Re: [Disarmo] Una biografia di Trump. Il mondo liquido della propaganda




Assomiglia ad una biografia di Berlusconi. Intravedo gli stallieri di Trump e i conflitti d'interesse, ma non ho ancora individuato il suo Dell'Utri e le olgettine. Però in cambio Trump gode ancora dei diritti civili, mentre Berlusconi è in attesa di fine pena, ottimo motivo per rimandare le elezioni politiche. Perchè per fortuna qui c'è un Renzi e un buon sistema democratico pronto a riabilitarlo con un nuovo Nazareno, mentre il povero Trump ha tutti contro, a parte la bestia Putin.

Jure Ellero


Il 19/01/2017 07:39, Elio Pagani (via disarmo Mailing List) ha scritto:

Il mondo liquido della propaganda

TEMPI PRESENTI. «Donald Trump» (Einaudi) del giornalista investigativo David Cay Johnston. Documenti inediti e una pista seguita per anni da uno storico collaboratore del New York Times

 

William Duke e Brandon Griffin

Guido Caldiron

L’uomo e la maschera. Il costruttore che ha definito lo skyline di New York, il self-made man che ha saputo imporsi per la sua determinazione e per il rifiuto di ogni compromesso. Il ritratto di sé che Donald Trump ha venduto all’America, e al mondo, si nutre di questi e altri simili luoghi comuni costruiti attraverso una costante campagna di comunicazione che ne ha accompagnato l’ascesa nel mondo degli affari come della vita pubblica. Un’immagine da cartolina patinata che è servita a The Donald anche per vincere quella che resta al momento la partita più ardita e inquietante della sua carriera: la conquista della Casa Bianca.

ALLA VIGILIA dell’insediamento del nuovo presidente arriva perciò con notevole puntualità l’inchiesta con cui uno dei maggiori giornalisti investigativi statunitensi, David Cay Johnston, si è adoperato a smontare punto per punto questo ritratto agiografico. Tali e tanti sono gli elementi e le vicende prese in esame e decriptate con acume da questo reporter premio Pulitzer nel 2001 e a lungo collaboratore del New York Times, che il suo Donald Trump (Einaudi, pp. 256, euro 14,50) si legge tutto d’un fiato come si trattasse di un romanzo poliziesco dal quale si fatica a separarsi per il timore di farsi sfuggire un nuovo e incredibile colpo di scena.

Del resto, il primo incontro tra Johnston e Trump è avvenuto alla fine degli anni Ottanta, quando il giornalista stava indagando sul mondo dei casinò e del gioco d’azzardo e il magnate del «mattone» aveva cominciato ad affiancare al suo impero di Manhattan gli investimenti sul boardwalk di Atlantic City in un clima che non aveva nulla da invidiare alle atmosfere del noir, tra faccendieri senza scrupoli, mafiosi di ogni sorta, giocatori compulsivi pronti a dilapidare in una sola notte i risparmi di una vita; il tutto in un contesto di ricatti, pressioni e raggiri. E che non si tratti solo di una suggestione letteraria è fin troppo chiaro.

L’idea di fondo da cui muove l’inchiesta di Johnston è infatti che se lo avessero conosciuto bene, milioni di americani forse non avrebbero votato per il candidato repubblicano così a cuor leggero e ancor meno con entusiasmo. «Con questo libro – spiega l’autore – voglio assicurarmi che tutti nel mondo conoscano una storia di Donald Trump piú ricca e dettagliata di quella che lui ha confezionato ad arte e promosso con abilita e determinazione eccezionali». Visto che Trump «presenta se stesso come un moderno re Mida anche quando la maggior parte di cio che tocca si trasforma in spazzatura», ma che soprattutto «ha lavorato duramente affinché poche persone sapessero dei suoi rapporti con uno dei maggiori trafficanti di cocaina, con criminali russi e americani, esponenti della mafia, artisti del raggiro e truffatori». Allo stesso modo, denunciato migliaia di volte da dipendenti e fornitori che non erano stati pagati come da investitori che lo accusavano di averlo truffato, «tra le capacita maggiori di Trump c’e l’abilita di deviare o far archiviare le indagini condotte su di lui dalle forze di polizia», mentre usa la minaccia di querele milionarie per evitare che i media sbircino dietro la tenda delle sue attività. In altre parole, un mito di successo e affidabilità fondato sulla falsificazione.

