L’inquinamento mondiale della guerra? E’ nello sperma dei soldati. Anche italiani



Chiedetelo ad un soldato che sia stato in missione militare all’estero: “Cosa c’è nel tuo sperma?” Non lo sa. Ma ora noi lo sappiamo: c’è l’inquinamento mondiale prodotto dai bombardamenti con uranio impoverito. Recenti analisi hanno rintracciato nello sperma dei soldati piccolissime palline rotonde di titanio, cobalto, cromo, molibdeno. Sono le “nanoparticelle”.

Le audizioni della Commissione di inchiesta del Senato sull'uranio impoverito ha acquisito la relazione della dottoressa Antonietta Gatti, esperta di nanopatologie. Nel Laboratorio dei biomateriali presso il Dipartimento di neuroscienze dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia vi sono sistemi di osservazione e indagine di nuovissima generazione in grado di osservare l’infinitamente piccolo. E hanno potuto rinvenire le nanopolveri prodotte dalla guerra moderna. L’indagine, partita dall’uranio impoverito, ora si allarga a tutti i poligoni di tiro dove si producano esplosioni a temperature superiori ai 2 mila gradi. E coinvolge quindi anche i poligoni di tiro pugliesi in cui i Comitati Alta Murgia e PeaceLink chiedono lo stop delle esplosioni e un’indagine sulle eventuali nanoparticelle sprigionate.

Ormai diventa sempre più chiaro che il vero killer non è solo di per sé l’uranio impoverito ma è l’intero processo di vaporizzazione incandescente che produce nanoparticelle inquinate e inquinanti. Pertanto gli effetti cancerogeni si possono ottenere con tutte le deflagrazioni ad altissima temperatura, non solo con l’uranio impoverito. Se i proiettili colpiscono obiettivi come raffinerie o fabbriche (e noi con la Nato sappiamo quante ne abbiamo bombardate nella guerra del Kossovo) i proiettili ad uranio impoverito possono produrre nanoparticelle potenzialmente cancerogene capaci di passare nel sangue e nello sperma. E da lì al partner. E’ in atto una contaminazione globale invisibile, fatta di nanoparticelle che entrano nei tessuti di soldati e i civili coinvolti, senza più uscirne. Non solo. Possono arrivare sulle nostre tavole, in un cavolo ad esempio.

Le nanoparticelle ingerite (o inalate) passano tutte le barriere biologiche un tempo reputare “invalicabili”: la barriera polmonare, quella intestinale, quella ematoencefalica. Questo non accadeva con le microparticelle, di diametro maggiore, come ad esempio il famigerato PM10 che entra nei polmoni ma non passa attraverso le barriere biologiche.

Ora invece piccolissime sferette perfettamente tondeggianti - di metalli pesanti entrano nel sangue e nello sperma. Sono nanosfere invisili alle apparecchiature di monitoraggio tradizionale e che ora è possibile osservare grazie ai laboratori specializzati in nanotecnologie. Nel corpo umano non si era mai vista una cosa del genere. Per la storia della medicina siamo di fronte ad una rivoluzione maligna innescata dalle nuove tecnologie belliche. Spiega la dottoressa Antonietta Gatti: “Ho studiato il caso di un soldato canadese. Questo paziente, che era un maratoneta, è tornato dalla guerra del Golfo dopo sei mesi in sedia a rotelle e dopo otto anni è morto. Nel frattempo ha sviluppato almeno sei o sette sindromi, aveva tutto il compendiario del libro di patologia e, alla fine, anche l'Alzheimer. Aveva disseminate in tutto il corpo (io ho avuto il fegato, il polmone, la milza) particelle di antimonio cobalto, di cobalto e di mercurioselenio; non ho mai visto questa lega, non so come possa essere entrata. Questa persona aveva gli occhi marroni; dopo due anni di patologia aveva gli occhi sul grigio, dopo altri due anni gli occhi sono diventati blu. Il militare, una volta tornato a casa, aveva delle turbe neurologiche e non riusciva a portare a termine l'atto sessuale; il giorno dopo la partner aveva bruciori nella parte interna tali da non poter stare in piedi. Ha dovuto inserire un preservativo con del ghiaccio dentro. La partner, in seguito, ha avuto anche perdite di sangue che non sono comprensibili da nessun ginecologo”.

La dottoressa Gatti in una relazione molto dettagliata che è sul sito di PeaceLink - ha fatto esplicito riferimento alla possibilità di ingestione delle nanoparticelle tramite alimenti come ad esempio i cavoli. Le conclusioni? Sono amare. Noi abbiamo avvelenato il mondo con la guerra. Ora la guerra sta avvelenando noi. Con contraccolpi imprevisti. Pensavamo di sbarazzarci in modo facile e indolore delle nostre scorie nucleari con i proiettili ad uranio impoverito. Ma dovremo stare molto attenti. Ad esempio ai cavoli che mangiamo. E’ proprio il caso di dire: “saranno cavoli amari”!

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
http:/www.peacelink.it