Guerra ambientale e Iraq



La guerra ambientale in Iraq:

Irakstory - Le cinque bombe ambientali secondo l’Onu: un’indagine dell’Unep sugli stabilimenti di Saddam e sui bombardamenti degli Usa: le tonnellate di cianuro abbandonate ad al-Qadissiya, la miniera incendiata di al-Mishraq, i pesticidi dispersi ad al-Suwaira - Il rapporto integrale

Nairobi, 21 novembre – Ci sono cinque luoghi dell’Irak ad altissimo rischio per la salute umana e ambientale su cui occorre intervenire subito. Eccoli: l'impianto placcatura metalli di al-Qadissiya, il deposito di pesticidi di al-Suwaira, lo stoccaggio petrolchimico di Khan Dhari, la miniera di zolfo di al-Mishraq e il deposito di rottami bellici di Ouireej. Tre di questi luoghi (Khan Dhari, al-Suwaira e Ouireej) sono a pochi chilometri dalla capitale Bagdad, mentre al-Mishraq è a 50 chilometri da Mossul, e la bomba chimica di al-Qadissiya occupa 50 ettari nella piana tra il Tigri e l'Eufrate. Questa è la “punta dell'iceberg” della drammatica situazione ambientale irachena secondo la denuncia dell’Unep, l'agenzia ambiente delle Nazioni Unite con sede a Nairobi, che ha appena diffuso un rapporto su “L’eredità ambientale della guerra, del conflitto e del saccheggio”, che pubblichiamo in pagina Approfondimenti. Secondo Klaus Töpfer, direttore esecutivo dell’Unep, “le guerre, i conflitti, l'instabilità e la scarsa gestione ambientale del precedente regime hanno lasciato le loro minacce sul popolo e sull’ambiente iracheni”. Narmin Othman, ministro iracheno dell’Ambiente, aggiunge che “L’Irak si trova davanti a molti impegni ambientali, alcuni dei quali effetto del conflitto, ma molti come risultato della mancanza di investimenti senza gestione ambientale”. In tutto sono cinquanta i siti segnalati dall’Unep dal ministero iracheno dell'Ambiente per la selezione di progetti di decontaminazione. Al-Qadissiya è il luogo che più di altri preoccupa l'Unep, secondo la cui analisi lo stabilimento contiene molte tonnellate di sodio cianuro che era stato utilizzato per la placcatura di metalli (comprese - dice il rapporto - le piccole armi prodotte nell'impianto prima della guerra). Lo stabilimento - spiega l'agenzia dell'Onu - fu realizzato negli anni ’80, occupa circa 50 ettari ed è stato bombardato più volte, saccheggiato e demolito durante e dopo il conflitto del 2003. Un team di ricercatori messi a disposizione dal governo giapponese ha controllato 60 campioni di suolo, rifiuti e acque superficiali e ha concluso che “il problema più pressante è quello costituito dai cumuli di contenitori di sodio cianuro”, un composto la cui dose letale è fissata in meno di un grammo, ancora stoccati nelle rovine dell'impianto assieme ad altri metalli pesanti come piombo, nickel, cadmio e antimonio. “La maggiore preoccupazione deriva dalla possibilità che bambini, che entrano ed escono dal sito, possano essere esposti alla contaminazione attraverso la pelle o per ingestione accidentale”. Il piano semestrale di risanamento, che potrebbe cominciare in dicembre, comincerà con la rimozione delle sostanze più pericolose. Per decontaminare al-Qadissiya sono stati messi a disposizione dell'Unep 900mila dollari di cui una parte servirà per intervenire anche nell'area dell'impianto chimico di al-Suwaira. Ad al-Suwaira “l'inquinamento da pesticidi è considerato a livello di rischio potenziale per la salute pubblica anche se in misura minore rispetto all'impianto di placcatura di metalli”. Lo stoccaggio di pesticidi è rimasto in attività per 30 anni e ha accumulato anche scorte di metalli pesanti (come mercurio, zinco e calcio), ma anche sostanze neurotossiche derivate dal cloro e dal fluoro come il lindano, l'ettacloro e il Ddt. “Dopo il marzo 2003 è stato saccheggiato, i contenitori dei pesticidi sono stati distrutti - dice il rapporto - e i pesticidi sono stati dispersi dappertutto all'interno dell'edificio”. Il rapporto conclude che il sito comporta attualmente pochi pericoli per la salute umana, visto che attualmente è chiuso e messo in sicurezza. Ma sono rimasti 100 metri cubi di sostanze tossiche presenti nel deposito da bonificare. Il petrolchimico di Khan Dhari, a 30 chilometri a ovest di Bagdad, contiene molte tonnellate di sostanze chimiche, ed è stato saccheggiato e bruciato in parte dopo il marzo 2003. Per l'Unep, l’impianto “rappresenta un rischio per la salute dei lavoratori dell'area a causa dei danni alle strutture”. Nel caso della miniera di zolfo di al-Mishraq, a 50 chilometri da Mossul, una fra le più grandi al mondo, fu colpita nel giugno 2003 da un incendio devastante che ha bruciato 300mila tonnellate di zolfo già estratto e accumulato negli stoccaggi. Oggi l’impianto non presenta particolare rischio per la salute umana, ma lo scioglimento dell’enorme quantità di scorie solforate sta producendo una forte acidificazione dei suoli e dell'acqua. Ouireej, un'area residenziale situata 15 chilometri a sud di Bagdad, è diventata nel 2003 un'area di deposito e dismissione di armi distrutte. Raccoglie centinaia di oggetti altamente pericolosi come carri armati, missili inesplosi e sostanze chimiche. “Il sito rappresenta un rischio grave per la salute umana, specialmente per i lavoratori, ma anche per i residenti della zona”. L'Unep raccomanda che le operazioni di rottamazione avvengano in un'area molto più lontana dagli insediamenti abitativi. Il Paese ha una significativa eredità di siti industriali e militari contaminati e abbandonati (“has a significant legacy of contaminated and derelict industrial and military sites”). Inoltre, come è evidente a Ouireej, “la distruzione dell'arsenale militare iracheno ha creato nuovo inquinamento e problemi di rifiuti pericolosi” che sarebbe preferibile gestire in maniera ben diversa da quella attuale. Per mettere il Paese in sicurezza occorrono - conclude l'Unep - almeno 40 milioni di dollari.
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