[Disarmo] Pinotti, droni e padri padroni




Cambia verso. Ormai è chiaro che per il Pd demolire l’Art. 11 della Costituzione sul ripudio della guerra, non solo non è più un tabù ma costituisce un elemento fondativo della sua natura

Tommaso Di Francesco, Manlio Dinucci

Lo stesso giorno in cui ter­mi­nava la Tri­dent Junc­ture 2015 – una delle più grandi eser­ci­ta­zioni Nato svol­tasi in Ita­lia, Spa­gna e Por­to­gallo dal 3 otto­bre al 6 novem­bre – la mini­stra della difesa Roberta Pinotti, appena avuta l’auto­riz­za­zione al drone dal padre padrone Usa, ha ester­nato, in una inter­vi­sta alCor­riere della Sera, il ren­zi­pen­siero sull’uso della forza armata.

La Tri­dent Junc­ture – cui hanno par­te­ci­pato oltre 230 unità ter­re­stri, aeree e navali e forze spe­ciali di 28 paesi alleati e 7 part­ner (tra cui l’Ucraina), con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 160 aerei da guerra – costi­tui­sce per il segre­ta­rio della Nato Jens Stol­ten­berg, «un chiaro mes­sag­gio a qual­siasi poten­ziale avver­sa­rio che la Nato non cerca il con­fronto, ma che siamo pronti a difen­dere tutti gli alleati». La Tri­dent Junc­ture, la mag­giore delle oltre 300 eser­ci­ta­zioni nel 2015, è stata una evi­dente prova di guerra con­tro la Rus­sia, cui la Nato — che come patto mili­tare offen­sivo si è allar­gata per 20 anni a est alla fron­tiera dell’ex Urss — capo­vol­gendo i fatti, attri­bui­sce la respon­sa­bi­lità di aver creato in Ucraina «una situa­zione poten­zial­mente più peri­co­losa di quella della guerra fredda».

Allo stesso tempo è stata una prova gene­rale di quella che la Nato chiama «Forza di rispo­sta» (40 mila uomini) e in par­ti­co­lare della sua «Forza di punta ad altis­sima pron­tezza ope­ra­tiva», pro­iet­ta­bile in 48 ore verso Est e verso Sud (Medio­riente e Nor­da­frica). Un ruolo chiave viene svolto dalle forze spe­ciali che, spiega la Nato, «ope­rano senza essere viste». La Tri­dent Junc­ture è stata anche un labo­ra­to­rio «dal vivo» delle mag­giori indu­strie bel­li­che sta­tu­ni­tensi ed euro­pee, che sono state «invi­tate a par­te­ci­parvi per tro­vare solu­zioni tec­no­lo­gi­che che acce­le­rino l’innovazione militare».

Inno­va­zione in cui l’Italia è ai primi posti: unico paese al mondo dopo la Gran Bre­ta­gna, rice­verà dagli Stati uniti mis­sili e bombe per armare i droni Pre­da­tor MQ-9 Rea­per made in Usa, già acqui­stati. Spen­dendo cen­ti­naia di milioni di euro che si aggiun­gono a una spesa mili­tare, quella ita­liana, di circa 80 milioni di euro al giorno, sot­tratti alle spese sociali come è chiaro dalla mano­vra finan­zia­ria denun­ciata anche dalle Regioni. Il «Pre­da­tore» Rea­per (Mie­ti­tore, ovvia­mente di vite umane) è armato di 14 mis­sili Hell­fire (Fuoco dell’inferno) e di due bombe a guida laser o satel­li­tare. I tele­pi­loti, seduti alla con­solle a migliaia di km di distanza, una volta indi­vi­duato il «ber­sa­glio», coman­dano con il joy­stick il lan­cio dei mis­sili e delle bombe. I «danni col­la­te­rali» sono ine­vi­ta­bili, come hanno dimo­strato i droni Usa impie­gati in Afgha­ni­stan, Paki­stan, Iraq, Yemen, Soma­lia e altri paesi.

Del resto come dimen­ti­care che quando la Moghe­rini prima dell’estate ha annun­ciato con Gen­ti­loni la «guerra in Libia agli sca­fi­sti» subito si è affret­tata a dichia­rare che pur­troppo non sono da esclu­dere «dolo­rosi effetti col­la­te­rali». Così per col­pire un pre­sunto nemico, i droni kil­ler distrug­gono spesso una intera casa, vil­laggi e feste popo­lari (soprat­tutto matri­moni) ucci­dendo donne e bam­bini con il «Fuoco dell’inferno» a testata ter­mo­ba­rica o a fram­men­ta­zione. Quella ter­mo­ba­rica, spar­gendo una nube di aero­sol esplo­sivo, pro­voca una sovrap­pres­sione e una ondata di calore tali da risuc­chiare l’aria dai pol­moni e bru­ciare chiun­que si trovi nel suo rag­gio. Quella a fram­men­ta­zione inve­ste l’area cir­co­stante con acu­mi­nati fram­menti metal­lici che squar­ciano chiun­que si trovi all’aperto e pos­sono anche pene­trare negli edi­fici, facendo strage di chi è all’interno. Que­sta è la nuova arma di cui si sta dotando l’Italia.

Che non ci siano pro­blemi ad usarla lo con­ferma la mini­stra Pinotti al Cor­riere. Alla domaNda «Quando arri­verà la deci­sione ita­liana di bom­bar­dare in Iraq?», risponde: «L’Italia ha già effet­tuato raid aerei in pas­sato. Lo ha fatto nei Bal­cani, lo ha fatto in Libia». Al bom­bar­da­mento Nato della Jugo­sla­via nel 1999 par­te­ci­pa­rono 54 aerei ita­liani, che effet­tua­rono 1378 sor­tite, attac­cando gli obiet­tivi indi­cati dal comando Usa. «Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa. L’Italia è un grande paese e non ci si deve stu­pire dell’impegno dimo­strato in que­sta guerra», dichia­rava il pre­si­dente del con­si­glio D’Alema. Al bom­bar­da­mento Nato della Libia nel 2011 gli aerei ita­liani effet­tua­rono oltre 1100 raid. «La mis­sione in Libia – dichia­rava il segre­ta­rio del Pd Ber­sani – rien­tra nella nostra Costi­tu­zione, per­ché l’Art. 11 ripu­dia la guerra ma non l’uso della forza per ragioni di giu­sti­zia». E il pre­si­dente Napo­li­tano assi­cu­rava: «Non siamo entrati in guerra».

Sulla stessa linea, la mini­stra Pinotti dichiara oggi, a nome del governo Renzi, che effet­tuare raid aerei «non deve essere un tabù. Anzi sarebbe ipo­crita pen­sare che pos­siamo fare tutto senza arri­vare a quel punto». E tra poco si leve­ranno in volo anche i droni kil­ler ita­liani con i loro mis­sili «Fuoco dell’inferno».

Ormai è chiaro che per il Pd demo­lire l’Art. 11 della Costi­tu­zione sul ripu­dio della guerra, non solo non è più un tabù ma costi­tui­sce un ele­mento fon­da­tivo della sua natura.