[Disarmo] Fwd: R: Mettere al bando in tutto il mondo le armi nucleari ora è possibile



 Il Trattato di Non Proliferazione (TNP) fu sottoscritto il 1 luglio 1968 ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. Il TNP proibisce agli stati firmatari che non disponessero di armamenti nucleari ("stati non-nucleari"), di ricevere o fabbricare tali armamenti o di procurarsi tecnologie e materiale utilizzabile per la costruzione di armamenti nucleari. Inoltre il trattato proibisce agli "stati nucleari" firmatari di cedere a stati non-nucleari, armi nucleari e tecnologie o materiali utili alla costruzione di queste armi.

Questo trattato somiglia a quegli articoli della costituzione che non si vogliono applicare,e tentano di sbarazzarsene chiamandole riforme.Non credo proprio che i Disarmisti Esigenti e come ci rivela Alfonso Navarra,i Cubani(?)possano decidere loro che il trattano sia superato;certo che ne e passato di tempo da quando finalmente lo si e sottoscritto,arrivando alla conclusione che non ci sarebbero stati vincitori,adesso al Pentagono siedono dei dementi che tra scudi missilistici e guerre stellari pensano impedendo la risposta che la guerra si possa fare e vincere:Rossana come mai una lista dedicata al disarmo non ricordi mai che i paesi come l'Italia,Germania,Spagna,Turchia,Portogallo ecc.non nucleari,hanno"l'obbligo"in quanto firmatari di rispedire al mittente gli ordigni presenti"illegalmente"nel loro territorio?,con sopra scritto bello grossoSCUSATE IL RITARDO:persino io che non sono uno specialista capisco che"adempiere a questo obbligo"costituirebbe un contributo importante forse decisivo per togliere ai dementi questa superiotità strategica di accerchiamento della Cina e della Russia.

Pace e bene a tutti.






---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: rossana123 <rossana123 at fastwebnet.it>
Date: 15 luglio 2017 18:45
Oggetto: Re: [Disarmo] R: Mettere al bando in tutto il mondo le armi nucleari ora è possibile
A: disarmo at peacelink.it


Quel "Buono perché ha impedito la proliferazione. Insufficiente perche’ non e’ andato molto avanti sulla strada del disarmo" è terrificante. In realtà lo sviluppo tecnologico ha surclassato il Tnp. Sicchè sono d'accordo con voi.


Il 15/07/2017 18:26, alfonsonavarra at virgilio.it ha scritto:
da parte di Alfonso Navarra (ancora negli USA)

Vignarca, non mi sorprende affatto, e’ - come da logica di 
ammanicamento e di settori riservati a interlocutori fissi - stato 
ospitato sul Manifesto. 
Bene, si potrebbe dire. I pacifisti hanno avuto spazio, nel 
“quotidiano comunista”, sulla Conferenza di New York.
Il problema e’ che siamo alla solita fiera del luogo comune del 
pacifista “specialista” (che tra l’altro si arroga il diritto di 
rappresentarci tutti).
La sua posizione sul TNP e’ chiara: buono ma insufficiente. E 
centrale. Da conservare.
Buono perché’ ha impedito la proliferazione.
Insufficiente perche’ non e’ andato molto avanti sulla strada del 
disarmo.
Per cui - citazione testuale - “il TNP non puo’ essere indebolito pena 
la proliferazione”.
Da conservare quale pilastro anche del disarmo, cui il Trattato del 7 
luglio si pone come complemento.

Questa non e’ una strategia che, come Disarmisti esigenti, settori più 
consapevoli di ICAN, ed avanguardie degli Stati non nucleari (Latino 
America in primis) intendiamo perseguire a livello internazionale.
Non e’ la strategia del Trattato per la proibizione come generale, 
come codice, e del TNP come particolare da inglobare.
Non e’ la strategia che ci portera’ a “battere i pugni” nel 2018 
(Conferenza di alto livello dell’ONU) e soprattutto alla conferenza di 
revisione del TNP 2020. 
Non e’ la strategia che guarda al collegamento con il diritto 
ambientale e con Bonn. 
Ne’ ci permette una vera unita’ tattica - io credo - nella stessa 
campagna per l’uscita dell’Italia dalla condivisione nucleare NATO.

