Re: Terrificante



Lorenzo Dellacorte ha scritto:

Cara Paola,
non c'era bisogno di leggere il sito della NATO per
capire che l'Europa non è diretta dagli europei ma
dalle multinazionali americane

ma anche europee come già si leggeva mesi e mesi fa nell'articolo di Lodovisi:

L'OMBRA DELLE LOBBIES

Le lobbi degli armamenti attive in ambito europero

di Achille Lodovisi

In materia di politica estera, sicurezza e difesa comune la Costituzione europea è pesantemente influenzata dagli interessi delle lobbies militari-industriali, che puntano su una "difesa" basata sul potenziamento delle capacità delle forze armate dei paesi dell’Ue e dell’apparato produttivo che le equipaggia

La crisi del processo di ratifica della Carta costituzionale europea, seguita alla bocciatura popolare sancita dalle consultazioni referendarie in Francia e Olanda, offre al movimento per la pace e la democrazia un importantissimo campo di mobilitazione e azione politica. La fase che si è aperta consente infatti di mettere in discussione l’impostazione dell’attuale Costituzione in materia di politica estera, sicurezza e difesa comune (Pesc e Pesd), che in larga misura è il prodotto della concezione del mondo e degli interessi concreti di oligarchie politiche, industriali e militari. Al di là delle enunciazioni di principio, dalla lettura attenta del documento costituzionale emerge con chiarezza e concretezza una sola dimensione della "difesa" europea: quella basata sul potenziamento delle capacità delle forze armate dei paesi membri dell’Ue e dell’apparato produttivo che le equipaggia. In un simile contesto, la Carta fondamentale europea assegna un ruolo decisivo alla European Defence Agency (Eda) (1). Anche se non sono ancora ben chiari i reali poteri dell’Agenzia, è probabile che essa possa assumere le funzioni di un "super direttorato" europeo degli armamenti, su cui eserciterebbero un’enorme influenza gli interessi e le strategie degli oligopoli europei della produzione di sistemi d’arma e di sicurezza. In altre parole, si tratterebbe di una sorta di cabina di regia politica posta alla guida del nascente complesso militare-industriale del vecchio continente. Questo processo, che rappresenta una variante europea di quanto è già accaduto negli Stati uniti, appare come una seria minaccia per la libertà, la democrazia e la pace. Ma se simili paragoni sembrano troppo generici, si tenga presente che, per quanto è oggi dato capire, i lavori e i progetti dell’Eda, al pari di molti degli aspetti principali delle vicende politiche e istituzionali collegate alla definizione concreta della Pesc, sfuggono alla verifica puntuale del Parlamento europeo e delle organizzazioni e movimenti politici di base a causa della poca trasparenza e pubblicità accordata ai momenti negoziali e preparatori delle decisioni.

IL CAMMINO VERSO L’ISTITUZIONE DELL’AGENZIA
L’Eda, della cui creazione si era già discusso nel vertice franco-britannico del febbraio 2003 e nel vertice europeo di Salonicco, è stata istituita da una Azione comune adottata dal Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue del 12 luglio 2004 (2). La sua formalizzazione nel dettato costituzionale come pilastro portante di Pesc e Pesd rappresenta una novità rispetto alle difficoltà e ai fallimenti incontrati in passato da organismi analoghi, un passo decisivo verso il consolidamento di un processo già in atto almeno dal Trattato di Amsterdam del 1997. Quest’ultimo aveva delineato per sommi capi la struttura della politica estera e di sicurezza comune. In seguito quello che appariva come un contenitore in parte vuoto è stato progressivamente colmato non già con chiari indirizzi politici frutto di un vasto coinvolgimento popolare e democratico, bensì con provvedimenti burocratici a volte poco trasparenti e accordi sovente messi a punto al di fuori delle sedi istituzionali, nazionali o europee da una ristretta élite politica in collaborazione con i vertici delle industrie a produzione militare. In Italia, Francia, Spagna, Regno unito, Germania e Svezia (i sei maggiori produttori d’armamenti in Europa) questo processo si è manifestato appieno nel luglio 2000 con l’adesione dei governi all’Accordo quadro per la ristrutturazione dell’industria europea degli armamenti (3), una decisione adottata in ossequio alle esigenze delle grandi imprese del settore, che intendono la ristrutturazione del settore secondo un paradigma che prevede la rimozione degli ostacoli politici e normativi che "intralciano" la libera circolazione dei materiali d’armamento all’interno dell’Ue e l’espansione delle esportazioni. A questo si deve aggiungere la continua richiesta di un maggiore e deciso impegno finanziario degli stati per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di sistemi d’arma e l’adozione di politiche di sostegno, assistenza e assicurazione alle esportazioni per far fronte all’accanita competitività delle industrie statunitensi sui mercati internazionali.

