalition Defending the Palestinians’ Rights in Jerusalem     Il Marom Plan è un prodotto di una commissione governativa per lo sviluppo di Gerusalemme che sarà implementato dalla Jerusalem Development Authority. L’obiettivo dell’ente è promuovere Gerusalemme come “città internazionale, leader nel commercio e nella qualità della vita nel settore pubblico”. Si tratta di uno dei principali enti di pianificazione del Comune di Gerusalemme, della Land Administration e di altre organizzazioni nel campo dell’edilizia e dell’occupazione. Il Jerusalem Institute of Israeli Studies sta conducendo consultazioni, ricerche e monitoraggio del Marom Plan. L’istituto è un centro di ricerca multidisciplinare che gioca un ruolo guida nelle politiche di pianificazione e sviluppo per Gerusalemme nei settori di pianificazione urbana, demografia, infrastrutture, educazione, edilizia, industria, mercato del lavoro, turismo, cultura ecc.     Il Jerusalem 5800 Master Plan, noto anche come Jerusalem 2050, è un’iniziativa privata fondata da Kevin Bermeister, innovatore tecnologico australiano e investitore immobiliare. Il piano fornisce visioni e proposte di progetto per Gerusalemme fino all’anno 2050, fungendo da “master plan di trasformazione di Gerusalemme” che può essere implementato insieme con enti comunali e nazionali. È diviso in vari progetti indipendenti, ognuno dei quali realizzabile in autonomia. Il team di implementazione del piano include “i migliori pianificatori israeliani nel turismo, i trasporti, l’ambiente, il patrimonio e la sicurezza”.

Una meta ebraica per turismo, educazione superiore e high-tech

Lo sviluppo del settore turistico a Gerusalemme è al centro dei tre piani esaminati in questa ricerca. Ad esempio, secondo il piano 2020, il Comune di Gerusalemme punta a promuovere il turismo e in particolare gli aspetti culturali di Gerusalemme. Pianifica una campagna di marketing per aumentare il potenziale dello sviluppo immobiliare, sostenere il turismo locale e internazionale e investire nelle infrastrutture turistiche per garantire lo sviluppo del settore.

Il piano Marom inoltre punta a sviluppare Gerusalemme come città turistica. Solo nel 2014, il Jerusalem Institute of Israeli Studies ha condotto 14 delle sue 18 ricerche di quell’anno nel settore turistico e le ha sottoposte al Comune di Gerusalemme, al Ministero di Gerusalemme e a quello degli Affari della Diaspora e all’Autorità di Sviluppo di Gerusalemme. Inoltre, come parte del Marom Plan, il governo israeliano ha stanziato 42 milioni di dollari per sostenere Gerusalemme come meta turistica internazionale, mentre il Ministero del Turismo dovrebbe allocare circa 21.5 milioni di dollari per la costruzione di hotel.L’Autorità ha anche offerto specifici incentivi agli imprenditori e le compagnie che costruiscono o ampliano alberghi a Gerusalemme e organizzano eventi culturali per attirare visitatori, come il Jerusalem Opera Festival, o eventi per l’industria del turismo, come il Jerusalem Convention for International Tourism.

Promuovere il settore turistico è anche alla base del Jerusalem 5800 Master Plan che immagina Gerusalemme come “città globale, importante centro turistico, ecologico, spirituale e culturale mondiale” che attira 12 milioni di turisti (10 milioni stranieri e 2 locali) e oltre 4 milioni di residenti. Per rendere Gerusalemme “l’attrazione turistica del Medio Oriente”, il piano punta a aumentare gli investimenti privati e la costruzione di hotel, la costruzione di giardini-terrazza e parchi e la trasformazione di aree che circondano la Città Vecchia in alberghi, vietando la circolazione delle auto. Il piano prevede poi la costruzione di un sistema di trasporti di alta qualità compresa una linea ferroviaria di alta velocità e una rete estesa di autobus; l’aggiunta di altre superstrade e l’espansione di quelle esistenti; e la costruzione di una “super autostrada” che attraversi il paese da nord a sud.

Infine il piano propone la costruzione di un aeroporto nella valle di Horkania, tra Gerusalemme e il Mar Morto, per servire 35 milioni di passeggeri all’anno. L’aeroporto sarà collegato con strade e ferrovie a Gerusalemme, all’aeroporto Ben Gurion e altre città.

