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Subject: Nuovo rapporto internazionale della campagna Control Arms
Date: Tuesday 03 October 2006 12:08
From: "Riccardo Troisi" <riccardotroisi at tin.it>

COMUNICATO AI MEDIA - Roma, 2 Ottobre 2006

Nuovo rapporto internazionale della campagna Control Arms

L'industria globale delle armi sfrutta le ampie scappatoie nei

controlli sul trasferimento di armamenti

La globalizzazione dell'industria armiera ha aperto ampie scappatoie nelle
norme che regolano
l'esportazione delle armi, consentendo vendite verso chi viola i diritti
umani e verso paesi sotto
embargo. È l'accusa contenuta in un nuovo rapporto della campagna Control
Arms, lanciata nel
2003 da Oxfam International, Amnesty International e Iansa (la Rete
internazionale d'azione sulle
armi leggere).
Il rapporto, intitolato "Armi senza frontiere", viene diffuso oggi in
occasione dell'apertura della
sessione annuale dell'Onu dedicata ai controlli sulle armi e alla vigilia di
un voto decisivo per
avviare i negoziati su un Trattato internazionale sul commercio di armi.

La campagna Control Arms rivela come aziende statunitensi, canadesi e
dell'Unione europea
siano tra coloro in grado di aggirare i controlli, attraverso la vendita di
singoli componenti e il
subappalto della produzione in altri paesi. Secondo il rapporto, svariate
armi - compresi elicotteri
d'attacco e veicoli da combattimento - vengono assemblate grazie a
componenti provenienti
dall'estero e prodotte sotto licenza in paesi come Cina, Egitto, India,
Israele e Turchia. Questi e
altri armamenti vanno a finire in altri paesi come Colombia, Sudan e
Uzbekistan e vengono usati
per uccidere e costringere la popolazione civile alla fuga. Tutto questo
rende evidente quanto sia
impellente la necessità di norme globali per regolare un'industria sempre
più globalizzata.

"Il nostro rapporto mette in luce la vera e propria litania di scappatoie e
di vite distrutte. L'industria
armiera è globale, le norme per controllarla no. Il risultato è che stiamo
armando regimi che violano
i diritti umani. L'Europa e il Nordamerica stanno rapidamente diventando
l'IKEA di quest'industria,
fornendo singoli componenti a chi viola i diritti umani, che poi se le
assemblea a casa. Nelle
istruzioni, l'etica è del tutto esclusa. È giunto il momento di adottare un
Trattato sul commercio
delle armi" - ha dichiarato Jeremy Hobbs, direttore di Oxfam International.

Il rapporto denuncia due principali scappatoie che consentono all'industria
delle armi di aggirare
legalmente le regole, compresi gli embarghi:

Non puoi vendere intero, ma puoi vendere a pezzi

L'Unione europea ha in vigore un embargo sulle armi nei confronti della
Cina; gli Usa e il Canada
rifiutano di vendere elicotteri a Pechino. Eppure il nuovo elicottero
d'attacco cinese Z-10 non
potrebbe volare senza componenti e tecnologia di un'industria
italo-britannica (AgustaWestland), di
una canadese (Pratt & Whitney Canada), di una statunitense (Lord
Corporation) e di una franco-
tedesca (Eurocopter). La Cina ha già venduto elicotteri d'attacco a svariati
paesi, tra cui il Sudan,
contro cui vige un embargo totale sulle armi dell'Unione europea e uno
parziale dell'Onu.

L'elicottero Apache, usato da Israele nel recente conflitto libanese, è
composto da oltre 6.000
singoli pezzi prodotti in vari paesi del mondo, tra cui Irlanda, Olanda e
Regno Unito. In base al
Codice di condotta dell'Unione europea sull'esportazione di armi, questi
paesi dovrebbero rifiutare

di esportare elicotteri d'attacco verso Israele.



Non puoi vendere da qui, ma puoi vendere da un'altra parte

Nel maggio 2005, le forze di sicurezza dell'Uzbekistan aprirono il fuoco su
una manifestazione,
uccidendo centinaia di persone. Nel corso di questo massacro, usarono
veicoli militari Land Rover,
costruiti per il 70 cento con componenti britannici. Le Land Rover erano
state spedite a pezzi in
Turchia e lì assemblate, attrezzate come veicoli militari e inviate
all'Uzbekistan. Il governo
britannico non ha avuto alcun controllo su questo affare, dato che i veicoli
non sono stati

assemblati e convertiti a uso militare in territorio britannico.

"I produttori dell'Unione europea non devono sacrificare i profitti in nome
dei principi: basta
subappaltare!" - ha accusato Rebecca Peters, direttrice di Iansa. "Ad
esempio, l'industria austriaca
di pistole Glock sta cercando di aprire uno stabilimento in Brasile. Se lo
farà, sarà in grado di
aggirare il Codice condotta europeo vendendo le sue pistole dal Brasile".

Il rapporto della campagna Control Arms illustra anche come la tecnologia,
che sta rivoluzionando
l'industria armiera, è spesso la stessa che viene usata nelle nostre case.
Per esempio, i processori
del segnale digitale presenti negli ultimi modelli di lettori dvd sono gli
stessi usati nei sistemi
aereomissilistici per l'acquisizione del bersaglio; tuttavia, quando la
tecnologia viene venduta per
essere usata dagli aerei militari, non è regolamentata.

"Le leggi sul commercio delle armi sono così datate che è più difficile
vendere un elmetto che le
parti da assembleare di un'arma mortale. Il mondo ha bisogno di un efficace
Trattato
internazionale sul commercio di armi che fermi le esportazioni verso coloro
che commettono
violazioni dei diritti umani" - ha commentato Irene Khan, Segretaria
generale di Amnesty
International.

Qualche dato

Alla fine di quest'anno, si stima che la spesa militare raggiungerà la cifra
senza precedenti di
1058,9 miliardi di dollari Usa, quindici volte le somme destinate agli aiuti
internazionali. Si tratta di
una cifra più alta di quella record registrata negli anni 1977-1978, in
piena Guerra fredda, che
comparata ai prezzi d'oggi equivarrebbe a 1034 miliardi.
Nel 2005, Usa, Russia, Regno Unito, Francia e Germania hanno
complessivamente totalizzato l'82
per cento dell'export mondiale di armi.
Nell'elenco delle prime cento industrie armiere del mondo figurano ora anche
industrie di Brasile,
Corea del Sud, India, Israele, Singapore e Sudafrica.

Ulteriori informazioni

In Italia la campagna è rilanciata dalla Sezione Italiana di Amnesty
International e dalla Rete
italiana per il Disarmo. Oltre a contribuire alla grande mobilitazione
mondiale, i promotori intendono
agire per migliorare gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti in
Italia sul commercio di armi.
Il nostro paese è infatti il quarto produttore e il secondo esportatore
mondiale di armi leggere,
eppure la nostra legislazione è vecchia di 30 anni e ad oggi non esiste
alcuna forma di controllo
sugli intermediatori internazionali di armi.

INFO
sulla Rete Disarmo: www.disarmo.org
sulla campagna Control Arms: www.controlarms.it -
www.disarmo.org/controlarms

Per qualsiasi richiesta ulteriore si prega di contattare la Segreteria della
Rete Disarmo:

segreteria at disarmo.org - 328/3399267

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