LA POLITICA EUROPEA DI DIFESA
Il movimento italiano per la pace e la difesa della democrazia ha avuto modo di sperimentare, forse per primo in Europa, la portata di una simile strategia, che ha tra gli obiettivi principali quello di svuotare di significato qualsiasi legislazione che intenda promuovere la trasparenza e il controllo nella produzione e soprattutto nel commercio delle armi. Vale infatti la pena di ricordare come la revisione e l’indebolimento del disposto della legge 185/90, che regolava sino al 2003 le esportazioni e le importazioni di materiali d’armamento in Italia, sia stato giustificato proprio dall’adesione all’Accordo quadro e al suo regime assai lasco e poco trasparente in materia di controllo dei flussi di armi. Più di recente, la nascita dell’Eda è stata preceduta da alcuni sviluppi significativi della politica europea in materia di difesa: nel novembre 2002, con l’avallo del Consiglio dei ministri europeo, ha preso il via il Piano d’azione per il miglioramento delle capacità militari (Ecap). Dopo alcuni mesi sono stati siglati gli accordi permanenti Ue-Nato in materia di pianificazione operativa e svolgimento di missioni internazionali. La Presidenza del Consiglio europeo del 20-21 marzo 2003 ha in seguito invitato ad analizzare l’eventualità della creazione di un’agenzia intergovernativa per lo sviluppo delle capacità di difesa nell’ambito dell’Ue. Il 19 maggio 2003 si è poi svolta la conferenza sullo stato delle capacità militari europee, che ha preso in esame il lavoro dei 19 gruppi di studio incaricati non solo di esaminare le principali carenze in campo di preparazione e operatività militare, ma anche di formulare proposte intese a “migliorare e potenziare le strutture e a sviluppare le procedure e la dottrina” (4).

PER MILITARIZZARE LA RICERCA E L'INNOVAZIONE
In seguito all’analisi delle conclusioni raggiunte si è deciso di proseguire tale attività sviluppando una fase più impegnativa, incentrata su programmi di acquisizione e locazione di armamenti che dovrà consentire l’ampliamento del "catalogo" delle forze e dei mezzi disponibili per le missioni militari dei paesi Ue e degli stati candidati all’ingresso nell’Europa comunitaria. Contemporaneamente, il Comitato politico e di sicurezza europeo (Cps) ha messo a punto il quadro "concettuale" indispensabile per la condotta di operazioni militari che impongono una reazione rapida, quadro di cui poco si conosce nel dettaglio. In simili missioni potrebbe essere impiegato il costituendo corpo di spedizione europeo, formato da 60.000 uomini da mobilitarsi completamente nell’arco di due mesi per compiti operativi della durata di un anno. Nel marzo del 2003, infine, ha preso il via in Macedonia la prima missione militare europea sotto bandiera Onu, seguita dall’operazione avviata in Bosnia nel dicembre 2004. Entrambe le operazioni hanno consentito il progressivo "disimpegno" statunitense dai Balcani in funzione di un ridispiegamento in Iraq. Nel marzo del 2003, inoltre, il Consiglio europeo svoltosi a Bruxelles ha riconosciuto il ruolo propulsivo che potrebbero svolgere la ricerca e sviluppo in materia di sicurezza e difesa nella promozione delle tecnologie di punta e della competitività dell’industria europea. In sostanza, è stata sancita l’adesione politica a un paradigma secondo cui la militarizzazione di un importante settore d’attività come quello della ricerca e dell’innovazione può costituire uno strumento efficace per la conquista di nuovi mercati e l’allargamento dell’influenza europea nel mondo. Un simile assunto, a cui si ispira una delle missioni principali dell’Eda, è tutto da dimostrare e costituisce una novità assoluta nel panorama delle enunciazioni della politica europea. Esso è stato in seguito sottolineato e riproposto con forza nella comunicazione della Commissione intitolata Difesa europea - Questioni industriali e di mercato: verso una politica comunitaria in materia di attrezzature militari, presentata al Consiglio dai commissari europei Liikanen e Busquin (5), entrambi impegnati in attività di lobbying per promuovere in sede europea gli interessi dell’industria aerospaziale e della difesa.