Ovviamente Vignarca con la RID (e chi intende seguirlo) e’ liberissimo 
di andare avanti su questa strada senza sbocchi della centralità del 
TNP da conservare (e non da inglobare attuando, sostanzialmente, SOLO l’
art. VI).
I Disarmisti esigenti sono nati in Italia con contenuti e valori 
nuovi, ESPLICITAMENTE NONVIOLENTI (rispetto al pacifismo specialistico 
di derivazione culturale anglosassone), nonche’ ben consapevoli che il 
risultato del 7 luglio e’ frutto di una vera e propria “rivolta” (anche 
se tatticamente ben giocata) degli Stati non nucleari, che hanno deciso 
di partire senza aspettare i non interessati (e gli interessati al 
disordine nucleare vigente), di compiere il primo passo “unilaterale”.
Di una “discontinuita’”, si direbbe nell’orrendo politichese italiano, 
in cui Vignarca sguazza a piene mani, bravissimo a raccogliere 
mediaticamente gran parte dei frutti del lavoro altrui.
Anche noi pero’ siamo liberi di proseguire per la nostra strada. E 
siamo eticamente obbligati a farlo.
Bisognerà trovare ovviamente dei punti di incontro con la RID, cosi’ 
come del resto e’ avvenuto con quei NO GUERRA NO NATO, influenzati dal 
“putinismo di sinistra”.
Ma avendo ben chiaro che siamo altra cosa.
Noi non intendiamo spacciare, alla Vignarca, al netto delle 
inevitabili contraddizioni, la rivoluzione disarmista in atto (e 
vitalmente necessaria) come una tranquilla riforma “renziana”, che 
potrà andare avanti senza sconvolgimenti, senza ribaltare l’ordine 
politico, culturale e giuridico esistente.
La soluzione “radicale” (nel senso di andare alla radice del problema) 
e’ inevitabile. L’alternativa del ritorno all’eta’ della pietra, che ci 
ricorda Vignarca alla fine del suo articolo, potrebbe essere 
addirittura ottimistica! 




----Messaggio originale----
Da: "rossana123" <rossana123 at fastwebnet.it>
Data: 15-lug-2017 5.31 PM
A: <disarmo at peacelink.it>
Ogg: [Disarmo] Mettere al bando in tutto il mondo le armi nucleari 
ora è possibile
Un articolo sorprendente, unico nel genere. Non v'è articolo scritto 
da 
organizzazioni che si occupano di disarmo nucleare così banale. 
Attinente a quel filone narrativo inaugurato da Renzi, usa un 
linguaggio 
retorico, teatrale, assolutamente privo di punti di criticità che 
pure 
vi sono nel Trattato. Come se l'adesione al trattato fosse un fatto 
puramente burocratico e apolitico del tipo "Venghino,  signori,  
venghino", ci mancava la ciliegina finale che scimmiotta frasi 
famose: 
"L’alternativa è la minaccia costante di regressione all’età della 
pietra. Umanamente e umanitariamente inaccettabile".

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All’Onu grande successo della comunità civile internazionale e di 
122 
paesi «disarmisti». Prossimo passo le ratifiche nei vari stati e 
l’eliminazione totale delle 15.000 testate esistenti