Il Jerusalem 5800 tenta di presentarsi come piano apocalittico che promuove “la pace attraverso la prosperità economica”, ma ha obiettivi demografici che dimostrano il contrario. Infatti prevede che i 120 miliardi di dollari di valore aggiunto dall’implementazione del piano, insieme a 75-85mila impieghi a tempo pieno negli alberghi e i 300mila nelle industrie dell’indotto, attireranno più ebrei a Gerusalemme, aumentandone il numero e facendo pendere la bilancia demografica ebrei-palestinesi a favore dei primi.

Tuttavia il settore turistico non è visto solo come motore di sviluppo economico per attrarre ebrei incittà. Lo sviluppo e il dominio israeliano del turismo è un mezzo di controllare la narrativa e garantire la proiezione di Gerusalemme all’esterno come “città ebraica” (vedi la mappa ufficiale della Città Vecchia del Ministero del Turismo). Israele ha irrigidito le misure per chi lavora come guida turistica e la narrativa e la storia che vengono raccontate ai visitatori. Le guide palestinesi che non narrano quella israeliana e che tentano di dare un’analisi alternativa e critica della situazione possono perdere la licenza.

Questi piani per promuovere l’industria del turismo israeliana va di pari passo con le restrizioni imposte da Israele allo sviluppo della stessa industria palestinese a Gerusalemme Est. Tra gli ostacoli posti: l’isolamento di Gerusalemme Est dal resto dei Territori Palestinesi Occupati, specialmente dopo la costruzione del Muro; la perdita di terre e i costi conseguenti; le deboli infrastrutture; le alte tasse; le restrizioni nel rilascio dei permessi per la costruzione di hotel o la conversione di edifici in alberghi; e le difficili procedure per ottenere licenze per gli uomini d’affari palestinesi. Questi ostacoli, insieme ai milioni di dollari che vengono versati nel mercato turistico israeliano, fa sì che l’industria turistica palestinese non abbia speranza di competervi.

Il settore turistico palestinese è inoltre rallentato dalla mancanza di una chiara visione e di una strategia promozionale palestinese, che impedisce gravemente la sua capacità di rafforzare il limitato sviluppo economico possibile sotto occupazione. Infine, sebbene le organizzazioni della società civile siano impegnate nel promuovere il settore, i loro sforzi sono descritti come “frammentati e coordinati male” in un’analisi di This Week in Palestine.

Un altro obiettivo comune dei tre piani è attirare ebrei da tutto il mondo a Gerusalemme attraverso lo sviluppo di due industrie avanzate: l’educazione superiore e l’high-tech. Per promuovere l’industria dell’educazione superiore, il 2020 Master Plan punta alla costruzione di un’università internazionale nel centro città con l’inglese come principale lingua. Il Marom Plan vuole fare di Gerusalemme “una città accademica di riferimento” che attragga sia studenti ebrei che stranieri, che siano incoraggiati a fermarsi a Gerusalemme una volta terminati gli studi. Sulla stessa linea, il Jerusalem 5800 Plan vede come un’opportunità la creazione di impieghi e di crescita economica attraverso “il turismo educativo di lunga residenza”.

Lo sviluppo di questa industria è intrinsecamente collegato allo sviluppo delle industrie di high-tech, bio-informazione e biotecnologie. Il 2020 Master Plan fa appello per la creazione di un’università per la gestione e la tecnologia nel centro di Gerusalemme e per l’assistenza governativa nella Ricerca e lo Sviluppo (R&D) nei campi dell’alta tecnologia e della biotecnologia. Allo stesso modo il Marom Plan punta a promuovere Gerusalemme come centro R&D nella biotecnologia.

È all’interno di questo contesto che l’Autorità per lo Sviluppo di Gerusalemme ha fondato il BioJerusalem Center per promuovere i gruppi di compagnie biomediche di Gerusalemme come potenziale motore di sviluppo economico. Per attrarre queste compagnie in città, l’Autorità offre generosi benefici: sospensione delle tasse, sussidi per l’assunzione di nuovi dipendenti e concessioni alle compagnie coinvolte in R&D o nella costruzione di infrastrutture fisiche. Anche le industrie di high-tech e salute saranno beneficiarie del piano Jerusalem 5800.