IL SANCTA SANTORUM DI SICUREZZA E DIFESA COMUNE?
Il comitato direttivo dell’Eda ha sede a Bruxelles, è composto dai ministri della Difesa dei paesi membri dell’Ue, ad eccezione della Danimarca che non ha aderito all’iniziativa, e da un rappresentate della Commissione europea ed è presieduto da Javier Solana (Alto rappresentate per la Pesc). La struttura operativa costituisce un connubio tra le esigenze dell’industria a produzione militare e quelle della burocrazia europea. Essa prevede infatti un organismo di direzione, assistito da un ufficio per i servizi e le relazioni con le aziende e da quattro direttorati incaricati di seguire i settori: capacità, ricerca e sviluppo e tecnologia, sistemi d’arma, industria e politiche di mercato (6). Alla definizione di un simile quadro organizzativo hanno partecipato, su invito della Presidenza del Consiglio europeo per gli Affari generali e le Relazioni esterne, i direttori generali degli armamenti degli stati membri dell’Ue (7) e i rappresentanti di spicco del mondo militare-industriale. Entro il 2005 l’Agenzia dovrebbe funzionare a pieno regime. Dal punto di vista politico l’Eda si presenta come una sorta di organismo a struttura flessibile, capace di influenzare ai massimi livelli la dirigenza dell’Ue. Probabilmente avrà strette relazioni con iniziative europee di cooperazione già esistenti come l’Organismo congiunto di cooperazione in materia di armamenti (Occar), a cui i governi europei hanno affidato la gestione di sei programmi d’armamento, tra cui quello per la realizzazione dell’aereo militare da trasporto strategico A400M, e l’Accordo quadro. Non è da escludere, tuttavia, che l’Eda possa incorporare tali attori, soprattutto in considerazione delle difficoltà operative che essi stanno incontrando (8). La Costituzione prevede che lo statuto e le regole operative dell’Eda debbano essere approvate dal Consiglio dei ministri europeo a maggioranza qualificata (ma attualmente è in vigore una clausola di salvaguardia degli interessi nazionali opponibile da ciascun stato membro) e contempla l’istituzione di gruppi di lavoro specifici che seguano i programmi per la realizzazione di sistemi d’arma o progetti di vario genere, anche in collaborazione diretta con la Commissione europea.

DIFESA = PROIEZIONE DI POTENZA
L’Agenzia, stando all’attuale dettato costituzionale, dovrebbe identificare gli obiettivi degli stati membri in materia di miglioramento delle capacità militari e verificarne il conseguimento. Concretamente, l’Eda dovrebbe promuovere l’armonizzazione delle necessità operative e delle politiche d’acquisizione di beni e servizi militari favorendo la progressiva creazione di un mercato unico europeo in questo campo; dovrebbe proporre inoltre e gestire progetti multilaterali tra gli stati membri, coordinare i programmi di coproduzione intergovernativa di armamenti, e in particolare sostenere la ricerca tecnologica dedicata a sicurezza e difesa. Tra i compiti dell’Agenzia figurano anche la pianificazione di attività e studi in comune e la promozione di ogni misura per rafforzare la base tecnologica del settore e rendere più efficace la spesa militare rispetto agli obiettivi di potenziamento delle capacità di intervento, ossia di proiezione di potenza, dell’Ue nelle crisi internazionali. Che si stia affermando una visione politica manichea e avventurista secondo cui la "difesa" dei paesi dell’Ue deve avvenire mediante la "tutela" armata degli interessi europei su vasta scala può essere dimostrato dalla tipologia delle "carenze" militari degli stati membri individuate in sede Ecap. Su dieci settori segnalati, sette possono essere totalmente o in larga misura ricondotti alla proiezione di potenza; tra questi figurano l’acquisizione di capacità di rifornimento in volo degli aerei (che amplia notevolmente il raggio d’azione dei velivoli), lo sviluppo e il miglioramento di operazioni di ricerca e soccorso in zona di combattimento, il potenziamento delle infrastrutture di comando, comunicazione e controllo, l’istituzione e il potenziamento di forze per operazioni speciali (Sof, molto impiegate dagli Usa in Iraq e Afghanistan), lo sviluppo di velivoli non pilotati (Uav) - il cui impiego per la ricognizione e lo spionaggio si sta diffondendo in ragione delle particolarità fisiche e umane degli scenari di guerra extra europei, ma potrebbe essere esteso a operazioni di sicurezza interna - e, infine, il potenziamento del trasporto aereo strategico, capace di consentire lo spostamento rapido di uomini e mezzi su distanze superiori ai 2.000 chilometri. Non sono mancate altre indicazioni coerenti con tale impostazione, come lo sviluppo di nuovi elicotteri da attacco e trasporto, di missili da crociera, delle munizioni con guida di precisione e del trasporto strategico via mare, indicazioni fatte proprie in prima persona dai ministri europei della Difesa.

