Uranio: maxi risarcimento alla famiglia di un militare morto nei Balcani



Il tribunale riconosce oltre mezzo milione, terza sentenza in un anno. Roma, 20 gen. - Il tribunale civile di Roma ha riconosciuto un risarcimento di 656mila euro ai familiari di Salvatore Vacca, un militare della brigata Sassari morto nel 1999 di leucemia dopo una missione di pace nei Balcani. Ne dà notizia il quotidiano L'Unione Sarda, precisando che la somma è ripartita in 258mila euro a testa per i genitori e 140mila alla sorella del militare e che è destinata presto a crescere ulteriormente fino a 936mila euro, quando i giudici esamineranno le richieste degli altri due fratelli di Vacca. La sentenza ricalca altre due decisioni analoghe del tribunale di Firenze, che ha riconosciuto 545mila euro per il danno non patrimoniale subito dal militare di Orbetello, Giambattista Marica, affetto da un linfoma e vittima di possibile contaminazione da uranio impoverito, e Antonio Di Raimondo, di Lecce, morto nel 2005. "Si tratta - spiega l'associazione Anavafaf (Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate) - di vittime del fuoco amico, perché le armi all'uranio sono state usate non dal nemico ma da forze alleate, che non avevano nemmeno avvisato del pericolo. Il caso Marica si riferisce alla Somalia (1992-94) dove i reparti Usa operarono protetti e i nostri senza protezione. Ma la commissione Mandelli non trattò il caso Somalia. Le prime norme di protezione apparvero circa 6 anni dopo, nel novembre 1999 emanate dalla Kfor, la forza multilaterale nei Balcani". "Ancora oggi - prosegue l'associazione - non si sa il numero dei malati: 312 fu il numero comunicato nel dicembre 2007 dal ministro Arturo Parisi alla commissione di inchiesta del Senato; 1991 il numero comunicato dal Goi (Gruppo operativo interforze); oltre 2.500 il numero comunicato dalla sanità militare. Tali numeri riguardano solo militari in servizio e non i civili, le forze di polizia e altri corpi militarmente ordinati, per cui ad oggi una stima di circa 3mila persone colpite non è irrealistica. Vi è dunque una enorme e inspiegabile incertezza sulla stessa entità del fenomeno". "La commissione Mandelli - continua - aveva preso in considerazione solo alcune decine di casi. Si introduce inoltre una gravissima ingiustizia. Infatti chi ha potuto disporre di soldi sufficienti per ricorrere ad un avvocato può contare su migliaia di euro di risarcimento, mentre vi è chi non ha ricevuto neppure un euro. La situazione è del tutto inaccettabile sia sul piano della giustizia sia sul piano etico. Occorre che vengano corretti gli errori scientifici da parte di una commissione specializzata, che riesamini i risultati della Commissione Mandelli e che venga ricostituita la Commissione parlamentare, decaduta nella scorsa legislatura, per accertare le responsabilità". Soddisfatto della sentenza di Roma anche Francesco Palese, portavoce dell'associazione Vittime dell'uranio: "Apprendiamo con soddisfazione - dice - la notizia della nuova condanna, la terza, in poco più di un anno, in sede civile inflitta al ministero della Difesa e rilanciamo con forza l'appello alla classe politica perchè venga al più presto istituita una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito, in grado di completare e ampliare il lavoro della precedente". "Sulla vicenda - continua - non è stata fatta chiarezza, basta pensare che non si conoscono ancora le dimensioni reali del fenomeno, ossia il numero di militari morti o ammalati per presunta contaminazione. Per quanto riguarda la sola Sardegna il sito Vittimeuranio.com pubblica un elenco con i nomi di 12 militari morti dopo aver prestato servizio all'estero o nei poligoni. Si tratta solo dei casi denunciati pubblicamente dalle associazioni e dai familiari di questi ragazzi. Tutto ci fa pensare che si è in presenza solo della punta dell'iceberg e per questo occorre continuare a chiedere la verità".(Apcom)