Sradicare i palestinesi usando la pianificazione urbana

Mentre Israele lavora nel trasformare Gerusalemme in un centro d’affari che attira ebrei e offre loro opportunità di lavoro, i problemi di Gerusalemme Est sono infiniti. Tra questi lo schiacciamento del business palestinese e del settore commerciale, la debolezza del settore educativo e delle infrastrutture. Il risultato del soffocamento del potenziale di Gerusalemme Est può essere visto nell’alto tasso di povertà, con il 75% dei palestinesi di Gerusalemme Est – e l’84% dei bambini – che vivono sotto la soglia di povertà. Inoltre, c’è una crescente crisi identitaria a Gerusalemme Est, in particolare tra i giovani a causa dell’isolamento dal resto dei Territori Occupati, del vacuum istituzionale e di leadership e la perdita di speranza nella possibilità di un cambiamento positivo.

Il Muro è una delle principali misure demografiche che Israele ha preso per garantirsi una maggioranza ebraica a Gerusalemme e per rafforzare i confini politici de facto della città, trasformandola nella più grande in Israele. Il Muro è costruito in modo da permettere a Israele di annettere altri 160 km² di Territori e allo stesso tempo di separare fisicamente oltre 55mila gerusalemiti dalla città. Pianificazione e sviluppo nei quartieri che ora sono al di là del Muro sono estremamenti poveri e i servizi governativi e comunali sono virtualmente assenti, nonostante i palestinesi che vivono in queste aree continuino a pagare la tassa di proprietà, l’Arnona.

La pianificazione urbana è un altro dei principali mezzi geopolitici e strategici usati da Israele dal 1967 per stringere la morsa su Gerusalemme e ridurre l’espansione urbana dei palestinesi come parte del suo sforzo di giudaizzare la città. Per questo è il cuore del 2020 Master Plan, che vede Gerusalemme come unità urbana unica, centro metropolitano e capitale di Israele. Uno degli obiettivi principali del piano è “mantenere una solida maggioranza ebraica in città” incoraggiando colonie ebraiche a Gerusalemme Est e riducendo la migrazione negativa. Tra le altre cose, il piano mira a costruire unità abitative economiche in quartieri ebraici già esistenti e in quartieri nuovi. Inoltre immagina il collegamento delle colonie israeliane in Cisgiordania geograficamente, economicamente e socialmente a Gerusalemme e Tel Aviv.

Il piano del 2020 riconosce la crisi abitativa sofferta dai palestinesi, le infrastrutture inadeguate nei quartieri palestinesi e la carenza di servizi pubblici forniti. Per questo prevede l’addensamento di villaggi e quartieri urbani esistenti, la ristrutturazione del campo profughi di Shuafat, che cade dentro i confini municipali definiti da Israele, e l’implementazione di progetti infrastrutturali.

Tuttavia, sebbene in superficie sembri che il piano dia uguale attenzione alle aree palestinesi, è in effetti discriminatorio. Non tiene in considerazione il tasso di crescita palestinese a Gerusalemme Est e la scarsità di case accumulate. Riconosce solo 2.300 dunam (2.3 km²) per la costruzione palestinese contro i 9.500 per ebrei israeliani. Inoltre la maggior parte delle unità abitative proposte per i palestinesi si trovano nelle zone nord e sud di Gerusalemme, invece che nella Città Vecchia, dove la crisi abitativa è più acuta e l’attività coloniale più intensa.

Inoltre il 62.4% dell’aumento nelle costruzioni ebree israeliane si realizzerà attraverso l’espansione e la creazione di colonie, quindi incrementando il controllo territoriale. Al contrario, oltre la metà, il 55.7%, di nuove case per i palestinesi si realizzerà attraverso l’accumulo in aree già urbanizzate, attraverso un’espansione verticale. Mentre i palestinesi tendono ad avere un’alta densità abitativa e costruiscono ad una densità minore della media, gli ebrei israeliani hanno una densità minore ma costruiscono a densità maggiori della media.

Inoltre, le proposte del piano per affrontare la crisi abitativa a Gerusalemme Est rimarranno molto probabilmente inchiostro sulla carta a causa delle barriere alla loro implementazione. Infatti numerose precondizioni devono essere realizzare prima che le autorità israeliane rilascino i permessi di costruzione, compresi un adeguato sistema stradale (i permessi per edifici di sei piani dipendono da una distanza di accesso alle strade di almeno 12 metri); spazi di parcheggio; reti fognarie; edifici pubblici e istituzioni. I palestinesi non hanno il controllo di questi requisiti che sono responsabilità del Comune. Non c’è bisogno di spiegare come questo renda estremamente difficile per i palestinesi costruire nuove case. Il piano inoltre non tiene conto della mancanza di aule scolastiche, strutture mediche, aree commerciali e altre istituzioni pubbliche necessarie a gestire la domanda della crescente popolazione palestinese.

