[Disarmo] La svolta di Tokyo, sì alle missioni militari all’estero



Il 1 luglio il governo conservatore giapponese guidato da Shinzo Abe ha approvato una proposta di legge che mette fine al divieto di missioni militari all’estero, un importante cambiamento rispetto al percorso pacifista avviato nel dopoguerra e una mossa che irrita la Cina, impegnata in varie dispute territoriali con il Giappone.

La riforma è stata confermata dal ministro della difesa Itsunori Onodera: la modifica amplierà notevolmente le opzioni militari del Giappone ponendo fine al divieto di intervenire per aiutare un paese alleato che si trovi sotto attacco.

Sarà compito del governo giudicare se un evento rappresenti una minaccia per la sopravvivenza del Giappone o violi i diritti fondamentali delle persone, giustificando un’azione militare. Secondo Abe, con le nuove disposizioni non ci sono rischi di conflitti: anzi, per il Giappone diminuiscono le possibilità di entrare in guerra.

La proposta, ha sottolineato il governo, non modifica il testo della costituzione, redatta sotto la guida degli Stati Uniti dopo la sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, ma piuttosto la sua interpretazione.

L’articolo 9 vieta esplicitamente missioni militari all’estero. Ma l’esercizio del diritto di autodifesa collettiva, nonché la partecipazione a operazioni di sicurezza collettiva, potrebbe consentirle. Nella costituzione, che non è mai stata riscritta dal 1945, le stesse forze armate si chiamano forze di autodifesa.

A Tokyo migliaia di persone si sono radunate di fronte alla residenza di Abe per protestare contro la riforma. Il 29 giugno, mentre la proposta era in discussione, un uomo si era dato fuoco nel quartiere di Shinjuku, a Tokyo, dopo aver gridato slogan contro il premier.

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