IN SINTONIA CON LE INDUSTRIE MILITARI EU
Come è facile intuire, si tratta di "missioni" perfettamente in sintonia con gli obiettivi strategici degli oligopoli militari-industriali e finanziari europei. Il sostegno alla creazione dell’Eda, intesa come strumento per la realizzazione di un grande mercato europeo degli armamenti e per far affluire risorse verso la ricerca e sviluppo e la tecnologia per la difesa e la sicurezza, rientrava infatti tra i dieci obiettivi prioritari per l’anno 2004 adottati dalla AeroSpace and Defence Industries Association of Europe (Asd), la principale e assai influente associazione continentale delle industrie aerospaziali e a produzione militare (9). Alle aziende del settore non mancano gli strumenti per esercitare un forte condizionamento sulle scelte politiche e, come se ciò non bastasse, gli ambienti istituzionali europei non tralasciano certo di offrire loro nuovi importanti occasioni in cui presentare analisi e richieste. Nel corso dei lavori preparatori che hanno portato alla stesura della Carta costituzionale, ad esempio, i dirigenti dei due maggiori gruppi europei del settore (Eads e Bae Systems) e dell’European Defence Industries Group (Edig, dall’aprile del 2004 confluita nell’Asd) figuravano tra i tredici esperti consultati dal gruppo di lavoro sui problemi della difesa, mentre nessun rappresentante del movimento pacifista, delle organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti umani e nei progetti umanitari, o dei movimenti di base laici o religiosi è stato interpellato (10). I contenuti delle audizioni dei rappresentanti del mondo militare-industriale non sono stati resi pubblici ma, alla luce del testo costituzionale, esistono pochi dubbi sulla loro capacità persuasiva.

SOSTEGNO TRASVERSALE
Non solo i vertici industriali ma anche una parte importante della classe politica sostiene attivamente questo processo di militarizzazione della politica europea. Il sostegno è trasversale e interessa esponenti di diversi schieramenti politici. Per semplificare, si possono individuare due scuole di pensiero: la prima coinvolge moltissimi membri della destra europea filo-statunitense che conciliano la fedeltà atlantica e quella agli interessi dei colossi industriali europei appoggiando la teoria del burden sharing, ovvero della condivisione del peso militare ed economico prodotto dall’attuale fase di avventurismo ed egemonismo militare che caratterizza la politica di Washington. Tale condivisione, richiesta a gran voce dalla sponda americana dell’Atlantico, comporterebbe l’aumento delle spese militari, il potenziamento delle forze armate europee e il loro impiego in funzione ancillare nell’ambito dei progetti strategici statunitensi. La seconda scuola di pensiero raccoglie adesioni non solo nella destra nazionalista, meno incline al vassallaggio nei confronti degli Usa, ma anche tra esponenti delle formazioni politiche di sinistra: si tratta di una visione che potremmo definire della "Fortezza Europa", ovvero di una Ue militarmente forte, capace di proporsi autonomamente sugli scenari mondiali, se non addirittura di divenire l’antemurale degli Usa nella lotta per l’egemonia su vaste aree del pianeta.

UNA MILITARIZZAZIONE PERVASIVA
È opportuno osservare che l’eventuale saldatura tra queste due posizioni rappresenterebbe un’autentica sciagura per la pace e la democrazia, e come tale convergenza si stia realizzando con il pretesto della lotta al terrorismo. Quest’ultimo, da parte sua, non solo colpisce barbaramente civili innocenti, ma offre anche un efficace argomento ai vari potentati per adottare misure liberticide e spingere nella direzione di una pervasiva militarizzazione della società, caratterizzata concettualmente da un impiego ambiguo e volutamente confuso di termini quali difesa e sicurezza. Gli stanziamenti destinati in ambito Ue al settore della "sicurezza interna", il cui mercato mondiale valutato in 100 miliardi di dollari è molto appetito dai colossi militari-industriali, sono oggi una sorta di "apripista" che spiana la strada a futuri impieghi di risorse in programmi inequivocabilmente militari (11). Il cospicuo finanziamento per 3,5 miliardi di euro della ricerca destinata a "sicurezza e attività spaziali" previsto dal Settimo programma strutturale per la ricerca (2007-2013) dell’Ue, contro i 2,2 miliardi assegnati al settore della tutela dell’ambiente, rappresenta un passo in tale direzione (12).

