[Disarmo] Armi nucleari di nuova generazione L’atomica che verrà



Più piccoli e precisi, gli ordigni nucleari allo studio potrebbero rivoluzionare l’equilibrio atomico

Più piccole, più precise, più furtive. Ma ancora in grado di provocare l’Apocalisse. Anzi, proprio perché più maneggevoli e per così dire limitate negli effetti, meno impensabili da usare. Una nuova generazione di armi atomiche sta per fare il suo esordio sulla scena globale. La progressiva obsolescenza degli ordigni attuali, vecchi di decenni, e le nuove strategie militari, fondate su difese anti-aeree sempre più sofisticate e impenetrabili, spingono le grandi potenze nucleari al più massiccio e radicale rinnovamento dei loro arsenali dell’ultimo mezzo secolo. Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna (i 5 Paesi che posseggono ufficialmente la Bomba) sono già di fatto dentro una modernizzazione, che punta a garantirsi, da qui al 2080, dotazioni «sicure, protette e affidabili». Quanto alle potenze non dichiarate — India, Pakistan, Israele e Corea del Nord — anche loro stanno sviluppando nuove capacità «tattiche» diversificate, che le mettono potenzialmente in grado di usarle nei teatri regionali.

Il futuro delle armi nucleari: grafico http://www.corriere.it/esteri/17_giugno_13/futuro-armi-nucleari-96625056-5072-11e7-a437-ba458a65274a.shtml

Diciamolo diversamente. Nel momento in cui le Nazioni Unite lanciano a Vienna i primi negoziati per un nuovo Trattato di interdizione pura e semplice degli armamenti atomici, le nazioni che li posseggono stanno per investire massicciamente in una nuova generazione di ordigni, che ricorda i periodi più bui della Guerra Fredda e che per i suoi contenuti tecnologici e le dottrine che la sottendono rischia di alterare il cosiddetto «equilibrio del terrore», con il paradosso di rendere più plausibile l’ipotesi di una guerra termonucleare.

Nessuno può dirsi innocente, in quella che viene definita la terza era atomica, dopo la prima della «distruzione reciproca assicurata» e la seconda del timido disarmo a cavallo del Millennio. Non la Russia di Vladimir Putin, che cerca di compensare il declino economico mantenendo una relativa parità strategica con gli Stati Uniti. Non l’America, già quella di Barack Obama e ancor più quella al testosterone di Donald Trump, decisa a investire l’incredibile cifra di 1.000 miliardi di dollari in 30 anni in un ambizioso rinnovamento della propria panoplia nucleare. E non è innocente la Cina, impegnata ad assumere in pieno il ruolo di Superpotenza, guardando agli Usa come benchmark del proprio avanzamento tecnologico.

Stati Uniti

Tra quelle installate su missili e quelle nei silos, secondo i dati dell’International Peace Research Institute (Sipri) di Stoccolma, , gli Usa nel 2016 contavano 7 mila testate nucleari. Arrivato al potere nel 2009 con la promessa di un mondo libero dalle armi nucleari, Barack Obama ha finito per lanciare un programma di modernizzazione, che il presidente del Sipri, Hans Kristensen, giudica in «netto contrasto con l’impegno a ridurre il ruolo della componente atomica nella strategica di sicurezza americana». L’Amministrazione Trump lo ha immediatamente fatto proprio. Esso prevede interventi sull’intera triade terrestre, aerotrasportata e sottomarina: la sostituzione di 14 sommergibili lanciatori della classe Ohio, l’aggiornamento dei bombardieri B-52 e B-2 in servizio e lo sviluppo di un nuovo B-21 con tecnologia stealth, l’ammodernamento dei sistemi Trident D-5 e Minuteman III. Ancora, il completamento dei sistemi spaziali d’allerta avanzata e nuove strutture di comando e controllo. Il primo gioiello di questo nuovo arsenale è la bomba da crociera B61-12, in grado di essere armata con testata nucleare o convenzionale, a potenza variabile e altissima precisione. Proprio contro la B61-12, che secondo il Pentagono rimpiazzerà 4 diversi tipi di bombe riducendone quindi il numero complessivo, si sono appuntate le critiche di una fonte insospettabile. Secondo William Perry, che fu ministro della Difesa nell’Amministrazione Clinton, si tratta infatti di un’arma «costosa, non necessaria e particolarmente destabilizzante», proprio perché può essere armata sia con testata nucleare che convenzionale: «Un nemico sotto attacco tende sempre a immaginare il peggio e potrebbe rispondere con le atomiche a un attacco convenzionale».

