DPN e DCNAN



Milano 20 aprile 2006

Cari amici del Coordinamento politico OSM-DPN,

l'Assemblea degli OSM di Cattolica (1 e 2 aprile 2006) ha deciso di
istituire un "Osservatorio per la DPN" che include tra i suoi compiti,
al punto 3, la mappatura delle esperienze di DPN in Italia.

La mozione
"SOLIDARIETA' A TURI VACCARO ED IMPEGNO PER LA DPN CONTRO LA DIFESA
NUCLEARIZZATA" specifica il significato della mappatura, dal momento
che ricomprende "tra le esperienze vive ed operanti di DPN, da studiare
e sostenere criticamente, tutte le lotte che vedono oggi contrapporsi
le comunità locali con le basi militari "straniere" e nazionali, a la
Maddalena come a Taranto, ad Aviano, come a Camp Darby (e via
elencando)".

Il punto 3 della mozione sull'Osservatorio viene altresi'
integrato dalla mozione "per la DPN contro la difesa nuclearizzata"
laddove si istituisce un settore di lavoro specifico "per eseguire e
dare attuazione all'impegno per Turi e per il disarmo atomico,
declinato come incardinamento della necessità di garantire sicurezza e
difesa delle popolazioni".

Tale gruppo di lavoro all'interno
dell'Osservatorio quindi deve portare avanti la mappatura avendo gia'
definito come esperienze di DPN una serie di lotte in corso.

La
mozione, pero', non chiarisce se lotte come quella della Val di Susa,
per fare l'esempio piu' attuale ed eclatante, possano essere
considerate esperienze dirette di DPN.
A tal fine sollecito una
discussione.
Personalmente ho gia' sottoposto il problema a Tonino
Drago. Ma intendo interpellare anche altri studiosi "amici della
nonviolenza" (Alberto L'Abate, Nanni Salio, Lorenzo Porta, Rocco
Altieri, eccetera) per il loro parere in merito.

Poiche' non si tratta
di una questione, come si suol dire, accademica, ma di rilevanza
politica cruciale, e' bene che tutto il movimento degli obiettori vi
faccia mente locale, ci rifletta su e prenda una decisione, guardando
alle implicazioni pratiche del problema, non all'esigenza di mettere
un'etichetta buona per i nostri schemi intellettuali.
Io penso che e'
molto importante dare retta a cio' che suggerisce il cuore: la
"battaglia" (scusate il termine) No-TAV la sentiamo DPN oppure no?
La
definizione teorica in campo sociale deve venire solo dopo,
razionalizzare successivamente l'esperienza ed il sentimento posti a
base del giudizio.
Per questo penso sia opportuno che vengano fuori le
posizioni spontanee, istintive, di pancia, con le relative
argomentazioni giustificative, da sottoporre comunque ad un vaglio
critico collettivo (in cui anche gli esperti giocano un loro ruolo).
Non propongo di abdicare alla ragione intellettuale, ma semplicemente
di metterla al servizio di una logica piu' profonda e complessa.
Rivalutare il pensiero emozionale penso sia un modo concreto di
rivendicare orgogliosamente il nostro essere "figli di Venere", come ci
suggerisce, ricordando il punto di vista femminista, la nostra Lina
Appiano.

La lotta che coinvolge anche gli OSM pugliesi contro le basi
tipo Mirandola ed i simboli del militarismo (il monumento all'aviazione
militare nella rotonda di Foggia), dovremmo cominciare a guardarla con
gli occhi di chi vede in essa una possibile esperienza di DPN.
Il metro
di giudizio e': quanto il "popolo" la sente propria - la lotta - e vi
partecipa?

Tempo fa (direi un mesetto) ho preso contatti con il Social
Forum di Brescia, a proposito della base di Ghedi, che ospita decine di
atomiche americane. Li ho invitati a seguire l'esempio di Aviano, altra
base atomica nel Friuli, dove cittadini che abitano a ridosso della
base hanno denunciato il governo degli Stati Uniti.
"- Ho degli
avvocati disponibili a farvi da supporto tecnico-", ho detto loro per
incoraggiarli ad agire.
Ieri ho risentito il portavoce del Brescia
Social Forum, che mi ha dato cattive notizie.
Eccole:
"- E'
difficilissimo trovare a Ghedi cittadini che vogliano esporsi per la
denuncia. Un quarto degli abitanti e' formato da militari che hanno
avuto dal governo la casa. La gente in stragrande maggioranza crede
ancora di poter campare sulla base (invero da tempo non e' piu' cosi'.
Ma la percezione della realta' stenta a farsi strada). Tu pensa che lo
stesso consigliere di Rifondazione comunista e' un dirigente di una
fabbrica di esplosivi. Lui non vuole che si tocchi la base di Ghedi-".
Ecco, il dissenso di pochi attivisti per me non e' DPN. A Ghedi non
c'e' una DPN da studiare ma la generosa opposizione di alcuni pacifisti
isolati (in questo momento tra l'altro demoralizzati per gli scazzi
interni di Rifondazione).