La presenza palestinese a Gerusalemme e lo sviluppo dei quartieri palestinesi sono estremamente limitate dall’impegno del piano a “portare avanti con severità le leggi di pianificazione e costruzione per impedire il fenomeno delle costruzioni illegali”. Tuttavia, solo il 7% dei permessi di costruzione a Gerusalemme sono stati rilasciati a dei palestinesi negli ultimi anni. La discriminazione di Israele nel rilasciarli, combinata all’alto costo dei permessi (circa 30mila dollari, secondo le informazioni raccolte dall’autrice), costringe molti palestinesi a costruire illegalmente.

I palestinesi sono discriminati anche quando si tratta di mettere in pratica questi regolamenti. Secondo un rapporto dell’International Peace and Cooperation Center, il 78.4% delle violazioni tra il 2004 e il 2008 sono state commesse a Gerusalemme Ovest, contro le 21.5% di Gerusalemme Est. Eppure solo il 27% delle violazioni a Gerusalemme Ovest sono state oggetto di ordini di demolizioni, contro l’84% a Gerusalemme Est.

Inoltre, insieme all’impatto emozionale e all’instabilità causata della demolizione delle proprie case, alla perdita di investimenti e di beni personali, i palestinesi devono pagare multe “per costruzione illegale” al Comune israeliano per coprire i costi della distruzione degli edifici, un’ingente entrata nelle case comunali. L’Ocha (agenzia Onu) stima che tra il 2001 e il 2006 il Comune ha raccolto annualmente 25.5 milioni di shekel (circa 6.5 milioni di dollari) per costruzioni illegali.

Il 2020 Master Plan è un piano politico che usa la pianificazione urbana come mezzo per garantire il controllo demografico e territoriale ebraico sulla città. Il piano sostiene “la segregazione spaziale dei vari gruppi di popolazione nella città” e la considera come “un reale vantaggio”. Punta a dividere Gerusalemme in diversi distretti di pianificazione basati sull’affiliazione etnica in cui nessuna area metta insieme palestinesi e ebrei israeliani.

È importante notare che le istituzioni statali non sono le uniche coinvolte nella giudaizzazione di Gerusalemme. Organizzazioni non governative e organizzazioni religiose prendono parte alla ristrutturazione dello spazio urbano. L’organizzazione di destra Elad, ad esempio, ha come obiettivo principale la colonizzazione ebraica del quartiere palestinese di Silwan e gestisce siti turistici e archeologici: in particolare a Silwan – quello che chiamano “La Città di David” – Elad tenta di fare di Gerusalemme una città ebraica in cui la storia e il patrimonio ebraico sia predominante attraverso lo sradicamento della presenza fisica dei palestinesi e della loro storia. Elad impiegava 97 lavoratori a tempo pieno nel 2014 e, secondo Haaretz, ha ricevuto donazioni per oltre 115 milioni di dollari tra il 2006 e il 2013, diventando così una delle più ricche Ong israeliane. Un’altra organizzazione coinvolta nel cambiamento della composizione demografica di Gerusalemme è Ateret Cohaim, che punta a creare una maggioranza ebraica nella Città Vecchia e nei quartieri palestinesi di Gerusalemme Est.

Israele usa anche la legge come tattica di sradicamento dei palestinesi e di appropriazione delle loro terre per garantirsi sovranità e controllo su Gerusalemme. Il 15 marzo 2015 la Corte Suprema israeliana ha attivato la legge della Proprietà degli Assenti. Questa legge è stata emessa nel 1950 con l’obiettivo di confiscare le proprietà dei palestinesi che sono stati espulsi durante la Nakba del 1948. È stata utilizzato come “base legale” per trasferire le proprietà dei palestinesi rifugiati nelle mani del neonato Stato di Israele. Dopo il 1967 Israele ha applicato la legge a Gerusalemme Est, permettendo così l’appropriazione delle proprietà dei gerusalemiti la cui residenza era stata individuata fuori dalla Palestina. È stata poi riattivata nel 2015 garantendo a Israele la confisca delle proprietà di palestinesi di Gerusalemme Est che oggi vivono in Cisgiordania, considerandola “proprietà di assenti”.

