Re: I soldati tedeschi in Afghanistan bevono e mangiano troppo



Dico solo che per me son dettagli irrilevanti se i tedeschi hanno la pancia piena e gli americani hanno fame, devono mangiare a casa loro. Punto! E guarda che non ce l'ho con te, esprimo solo un commento alla notizia in sè stessa...
Ciao,
Davide

rossana ha scritto:
Davide Bertok ha scritto:
Come notizia a me fa abbastanza ridere, secondo me non dovremmo neanche porci il problema se i soldati mangiano e bevono troppo, quei soldati non dovrebbero neanche esserci in Afghanistan! :)
Ciao,
Davide

a me non fa ridere sapere quanto costa la guerra in Afghanistan. Sapere quanto la Germania spende per questa guerra. Ma cos'è questa guerra se non business?

BERLINO-ADISTA.

Con un aumento del 13% nell’ultimo anno, la Germania ha conquistato il terzo posto della dei maggiori Paesi esportatori di armi, preceduta solo da Stati Uniti e Russia e seguita da Francia e Regno Unito. Lo afferma il rapporto annuale sullo stato delle esportazioni di armi in Germania, presentato dalla Conferenza Congiunta Chiese e Sviluppo (Gkke) a Berlino lo scorso 8 dicembre.

La Gkke è un centro studi ecumenico, nato in Germania dalla collaborazione tra Chiese protestanti e cattolica per una comune riflessione sui temi della pace, della cooperazione internazionale e del rapporto tra Nord e Sud del mondo. L’organizzazione – a cui hanno aderito anche il “Servizio per lo sviluppo” della Chiesa evangelica e la commissione dei vescovi tedeschi “Justitia et Pax” – lavora principalmente intorno ad alcune sotto-aree tematiche specifiche: pace e politiche di sviluppo, armi e sviluppo, coerenza nelle politiche di sviluppo, cooperazione tra le Chiese con gruppi di lavoro trasversali, industria farmaceutica.

Nella conferenza stampa dell’8 dicembre scorso la Gkke ha contestato al governo di Angela Merkel, oltre all’incremento delle esportazioni di armi, la mancanza di trasparenza nelle transazioni internazionali e una malcelata lentezza nella diffusione dei dati relativi al mercato nazionale militare. Secondo il pastore evangelico e copresidente del Gkke, Stephan Reimers, il governo “tiene nascosto” il rapporto relativo agli anni 2006 e 2007, anche ora “che il 2008 si sta concludendo”. Questa cortina di silenzio, denuncia, intende celare una palese contraddizione nelle politiche commerciali tedesche. Secondo Bernhard Moltmann, autore del rapporto annuale, la Germania è, infatti, uno dei più ferrei sostenitori del codice di comportamento dell’Ue sull’esportazione di materiale bellico, che prevede forti restrizioni alla vendita di armi a Paesi in via di sviluppo o a Paesi all’interno dei quali si verificano conflitti armati o serie tensioni politiche. Eppure, nel 2007, la Germania ha venduto armi a 58 Stati che non rispettavano pienamente i criteri per l’export bellico, come la Georgia, recentemente coinvolta in un conflitto fratricida, o la Turchia, ancora impegnata nella crociata contro i curdi del Pkk. A conti fatti, sono stati ben 19 i Paesi in guerra civile che hanno acquistato armi dalla Germania nel 2006. A scandalizzare, ha chiarito inoltre Moltmann, sono le “molte forniture belliche verso Paesi in cui i diritti umani non sono rispettati e che si trovano in aree di tensione”. Karl Jüsten – copresidente cattolico dell’organizzazione – ha poi denunciato: “Dal punto di vista dei criteri etici, le forniture belliche a Paesi in via di sviluppo sono inaccettabili e mettono a nudo il dilemma della politica tedesca delle esportazioni belliche”. Dal 2003 al 2006, infatti, l’export di armi verso zone calde e poverissime, come Afghanistan, Israele, India e Pakistan, è aumentato del 35%. Il rapporto rileva inoltre che il “Sudamerica si sta trasformando di nuovo in un importante mercato per le armi tedesche”: i principali destinatari di armi tedesche tra il 1999 e il 2007 sono stati il Brasile (194,70 milioni di euro) e il Cile (178,18 milioni di euro), seguiti, a lunga distanza, da Venezuela, Colombia, Argentina e Perù.

La quota delle forniture belliche verso Paesi “a rischio” si attesta oggi, secondo l’organizzazione ecumenica, intorno al 20% dell’export di armi tedesche. I dati ufficiali, forniti dal governo, invece parlano solo di un 9,5%. La discrepanza tra le stime sarebbe imputabile alle nuove tendenze del commercio internazionale delle armi, che consentirebbero agevolmente di raggirare il codice di comportamento europeo e le stesse direttive nazionali, rendendo molto più complessa la valutazione precisa del materiale bellico che lascia il Paese e degli effettivi destinatari finali. La Germania, infatti, ha intensificato i rapporti di cooperazione con gli altri Paesi europei o del blocco Nato, tanto che oggi esporta principalmente componenti non assemblate che le vengono commissionate o appaltate da imprese estere. E questa quota del mercato militare, oggi assolutamente preponderante in Germania, spesso non è computata dai rapporti ufficiali governativi. (giampaolo petrucci)

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