di Francesco Vignarca

Ogni passaggio di diplomazia multilaterale sulla strada del disarmo 
è 
importante e apre nuove speranze, ma l’emozione vissuta lo scorso 7 
luglio nella Sede delle Nazioni Unite di New York sarà difficilmente 
superabile. Perché mentre la maggioranza dei Paesi del mondo stava 
votando il nuovo Trattato di messa al bando delle armi nucleari 
insieme 
alla società civile internazionale (impegnata per questo da anni) 
erano 
presenti in sala i superstiti di Hiroshima e Nagasaki (gli 
hibakusha), 
oltre a quelli dei test nucleari degli anni ’60. Come ha detto 
Setsuko 
Thurlow (bambina nell’agosto 1945 giapponese) «attendevo questo 
giorno 
da 70 anni e non speravo più di vederlo con i miei occhi».
Il testo di Trattato votato mette le cose in chiaro, fin dal 
Preambolo e 
dal suo primo articolo, declinando una «messa fuori legge» delle 
armi 
nucleari su tutta la linea. È infatti vietato «sviluppare, testare, 
produrre, oppure acquisire o possedere riserve di armi nucleari», ma 
anche «trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma (…)i o il 
controllo su tali dispositivi (…) direttamente o indirettamente». 
Così 
come (e si tratta di grandi vittorie della pressione della società 
civile) «Utilizzare o minacciare l’uso di armi nucleari» e 
«Consentire 
qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o 
di 
altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio», come 
invece fa ad esempio l’Italia.
Presenti nel testo anche avanzati riferimenti all’assistenza alle 
vittime e alla bonifica ambientale.
Ora, tornati da New York e pronti ad agire come campagne per il 
disarmo 
nucleare in vari Paesi, ci domandiamo: il Trattato votato il 7 
luglio 
risolverà la complessa situazione degli ordigni nucleari? Ci porterà 
a 
un disarmo completo?
Non lo sappiamo per certo, come in ogni percorso simile, ma sappiamo 
che 
ora lo scenario è profondamente cambiato. In un certo senso siamo in 
condizioni simili a quelle immediatamente successive alle 
approvazioni 
di Trattati come quello sulle mine anti-persona o sulle munizioni 
cluster, prima che iniziasse il robusto processo di 
universalizzazione.
È un po’ questa la scommessa che la società civile internazionale ha 
provato a lanciare, anche se ovviamente ci sono differenze 
sostanziali 
date dal tipo di arma (molto più costoso, strutturale, distruttivo) 
e 
allo sbilanciamento tra i pochi Paesi che dispongono di ordigni 
nucleari 
e gli altri.
Quello che è certo è che l’impatto devastante e umanitariamente 
insostenibile delle 15.000 testate oggi presenti al mondo (e non solo 
in 
caso di uso ma proprio per la loro stessa esistenza) impone alla 
comunità internazionale di fare qualcosa, un ammonimento disarmista 
e 
pacifista per tutto il mondo .
L’idea, la speranza, è che questo Trattato (sia per i suoi contenuti 
chiari che per l’auspicabile e possibile alto numero di ratifiche) 
possa 
rimettere in moto quel percorso di disarmo nucleare ormai da troppo 
tempo arenato pur se previsto dal Trattato di Non Proliferazione 
nell’articolo VI. Un accordo internazionale capace tutto sommato di 
bloccare la diffusione degli arsenali (che sembrava inarrestabile 
negli 
anni ’60) ma incapace di passare al livello successivo.
Proprio la frustrazione per questo aspetto ha smosso, alla fine e 
dopo 
tentativi in varie altre direzioni, la società civile e le nazioni 
non 
nucleari che si sono ritrovate sotto il cappello della Iniziativa 
Umanitaria.
Va detto che, nel contesto dei negoziati appena conclusi, non era 
facile 
tenere la barra dritta su questa strada, considerando appunto il 
problematico status internazionale privilegiato delle potenze 
nucleari, 
cristallizzato ormai dagli anni ’70 del secolo scorso.
Essere riusciti a conciliare entrambi gli aspetti (un Npt che non 
può 
essere indebolito pena la proliferazione con una vera prospettiva di 
disarmo) è sicuramente merito dei Paesi (ben 122) che hanno voluto 
fortemente questo testo ma anche merito della società civile che ha 
continuato a premere affinché vi fossero inseriti principi alti 
oltre 
che della gestione aperta e inclusiva ma nello stesso tempo decisa 
della 
Presidente della Conferenza, la Costaricana Elayne Whyte Gomez.
Paradossalmente proprio l’esistenza di questo doppio binario 
(ingigantita da una poco plausibile accusa di voler «distruggere l’
Npt») 
è la motivazione principale data dal Governo italiano per 
giustificare 
l’assenza totale al percorso di elaborazione del Trattato.
In questi mesi, nonostante numerosi tentativi di interlocuzione, 
Gentiloni e Alfano non hanno voluto incontrare i rappresentanti di 
Campagna Senzatomica e Rete Disarmo e anche mozioni parlamentari che 
chiedono conto della posizione italiana in merito ai negoziati Onu 
sono 
state fatte slittare a dopo la conclusione degli stessi. Va invece 
sottolineata positivamente l’attenzione al percorso comunque 
mantenuta 
dalla Rappresentanza italiana a New York (e ribadita dall’
ambasciatore 
Cardi in un incontro con le campagne) e il non piegarsi alle 
proteste 
organizzate da Stati Uniti, Francia e Regno Unito che hanno 
addirittura 
inscenato una inaudita manifestazione al Palazzo di Vetro il giorno 
dell’inizio dei negoziati.
Ma se scuse di questa natura potevano essere in qualche senso 
plausibili 
e accettabili nell’epoca Obama (che pure ha dato avvio ad un 
programma 
da 10 miliardi di dollari per l’ammodernamento delle bombe B-61, le 
stesse di stanza in Italia; forse oggi sono 40 dopo essere state 
almeno 
70 per anni) è impossibile sostenere una linea del genere con 
l’Amministrazione Trump e i suoi investimenti di rinnovamento 
integrale 
dell’arsenale (1.300 miliardi in 30 anni) immediatamente messi in 
cantiere a poche settimane dall’insediamento.
Su una questione come quella delle armi e degli arsenali nucleari 
non 
possiamo ormai essere più tiepidi o giocare alla «diplomazia dei 
piccoli 
passi», ma bisogna essere chiari e netti. Con coraggio. E uno dei 
meriti 
principali del testo di Trattato votato è, come abbiamo visto, 
proprio 
la chiarezza in particolare sullo stazionamento e gli accordi di 
cosiddetto «nuclear sharing».
Sarà uno dei punti fondamentali della mobilitazione che le campagne 
per 
il disarmo nucleare vogliono iniziare ora sia in Italia che negli 
altri 
Paesi europei che ospitano ordigni Usa (cioè Paesi Bassi, Beglio, 
Germania) davvero strategici per qualsiasi ipotesi vincente di 
allargamento e universalizzazione del Trattato.
Il positivo e fondamentale risultato ottenuto è dunque solo un primo 
passo (così lo ha definito anche la hibakusha Sestuko Thurlow che ha 
chiuso con il suo intervento la Conferenza Onu) verso il vero 
obiettivo 
finale: l’eliminazione completa delle armi. Riusciremo a farlo solo 
«ricordandoci della nostra Umanità», come ci hanno insegnato Einstein 
e 
Russell decenni fa con il loro manifesto.
L’alternativa è la minaccia costante di regressione all’età della 
pietra. Umanamente e umanitariamente inaccettabile.


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