Mentre i palestinesi non possono reclamare le proprietà perse nel 1948 e nel 1967 in quella che oggi è Gerusalemme Ovest, la Corte Suprema ha emesso una sentenza a favore dei coloni israeliani che hanno ottenuto le case che l’Unwra (agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) aveva distribuito ai palestinesi fuggiti da Gerusalemme Ovest e da Israele nel 1948. In altre parole, la Corte Suprema compie una discriminazione nel momento in cui applica questa legge agli ebrei che rivogliono indietro le proprietà che possedevano prima del 1948, ma non ai palestinesi.

Un’altra legge controversa e pericolosa è la legge della Terza Generazione che prende di mira le proprietà affittate prima del 1968 e che in teoria sono protette per legge. Secondo la nuova normativa, il periodo di protezione termina con la morte della terza generazione di affittuari palestinesi facendo tornare l’uso al proprietario originario, per lo più ebrei che le possedevano prima del 1948. Secondo Khalil Tufakji, oltre 300 palestinesi rischiano di essere sfrattati dalle proprie case. Solo a Silwan 80 ordini della corte minacciano di sfratto centinaia di persone.

Salvare Gerusalemme

Dal 2001 Israele ha chiuso almeno 31 istituzioni palestinesi, tra cui l’Orient House, l’ex quartier generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, e la Camera di Commercio e dell’Industria. Al governatorato di Gerusalemme e al Ministero degli Affari di Gerusalemme è vietato lavorare a Gerusalemme e sono costretti ad operare in un edificio ad al-Ram, che cade nel nordest di Gerusalemme ma è fuori dai confini municipali imposti da Israele.

A causa del vacuum istituzionale e di leadership che Israele ha creato a Gerusalemme Est, è una sfida trovare modi per controbattere alla colonizzazione della città e allo spossesso della popolazione palestinese. Nel corso della presente ricerca ho avuto l’opportunità di parlare con i rappresentanti di diverse organizzazioni, enti ufficiali e gruppi di comunità. Sono tutti concordi nel dire che tra i passi più urgenti da fare c’è la creazione di comitati popolari in ogni quartiere di Gerusalemme Est. Tali comitati potrebbero sensibilizzare i residenti sui propri diritti e sui piani israeliani per il futuro, incoraggiare le attività di volontariato, monitorare e impedire ai palestinesi di vendere le proprie terre a ebrei israeliani, rappresentare il quartiere nei forum nazionali e cooperare per rafforzare la lotta per difendere la terra palestinese.

Infatti, una volta che questi comitati saranno creati in tutti i quartieri, potrebbero realizzare quello che le organizzazioni di Gerusalemme ritengono più urgente: un corpo rappresentativo di Gerusalemme a livello nazionale, un ente inclusivo che includa il governatorato di Gerusalemme, i rappresentanti della società civile e il settore privato.Un ente che possa lavorare come canale tra i palestinesi di Gerusalemme Est e l’Anp e il resto del mondo. Lavorerebbe su tre fronti:

1. Olp/Anp. Un ente rappresentativo per Gerusalemme potrebbe fare lobby sull’Olp e l’Anp per portare Gerusalemme in prima linea nell’impegno del governo palestinese e garantire che riceva denaro e l’altro sostegno di cui ha bisogno per controbattere alle politiche israeliane;

2. La comunità araba e internazionale. In questa sfera un ente per Gerusalemme dovrebbe essere il leader nelle attività di advocacy e lobby a livello regionale e internazionale, in coordinamento con i palestinesi della diaspora. Ad esempio, la Giordania dovrebbe fare pressioni come Custode dei luoghi sacri a Gerusalemme per aiutare a mantenere un ambiente sicuro per i palestinesi di Gerusalemme Est. Altri paesi arabi, in particolare Marocco e Arabia Saudita, viste le loro relazioni speciali con Gerusalemme, dovrebbero mobilitarsi allo stesso modo. Altri sforzi andranno fatti per raggiungere i paesi che hanno già mostrato solidarietà ai palestinesi, come la Svezia, i paesi latino-americani e i Brics, così che usino i loro uffici direttamente e in collaborazione con altri Stati per rendere Israele responsabile per l’annessione illegale e la colonizzazione di Gerusalemme Est. Il fatto che Gerusalemme Est sia parte occupata della Cisgiordania è un punto spesso dimenticato dal discorso ufficiale e andrebbe enfatizzato.