Russia

Con 7.290 testate nucleari in totale, sempre dati del 2016, Mosca dispone del più grande arsenale nucleare del pianeta, ancorché non il più moderno. Putin ha confermato il ruolo della componente atomica nella dottrina militare russa, diversificando le opzioni quanto all’uso e puntando allo sviluppo di sistemi duali, cioè in grado di essere armati sia in modo nucleare che convenzionale, a seconda delle necessità. Secondo Kristensen, la Russia si trova «a metà strada di una vasta modernizzazione, che porrà nuove sfide alla comunità del controllo internazionale delle armi». Al cuore del programma, i nuovi SS-27-2 o Yars, missili intercontinentali che possono portare fino a 4 testate Mirv, cioè in grado di rientrare separatamente nell’atmosfera e puntare a diversi obiettivi. Secondo gli Stati Uniti, questi sistemi sono in violazione dei limiti del New Start, il trattato firmato da Usa e Russia a Praga nel 2010, che fra le altre cose proibisce le testate multiple. I russi potrebbero però ridurre le cariche, teoricamente rispettando gli accordi. Altre armi sono in corso di sviluppo: gli SS-30 Sarmat, i «Figli di Satana» nel linguaggio della Nato, a dieci testate; una nuova generazione di sottomarini lanciatori in sostituzione degli 11 attualmente in servizio; la modernizzazione dei bombardieri Tu-160 e Tu-95MS.

Cina

Pechino, che nel 2016 disponeva di 250 testate nucleari, punta ad aumentare decisamente la sua dotazione. Ambizioni globali, la volontà di avvinarsi agli Usa almeno sul piano tecnologico, la concorrenza dei vicini India e Russia, le preoccupazioni dettate dall’incontrollabile «alleato» nordcoreano spingono la dirigenza cinese a massicci investimenti in ricerca e sviluppo nei sistemi iper-veloci, cioè missili in grado di rientrare dallo spazio a velocità supersonica. La Cina sostituirà i suoi vettori a testata unica con una nuova generazione a testata multipla e propulsione solida.Il volume delle somme impegnate dai cinesi è sconosciuto, ma i programmi appaiono giganteschi.

Francia

I nuovi sottomarini lanciatori, successori della classe Triomphant, dovrebbero entrare in servizio tra 2035 e il 2048. Nel frattempo Parigi modernizzerà i suoi missili intercontinentali M51 e gli ASMP a gittata media aerotrasportati dai Rafale. Quest’ultimi saranno sostituiti entro il 2040, così come la portaerei Charles de Gaulle. La Francia continuerà tuttavia a limitare a 300 (il livello attuale) il numero delle testate atomiche in suo possesso.

Regno Unito

Londra possedeva un anno fa 215 testate nucleari. Il governo britannico ha annunciato la costruzione di 4 nuovi sottomarini nucleari, in sostituzione di quelli della classe Vanguard, per far fronte all’«aumento degli avversari potenziali e alla modernizzazione delle loro forze». L’investimento è di 46 miliardi di euro. Trasporteranno ancora i missili Trident.

Quadro geopolitico

Il quadro geopolitico non promette nulla di buono. La forte accelerazione del programma nucleare della Corea del Nord introduce un ulteriore elemento di incertezza. Di più, se l’Amministrazione Trump dovesse denunciare l’accordo che impegna l’Iran a rinunciare per oltre 10 anni alla bomba, Teheran non si sentirebbe più vincolata a rispettarlo e questo potrebbe far partire un’inedita corsa all’atomica in Medio Oriente, aggiungendo ulteriore instabilità. Ma a rendere realistica la prospettiva di una nuova corsa al riarmo è soprattutto il clima di tensione prodotto dalla nuova assertività della Russia di Putin, iniziata con la crisi dell’Ucraina e l’annessione della Crimea, cui fa riscontro un atteggiamento non sempre distensivo della Nato, troppo concentrata su una «minaccia russa» sul fronte Est, più percepita che reale. Ancora più allarmante è che ogni revisione di una parte rischia di essere percepita come segnale della necessità di nuovi investimenti da un’altra e che addirittura altri Paesi (oggi privi, ma tecnologicamente in grado di farlo) siano tentati di dotarsi dell’arma nucleare, dalla Germania, al Giappone, all’Arabia Saudita.


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