Mercenari a giudizio a Bari, mercenari impuniti a Baghdad



Vi inoltro l'acuto, come sempre, articolo di Gennaro Carotenuto, magari
se volete a suon di musica dura e autoprodotta pugliese, tanto per
essere in tema. E' un video di youtube dei ragazzi di Grottaglie,
regione Puglia, titolato "mannaggia a chi t'è muertu"
http://www.toky.it/video_amatoriali_player.asp?video=01pZHqiOBGg&v=GROTTAGLIE
Doriana Goracci



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Due notizie sullo stesso tema, ma di segno diverso,
arrivano rispettivamente da Baghdad e da Bari. A Baghdad l'occupante
impone gli assassini della Blackwater al governo *sovrano* iracheno, a
Bari a giudizio i mercenari italiani.

di Gennaro Carotenuto

La procura della Repubblica di Bari ha deciso il rinvio a giudizio per
Salvatore Stefio e Giampiero Spinelli con l'accusa di «arruolamenti non
autorizzati a servizio di uno Stato estero», art. 288 del codice penale,
che
prevede una condanna da 3 a 6 anni di reclusione. Giova ricordare che, per
il dizionario della lingua italiana De Mauro, "chi esercita il mestiere
delle armi per professione al servizio di uno stato straniero o di gruppi
politici" è definito "mercenario". Salvatore Stefio stesso è uno dei
quattro
italiani sequestrati in Iraq nel 2004 e liberati con un blitz dopo che uno
di loro, Fabrizio Quattrocchi fu assassinato. Intorno a quel caso si alzò
una cortina di fumo ideologica tesa a legittimare tanto i mercenari come
l'occupazione. I quattro vennero definiti a metà strada tra "emigranti
con
la valigia di cartone" ed "eroi per la liberazione del popolo iracheno
dalla
tirannide saddamita". La triste, ma purtroppo prevedibile, fine di
Quattrocchi fu volgarmente strumentalizzata e ancora ieri alcuni giornali
(fingendo di ignorare il codice penale) stigmatizzavano la notizia del
rinvio a giudizio come una "vendetta della magistratura rossa contro il
morto (sic!)".

Ma in un paese civile come l'Italia, dove l'azione penale è
obbligatoria,
quel rinvio a giudizio arriva con tre anni di ritardo. Per le leggi
italiane, offrire servizi di "commandos, controterrorismo,
controguerriglia
e controsorveglianza (ovvero il tradimento di chi si è pagati per
proteggere)" quali quelli che dichiaratamente offre la *Presidium*, la
società che arruolò in Italia i quattro, è un reato penale e come tale va
giudicato. E' un processo che va seguito con interesse, quello di Bari.
Al
di là del polverone, che impedisce finanche di dare pane al pane e
mercenario al mercenario, stabilirà se il paese che vogliamo è un paese
dove una campagna mediatica può trasformare un reato in atto di eroismo
e se è davvero lecita (culturalmente prima che penalmente) l'idea di
permettere l'arruolamento di eserciti di ventura in uno stato di
diritto.

Intanto, un altro paese, che presume di sé d'essere il faro della
civiltà,
gli Stati Uniti, dove fare il mercenario è non solo legale ma
eccellentemente retribuito, impone ad un terzo paese, l'Iraq, di
continuare
a lasciar lavorare i mercenari della Blackwater. Sono quelli dal grilletto
più facile, che due settimane fa massacrarono in strada undici civili
iracheni<http://www.gennarocarotenuto.it/public/post/i-mercenari-della-blackwater-cacciati-dall-iraq-1314.asp>(28
secondo altre fonti). Mentre la Blackwater continua a sostenere la
tesi dell'imboscata, molti testimoni concordano nel definire il massacro
deliberato e senza alcun motivo. Lo conferma un alto ufficiale del
Pentagono, citato in forma anonima dal Washington
Post<http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/09/25/AR2007092502675.html?hpid=topnews>:
quel massacro fu talmente efferato da potersi considerare "un incubo, che
potrebbe rivelarsi peggiore di Abu Grajib".

Dopo quell'ennesimo massacro,il governo iracheno, che ci hanno spiegato
essere oramai *sovrano* da tempo, aveva *sovranamente* deciso di ritirare
la licenza alla Blackwater. Oggi il *sovrano* governo iracheno è stato
costretto dall'occupante a rimangiarsi la decisione, almeno fino alla
conclusione di un'inchiesta, ovviamente statunitense, che sta già
scegliendo uno o due caporali (i Mario Lozano di turno) da incolpare di
tutto. É che la presenza della Blackwater, la più grande e violenta
delle compagnie di mercenari (in totale almeno 130.000, un esercito,
alcune centinaia di civili inermi massacrati) presenti in Iraq, vale un
affare da almeno 845 milioni di dollari. Almeno questa è la cifra che il
padrone dell'esercito privato (fosse stato somalo o afgano lo avremmo
definito "signore della guerra"), il fondamentalista protestante Erik
Prince, ha incassato finora solo da Dipartimento di Stato e Pentagono.

La ripresa delle attività della Blackwater non è solo un rischio
intollerabile (uno in più) per il popolo iracheno, ma è la conferma dello
status pienamente coloniale dell'Iraq attuale. Un tempo i colonizzatori
misuravano il loro dominio proprio sulla capacità di monopolizzare l'uso
della forza. Oggi la danno in conto terzi, come fosse un subappalto di
tomaie o suole di scarpe, in una sorta di incubo "neoliberista
militare" nel
quale i media mainstream pretendono di convincerci che gli "assassini al
soldo" siano degli eroi.



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