La situazione, ne abbiamo parlato gia' a
cattolica, e' invece completamente diversa a La Maddalena: li' c'e'
DPN, li' ormai e' l'intera popolazione che si ribella alla base dei
sommergibili nucleari boicottandola in tutti i modi (pacifici)
possibili ed immaginabili.
Li' c'e' da studiare come ci si organizza,
come ci si mobilita, come si conquista il consenso di politici ed
istituzioni, come si vince.
I pescatori li' non hanno mai sentito
l'espressione DPN pur facendola in concreto.
Io l'ho detto a Gavino
Sale: guarda che tu stai facendo DPN.
Gavino mi ha risposto con la sua
ruvida ma bonaria ironia:
"-Sara' come dici tu, non lo so. Quello che
so e' che noi ci sentiamo invasi da un esercito straniero che ci ha
reso la vita impossibile. Siamo tutti d'accordo per rendergli, a nostra
volta, la vita impossibile finche' non tolgono le tende. Quando parlo
con i soldati americani - sono dei poveracci come me - dico loro: vi
voglio qui da turisti non come invasori-".

Gavino, nella sua profonda
semplicita' popolana, fa risaltare un punto di fondamentale importanza:
la popolazione sarda avverte il militarismo come una invasione, una
minaccia, una fonte di violenze in atto e di violenze future da cui, in
senso proprio, si sta difendendo con l'"arma" della noncollaborazione
attiva di massa.
E' la pancia che fa sentire loro la loro lotta come
una "difesa".
Quello che dobbiamo spiegare a questa popolazione e' che
la loro difesa - qui ed ora - deve diventare un modello permanente ed
alternativo di difesa.
La garanzia di sicurezza contro ogni possibile
minaccia e' mantenere la loro capacita' di mobilitazione popolare
unitaria.

Non e' un passaggio automatico e scontato.
Ma a questo punto
dovremmo intervenire noi, gli OSM, i nonviolenti. Dovremmo fare capire
a La Maddalena, come negli altri posti significativi che andremo ad
individuare, che la loro difesa attuale è la base del modello di difesa
del futuro.
Questa comprensione potra' avvenire se riusciremo a far
confrontare e a mettere in rete queste esperienze di resistenza alla
militarizzazione (solo alla militarizzazione?) con carattere popolare.
E' il compito del nostro gruppo di lavoro, per il quale dovremmo darci
un piano di lavoro, con obiettivi, agenda di contatti ed incontri,
scadenze per la sedimentazione delle consapevolezze e delle forze.
Costruire questa "rete" e' la stessa cosa, in questa fase, che
costruire la DPN dal basso. Ed e' anche cio' che ci permettera' di dare
un senso al nostro sforzo di attivare e gestire percorsi istituzionali
di DPN.

Altra domanda, che e' stata posta con forza da Daniela
Tagliaferri a Cattolica, e che rivolgerei a tutti (ai Drago e ai
L'Abate, ma anche a noi stessi): dovendo necessariamente, da animali
sociali, lavorare con le etichette (vale a dire i simboli, le parole)
ci conviene definire la DCNANV (difesa civile non armata e nonviolenta)
come la dimensione istituzionale della DPN, la quale DPN deve comunque
conservare una sua dimensione sociale separata ed autonoma dalla
burocrazia di Stato?
Pensiamoci su, non abbiamo fretta. Organizziamoci
la clausura (il seminario) per definire una posizione politica, non
l'ennesimo ascolto "di studio" dei soliti - bravissimi, per carita'-
relatori.
Ma e' bene che restiamo consapevoli di questo aspetto: sul
modo di funzionare e lavorare del Comitato DCNANV, ed anche sui suoi
documenti, sono in gioco, la fisionomia e l'immagine essenziali della
Campagna OSM-DPN. Il Comitato, infatti, la cui attivazione è stata
rivendicata come nostro successo addirittura di portata storica
(sarebbe il primo organismo a livello mondiale a "rompere" il monopolio
sulla difesa da parte dei militari), oltretutto include in modo
determinante tra i suoi membri suoi autorevoli e prestigiosi esponenti
della Campagna medesima.
Dobbiamo quindi stare molto attenti nel
valutare i rischi che un malfunzionamento del Comitato DCNANV
comporterebbe di stravolgimento del concetto di difesa nonviolenta che
intendiamo affermare, per di più in presenza di condizioni non
favorevoli (inattendibilità della politica estera e di sicurezza dei
governi, partenariato con una macchina militare costruita su un modello
di difesa offensivo per conto terzi, retroterra politico ed
istituzionale poco o per nulla sensibilizzato, condizionamento
incombente dei vizi tipici dell'"Italietta", assenza di una nostra base
sociale organizzata).

Un caro saluto a tutti

Alfonso Navarra
Lega per
il disarmo unilaterale
Coordinamento politico OSM-DPN