UN PROCESSO PIENO DI CONTRADDIZIONI
Nonostante tutto, sulla strada che sembra essersi aperta con l’istituzione dell’Eda si frappongono numerosi ostacoli, a cominciare dalla tendenza di tutti i governi ad adottare pratiche fortemente protezionistiche per difendere l’industria nazionale, ricorrendo ad esempio alle eccezioni all’utilizzo della normativa europea previste dal Trattato dell’Unione nelle gare d’appalto per le forniture militari (13). Il superamento, sotto l’egida dell’Agenzia e dei colossi militari industriali europei (Eads, Bae Systems, Thales, Finmeccanica), dell’attuale frammentazione dei mercati, della duplicazione dei progetti e delle produzioni e dei forti "particolarsimi" nazionali consentirebbe di liberare notevoli risorse da destinare non certo a investimenti nei settori della tutela sociale, dell’istruzione o dell’ambiente, bensì al potenziamento delle capacità militari europee esplicitamente previsto dall’articolo I-41 dell’attuale Costituzione. La sottomissione completa dei paesi dell’Ue meno dotati in materia militare-industriale alla volontà degli oligopoli franco-tedeschi e italo-britannici degli armamenti è però ben lungi dall’essere assodata. Esiste inoltre un ulteriore elemento di incertezza rappresentato da una serie di tensioni e conflitti tra le strategie politiche, industriali, commerciali e finanziarie messe in campo dalle maggiori aziende a produzione militare europee e dai loro governi, scontri di interessi che si ripercuoteranno sull’azione futura dell’Eda a cui spetterebbe il compito di indicare alla dirigenza politica quali tra i tanti progetti e le numerose produzioni di armamenti dovranno essere abbandonati (con evidenti conseguenze negative sull’occupazione, ma anche sull’autosufficienza in campo militare) e quali, al contrario, beneficeranno del sostegno politico e finanziario dell’Ue. Non vanno poi dimenticate le gravi difficoltà di bilancio di molti stati dell’Unione e, fattore importantissimo se non decisivo, la vasta impopolarità di eventuali misure la cui sostanza sarebbe quella di instaurare una sorta di economia di guerra pianificata da Bruxelles che dirotterebbe le risorse destinate alle spese sociali e per il welfare verso il complesso militare-industriale europeo.

IL GOVERNO ITALIANO
Per il momento sembra prevalere un approccio graduale che ha scelto come obiettivo prioritario quello di smantellare le norme che prevedono controlli sulle esportazioni d’armi, incluso il pur debole Codice di condotta europeo. L’Eda potrebbe, in questa logica, introdurre nella normativa comunitaria il regime previsto dall’Accordo quadro e basato sulla discrezionalità dei governi e delle aziende. Il governo italiano si sta preparando: dopo la revisione della legge 185/90 portata a termine nel 2003 con l’introduzione del sistema delle "licenze aperte" che diminuisce notevolmente i controlli per i programmi di coproduzione di armamenti - revisione avvenuta tra notevoli difficoltà politiche causate dalla forte opposizione esercitata dai movimenti per la pace -, l’esecutivo ha annunciato che entro il 2005 sarà realizzato uno “studio per un progetto governativo di riscrittura della legge 185/90 alla luce dei vari provvedimenti legislativi che ad essa più o meno direttamente afferiscono e all’ambiente normativo europeo in cui comunque deve operare” (14).