Questi paesi dovrebbero inoltre lavorare con l’Olp/Stato di Palestina a tutti i livelli Onu, compresi il Consiglio di Sicurezza, l’Assemblea Generale, il Consiglio per i diritti umani e le agenzie specilazziate per esporre le politiche israeliane per Gerusalemme e chiedere agli Stati membri di rispettare i propri obblighi in merito. In particolare gli Stati membri dovrebbero attivare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 478 del 1980 che dichiara “tutte le misure legislative e le azioni prese da Israele, potere occupante, che si propongono di alterare il carattere e lo status della città santa di Gerusalemme, sono nulle e devono essere fermate subito”.

L’Unione Europea ha l’obbligo di garantire il rispetto del principio di non-riconoscimento della sovranità israeliana su Gerusalemme Est. La Ue dovrebbe trasferire la sua retorica in misure concrete che interrompano le attività dirette e indirette economiche, finanziarie, bancarie, di investimento, accademiche e di business nelle colonie israeliane a Gerusalemme Est e nel resto dei Territori Occupati.

L’Organizzazione della Cooperazione Islamica potrebbe giocare un ruolo maggiore nel salvaguardare i diritti dei palestinesi a Gerusalemme Est, fornendo supporto diretto e facendo lobby su Ue e Onu perché prendano misure per fermare le violazioni israeliane. Tali misure dovrebbero includere la creazione di un registro Onu e/o Ue delle violazioni dei diritti umani e dei danni provocati ai palestinesi come risultato delle politiche di giudaizzazione israeliane e dell’espansione coloniale nei Territori.

È vitale inoltre creare un ente di finanziamento o una banca di sviluppo per superare la mancanza di fondi, una delle principali problematiche delle istituzioni palestinesi a Gerusalemme Est. Una simile banca potrebbe avere diverse funzioni: fornire credito visto che la maggior parte dei mutui sono accessibili solo ad alti tassi di interesse; aiutare a finanziare lo sviluppo del settore abitativo;  fornire incentivi per incoraggiare gli investimenti e ravvivare il settore commerciale. Il settore privato palestinese e le banche palestinesi dentro e fuori la Palestina dovrebbero assumersi le proprie responsabilità ed essere parte di una banca di sviluppo.

3. Le comunità palestinesi in patria e nella diaspora. Queste comunità dovrebbe aiutare a sviluppure una chiara visione e una strategia operativa per Gerusalemme. Le misure pratiche dovrebbero essere identificate per contrastare le politiche israeliane; rafforzare la capacità produttiva dell’economia palestinese di Gerusalemme Est e i suoi legami con l’economia della Cisgiordania e del mondo arabo; promuovere il settore turistico nei limiti dello sviluppo economico possibile sotto occupazione; riattivare lo status culturale ed economico della Città Vecchia; incrementare i settori educativo e sanitario; e lavorare alla reintegrazione dei palestinesi di Gerusalemme Est con il resto dei Territori Occupati.

Gli enti legali esistenti che offrono assistenza legale ai palestinesi di Gerusalemme Est – ad esempio nella revoca delle residenze, nei ricongiungimenti familiari, nella riappropriazione delle terre, nella demolizione delle case – dovrebbero coordinare i propri sforzi.

La società civile, in particolare il Bds (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni), ha un ruolo vitale nel colpire i piani israeliani per il turismo e l’high-tech a Gerusalemme, attraverso campagne di boicottaggio delle istituzioni accademiche e culturali israeliani e il giro d’affari coinvolto nella giudaizzazione di Gerusalemme.

Lo sviluppo di una strategia mediatica coordinata è estremamente urgente per sollevare la voce palestinese nella sfida al potere della narrativa israeliana e la rappresentazione de-storicizzata di Gerusalemme. Accademici e analisti politici hanno allo stesso modo un ruolo: c’è bisogno di ricerche sullo sviluppo socio-economico di Gerusalemme Est così come dei master plan israeliani, visti pochi think tank che lavorano in città. Future ricerche dovrebbero anche andare oltre la diagnosi dei problemi per individuare soluzioni creative, usando un approccio attivo piuttosto che uno di mera reazione. Il gap tra accademici e legislatori deve essere superato per unire che tutti gli sforzi verso l’obiettivo dell’auto-determinazione, la dignità, la libertà e la giustizia.

Traduzione a cura della redazione di Nena News


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