Re: [Disarmo] (ListaNoNato) L'’industria militare israeliana




Scusami ma non comprendo. Così è, la realtà non la cambi usando parole 'altre'. La Palestina è occupata - il progetto risale a tempi oramai storici, primi del '900 - dall'entità sionista Israele (e non ebraica, come erroneamente ho scritto), progetto politico di Stato etnico che dovrebbe star fuori dalla Storia come le armi nucleari. Israele per gli ebrei sionisti, la Croazia per i croati nazionalisti, l'Ukrajna per gli ukrajni, il Kosovo per gli albanesi, e gli altri fuori, o dentro discriminati (e i cattivi soni i Palestinesi che provano a resistere, o Milosevic ammazzato per zittirlo, o Putin perchè in Donbass la gente è russa). Stesso meccanismo criminale con i Kurdi in Siria e Iraq. Allora prendiamo un milione di Catalani, li portiamo in Toscana, e tra 3 generazioni abbiamo lo Stato etnico catalano che si separa dall'Italia per diritto etnico. E democratico. Oppure demografico. Siamo alla pazzia, calcolata e redditizia. Ma così è, non c'è niente da 'evitare'. Questa politica va invece mostrata, denunciata e combattuta. Non c'entra il 'melting pot' o l''integrazione' o altre balle pseudosinistre. La Palestina è lo specchio, gli occhiali che ci servono per capire e far capire come funziona questo schifo di dilagante pseudodemocrazia etnica, i nuovi strumenti del dividi et impera imperialista (occhio, che il prossimo, immediato obiettivo è l'Africa, cercez Macron-Mogherini-Saud).
Israele non esiste come Stato nè come Nazione, se non per le bombe che possiede e fabbrica. Perchè uno Stato etnico, perdippiù teocratico (che cioè si giustifica su miti religiosi), non ha alcun diritto di esistere, nè politicamente nè filosoficamente. Esiste la Palestina e i popoli che ci vivono, e solo dalla loro libera organizzazione e collaborazione può nascere un nuovo Stato politico che abbia un futuro fertile.
Tanto per concludere, dovrebbero essere gli ebrei non sionisti i primi a dire queste cose. Ma tutti.

Jure Ellero


Il 14/07/2017 16:35, Sebastiano Cosenza ha scritto:

Si certo, ma almeno tra di noi evitiamo di  assecondare Nethaniahu ed  evitiamo di chiamarlo stato ebraico.

seb

 

Da: disarmo-request at peacelink.it [mailto:disarmo-request at peacelink.it] Per conto di jure LT (via disarmo Mailing List)
Inviato: venerdì 14 luglio 2017 15:09
A: Sebastiano Cosenza; 'Lista Disarmo PeaceLink'; 'Mazin Qumsiyeh'; aa-info at yahoogroups.com; 'Lista NO NATO'
Oggetto: Re: [Disarmo] (ListaNoNato) L'’industria militare israeliana

 


E' la definizione che 'lo stato ebraico' (o meglio l'entità ebraica, dato che i confini dopo Kippur - linea verde - non sono mai stati ufficalizzati dall'Onu) da di sè un giorno si e l'altro pure. Gli altri sono altri, al massimo gentili, comunque non graditi. Rivolgersi a Nethaniahu, prego.

Jure

Il 14/07/2017 08:27, Sebastiano Cosenza ha scritto:

  E  dagli con  “  . . .  lo stato ebraico” .   Un terzo di cittadini  di religione islamica e cristiana  non contano un cazzo ?

seb

 

Da: comitatononato at googlegroups.com [mailto:comitatononato at googlegroups.com] Per conto di jure LT
Inviato: giovedì 13 luglio 2017 17:37
A: Lista Disarmo PeaceLink; Mazin Qumsiyeh; aa-info at yahoogroups.com; Lista NO NATO; aa-info at yahoogroups.com
Oggetto: (ListaNoNato) L'’industria militare israeliana

 


Da:
https://byebyeunclesam.wordpress.com/

Il “segreto” dell’industria militare israeliana

“La potenza militare israeliana e i solidi agganci internazionali di cui gode Tel Aviv pongono lo Stato ebraico nelle condizioni di non aderire alla conferenza indetta dall’ONU per la creazione di una zona mediorientale libera da armi nucleari, cui invece l’Iran partecipa. Lo autorizzano a tenere “200 bombe atomiche pronte al lancio su Teheran”, come confidato dall’ex segretario di Stato Colin Powell al suo partner d’affari e grande finanziatore del Partito Democratico Jeffrey Leeds in una e-mail scovata e pubblicata dal sito DcLeaks; gli permettono di produrre plutonio in quantità sufficienti a sviluppare ogni anno dalle dieci alle quindici bombe dalla potenza analoga a quella sganciata dalle forze aeree statunitensi su Nagasaki; gli consentono di fabbricare trizio, un gas radioattivo utile per le armi nucleari di nuova generazione come le mini-nukes impiegabili negli scenari bellici più ristretti, come ad esempio Gaza, o come gli ordigni neutronici, adoperabili in conflitti alle porte di casa perché capaci, grazie all’emissione di neutroni veloci, di garantire un elevatissimo grado di letalità, pur provocando un contenuto livello di contaminazione radioattiva.
Le indiscusse competenze tecnologiche acquisite nel corso dei decenni pongono l’industria bellica israeliana – che annoverà società di grande prestigio come la Elbit Systems, la Israel Aerospace Industries, la Israel Military Industries e la Rafael – nelle condizioni di ritagliarsi un ruolo di primissimo piano nel mercato mondiale delle armi. Composta da un misto di società sia private che statali, l’industria bellica israeliana assorbe oltre 50.000 impiegati e beneficia del rapporto di osmosi con colossi del complesso militar-industriale USA come la Lockheed Martin, che gli permette di riprodursi in maniera allargata, inserendosi sempre più addentro al sistema militar-tecnologico mondiale.
La forza di questo sistema ha consentito a Israele di accreditarsi nel 2012 come sesto esportatore di armi a livello mondiale, scavalcando colossi come la Cina e l’Italia.”

Da Israele. Geopolitica di una piccola, grande potenza di Giacomo Gabellini, Arianna Editrice, pp. 84-85

“Il clamoroso, enorme vantaggio competitivo accumulato dall’economia di guerra israeliana, in termini di ideazione, sviluppo e commercializzazione di dottrine tecnologiche militari, è perciò il risultato di un sistema radicato e istituzionalizzato di dominio, controllo e oppressione dei Palestinesi. Le aziende militari israeliane possono vantare una lunga esperienza nelle operazioni di contro-insurrezione, nella “lotta al terrorismo” e nella repressione delle manifestazioni, e di avere ideato, testato e perfezionato i propri prodotti sul campo di battaglia. Pertanto, i progressi delle esportazioni di armi sono legati alla crescente sofisticazione dei diversi tipi di produzione militare. Ogni operazione bellica funge sia da banco di prova per le nuove tecnologie militari, sia da vetrina per promuovere le vendite all’estero, rafforzando l’industria degli armamenti che, a sua volta, svolge un ruolo di primo piano nel sistema produttivo israeliano.”

Da Gaza e l’industria israeliana della violenza di Enrico Bartolomei, Diana Carminati e Alfredo Tradardi, Derive/Approdi, p. 192

 

------------ fin

 

 

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