RITRATTI DI LOBBIES
Molte delle considerazioni sin qui svolte sono condivise dal recente studio di Frank Slijper citato in precedenza. Questo lavoro offre tuttavia un contributo assai originale e interessante che descrive la storia e gli obiettivi dei gruppi di pressione e consulenza e delle lobbies che agiscono nelle sedi istituzionali europee e all’interno degli organismi politici decisionali dell’Ue per realizzare gli obiettivi dell’industria a produzione militare. Nella Tabella 1 sono sintetizzate le informazioni più interessanti relative sia ai gruppi e associazioni che agiscono in una cornice di semi-ufficialità estremamente formale, sia ai "think tanks", qui definiti "forum", che adottano tecniche di lobbing più tradizionali come pranzi e cene di lavoro, meeting e conferenze sponsorizzate ecc. L’azione delle lobbies ha dunque avuto un peso notevole per orientare in senso esclusivamente militare il concetto di sicurezza e difesa europea e in futuro continuerà a esercitare pressioni per ottenere l’avallo politico, normativo e finanziario al consolidamento del complesso militare industriale europeo. Tutto ciò è avvenuto e avverrà in maniera sfuggente e nascosta, cercando di occultare la reale portata dei processi in atto dietro generiche affermazioni di principio veicolate dai mezzi di comunicazione di massa. Nell’esercito di 15.000 lobbyisti professionisti attivo nelle sedi europee l’influente manipolo che cura gli interessi degli oligopoli armieri è particolarmente attivo. È questa un’ottima ragione per estendere immediatamente le attuali iniziative messe in campo dalle organizzazioni non governative di base contro l’eccessiva influenza delle lobbies sul processo decisionale europeo (15) anche al settore della politica estera e di sicurezza. Ma è soprattutto necessario contrastare l’azione di lobbying con la costruzione e il rafforzamento di una rete europea in grado di promuovere non solo iniziative, ma anche di elaborare e diffondere una visione culturale della politica di sicurezza e difesa alternativa a quella oggi dominante incentrata sulla potenza militare: un network europeo che sia in grado di estendere a tutti i paesi dell’Unione le esperienze positive realizzate nei diversi ambiti nazionali come, ad esempio, quelle scaturite in Italia dalla lotta per la difesa e l’applicazione severa della legge 185/90 o dalla campagna "Banche armate".

NOTE
(1) Cfr. articoli I-41 e III-311 dell’attuale Carta costituzionale.
(2) Azione comune 2004/551/Pesc del 12-7-2004.
(3) Per una puntuale disamina delle vicende dell’Accordo quadro si rimanda a C. Bonaiuti, La regolamentazione europea del commercio di armi: una comparazione tra due strumenti, in C. Bonaiuti, A. Lodovisi (a cura), Il Commercio delle armi. L’Italia nel contesto internazionale. Annuario Armi-Disarmo Giorgio La Pira, Jaca Book, Milano 2004, pp. 321-340. (4)Dichiarazione sulle capacità militari dell’Ue dei ministri della Difesa, documento allegato al resoconto della 2509a Sessione del Consiglio "Affari generali e relazioni esterne", Bruxelles, 19-20 maggio 2003, doc. 9379/03, p. 14. (5) Verso una politica comunitaria in materia di attrezzature militari. Conclusioni del Consiglio, Resoconto della 2505a Sessione del Consiglio (Mercato interno, industria e ricerca), Bruxelles, 13-5-2003, doc. 9039/03, p. 18. (6) Nel bilancio del 2005 l’EDA dispone di 25 milioni di € e di uno staff di 80 persone. (7) (Orientamenti della Presidenza sul rafforzamento della cooperazione nel settore degli armamenti, Resoconto della 2509a Sessione del Consiglio ‘Affari Generali e Relazioni Esterne’, Bruxelles, 19-20 maggio 2003, doc. 9379/03, Allegato, p. 12. (8) Si vedano le considerazioni al riguardo contenute nella Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento ... (anno 2004), Camera dei Deputati, Atti parlamentari XIV Legislatura, doc. LXVII, n. 4 pp. 17-18.
(9) Asd, Top 10 Priorities for 2004, www.asd-europe.org/Publications/.
(10) F. Slijper, The emerging EU Military-Industrial Complex. Arms industry lobbying in Brussels, Transnational Institute, Dutch Campaign Against Arms Trade, Amsterdam maggio 2005, p. 7, www.stoparmstrade.org.
(11) F. Slijper, cit., pp. 18-19.
(12) La decisione è stata preceduta da un’intensa azione di pressione e lobbying, culminata nel marzo 2004 con la presentazione al Presidente della Commissione europea Prodi del rapporto intitolato Research for a Secure Europe redatto dal Group of Personalities in the Field of Security Research (GoP). La Commissione europea ha accolto molte delle proposte del rapporto. (13) Nel primo semestre del 2004, la Commissione europea ha adottato una specifica iniziativa avviando consultazioni con gli stati membri. (14)Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento ..., cit. p. 23. (15) Tra i numerosi siti internet che sostengono questa lotta democratica si segnala: http://corporateeurope.org/.