RIPRENDENDO IL FILO di un’inchiesta che già alla fine degli anni Settanta l’allora giornalista del Village Voice Wayne Barrett aveva iniziato a condurre sulla fortuna della famiglia Trump, già sul padre di Donald, anch’egli costruttore, pesavano le ombre di contatti con la malavita organizzata di New York e diverse indagini amministrative sulla sistematica discriminazione razziale operata nell’affitto e nella vendita dei propri alloggi, Johnston ripercorre attraverso una massa impressionante di documenti originali e di interviste e contatti con i testimoni degli eventi descritti, l’intera carriera di The Donald e i tanti lati oscuri che l’hanno caratterizzata. Emergono così i contatti di lungo corso dei Trump con uomini legati alle famiglie mafiose newyorkesi dei Genovese e dei Gambino, prima, e quindi ai boss Anthony «Fat Tony» Salerno e Paul Castellano, poi, o con malavitosi inseriti nel sindacato dei muratori che garantiranno ai cantieri di The Donald un’invidiabile pace sociale o la possibilità di utilizzare nel pieno centro di Manhattan operai polacchi irregolari, e pagati un terzo dei locali, per costruire la famosa Trump Tower. O, ancora, i rapporti del futuro presidente con un trafficante di droga di nome Joseph Weichselbaum diventato il suo pilota di elicottero personale. Questo, senza contare che lo storico legale di Trump, Roy Cohn, difenderà per tutta la sua carriera anche i maggiori mafiosi della Grande Mela come del New Jersey.

ANALOGO, e talvolta intrecciato ai rapporti con la malavita, è poi il capitolo delle protezioni politiche e amministrative di cui The Donald sembra aver goduto fino ad oggi sia da parte della Division of Gaming Enforcement, l’autorità responsabile per i casinò, che non ha mai ritenuto di dover indagare sul suo operato ad Atlantic City, malgrado questo sia stato più volte oggetto di articoli di denuncia sulla stampa, come delle istituzioni locali, ad esempio a Chicago, per le numerose frodi denunciate da chi ha comprato gli appartamenti costruite della Trump Organization.
Analogo l’esito dello scandalo legato alla sedicente Trump University, su cui si sta però ancora indagando, in realtà poco più che dei corsi motivazionali gestiti da dipendenti del tycoon senza alcuna conoscenza in materia, in molti casi insabbiato da procuratori e governatori, sia democratici che repubblicani, le cui successive campagne elettorali sono poi state sostenute da questa o quella società del gruppo Trump. Per finire con le ben 6 bancarotte che le imprese del tycoon hanno subito a partire dagli anni Novanta. Anche in questo caso, spiega Johnston, «se il governo non lo avesse salvato, non ci troveremmo qui a immaginarcelo insediato al 1600 di Pennsylvania Avenue. Sarebbe infatti annegato in un mare di inchiostro rosso».

PERCIÒ più che una sorta di incarnazione dell’american dream, per quanto taroccata, l’irresistibile ascesa di Donald Trump, tutta costruita sulla capacità di «vendere il proprio nome» trasformato in un brand di successo, e truffando per questa via ignari e fiduciosi consumatori come facevano qui venditori che nell’Ottocento vendevano intrugli spesso fatali spacciandoli per miracolosi nelle campagne del paese, sembra illustrare fino in fondo che forse l’idea stessa che quel «sogno» esista davvero è in qualche modo truffaldina. «vendere il proprio nome». Come sottolinea David Cay Johnston ricordando uno dei suoi primi colloqui con Trump a proposito del casinò acquistato da quest’ultimo, il tycoon fece subito propria una falsità pronunciata dal giornalista che voleva saggiarne la conoscenza delle regole elementari del gioco d’azzardo, che invece lui ignorava visto che gli interessava solo fare soldi in fretta: Trump «abbracciò immediatamente la mia notizia e rispose allo stesso modo di quei sensitivi che in tv, carpendo gli indizi da cio che dicono le persone, danno forma alle loro rivelazioni». Forse ad un paese in crisi, Trump ha venduto questa volta solo le false certezze in cui in molti volevano disperatamente credere.

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UN PERCORSO DI LETTURE

L’inchiesta di David Cay Johnston va ad aggiungersi ad un pugno di testi che hanno fin qui raccontato nel nostro paese il profilo del personaggio e il contesto nel quale ha avuto luogo la sua ascesa politica. Da Wasp, l’America razzista dal Ku Klux Klan a Donald Trump, di Guido Caldiron (Fandango) a La febbre di Trump di Mattia Ferraresi (Marsilio) a Perché vince Trump di Andrew Spannaus (Mimesis). Una ricostruzione agiografica della biografia di Trump è invece proposta in Trump contro tutti, a cura di George Beahm (Rizzoli Etas); mentre tra i numerosi volumi di consigli ai futuri imprenditori pubblicati dallo stesso tycoon si segnala L’Arte di Fare Affari, firmato da Donald J. Trump insieme a Tony Schwartz (Sperling & Kupfer) ma poi disconosciuto dal miliardario. Ad annunciare la vittoriosa campagna elettorale di Trump era stata poi la pubblicazione del suo libro-manifesto: Crippled America, How to Make America Great Again (Simon & Schuster). Mentre tra le numerose biografie e ricostruzioni della storia dei Trump vanno ricordate The Trouth about Trump di Michael D’Antonio (St. Martin’s Press) e The Trumps: Three Generations That Built an Empire di Gwenda Blair (Simon & Schuster). Per i non anglofoni: Trump. L’onde de choc populiste di Marie-Cécile Naves (Fyp éditions) e La nouvelle révolution américaine di Olivier Piton (Plon).



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