dpistaggio o verità ? ccuse choc di Guzzanti (FI) sui sovietici a La Maddalena unione e nuopva del 15\3\2005



secondo  Guzzanti padre   le  atomiche   alla maddalena  e    vicibno ad
altre basi  americaner  le  avrebbero emsse i  sovietici


Unione  sarda  del  15\3\2005


Bombe atomiche nei fondali della Maddalena. La sconvolgente rivelazione è
del senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti, presidente della commissione
d'inchiesta sul dossier Mitrokhin. «Non ho ancora in mano i documenti che
provino tutto questo. Gli elementi che ho raccolto sono comunque necessari
per parlarne», ha dichiarato il parlamentare. Secondo Guzzanti, i russi
negli anni Settanta avrebbero piazzato le bombe nucleari sui fondali di
fronte alle coste italiane «per usarle come mine in caso di guerra e per
provocare inquinamenti radioattivi, dei quali incolpare la flotta Usa. Gli
ordigni sarebbero ancora in fondo al mare». Immediata la reazione del
presidente del parco: «Fosse vero bisognerebbe tacere»


«Bombe atomiche alla Maddalena piazzate dai sovietici negli anni '70»
Sconvolgente "rivelazione" del senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti Il
presidente del Parco: «Sono sconcertato, fosse vero bisognerebbe tacere»
Di STEFANO LENZA Altro che inquinamento radioattivo provocato da
sommergibili americani a propulsione atomica. Da circa trent'anni, nelle
acque intorno a Santo Stefano ci sarebbero bombe nucleari sparse qua e là
dai sovietici. Più che un'ipotesi, è quasi una certezza, almeno per il
senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti. «Non ho ancora in mano i documenti
che provino tutto questo, ma conto di venirne in possesso al più presto. Gli
elementi che ho raccolto sono comunque sufficienti per parlarne», ha detto
ieri a La Spezia, rivelando in un convegno, l'esistenza di questa sorta di
arsenale rosso sommerso. «Negli anni Settanta l'Unione Sovietica posò bombe
nucleari sui fondali di fronte alle coste italiane, per usarle come mine in
caso di guerra e per provocare inquinamenti radioattivi, dei quali incolpare
la flotta Usa e questi ordigni sarebbero ancora in fondo al mare», ha
spiegato Guzzanti, presidente della commissione d'inchiesta sul dossier
Mitrokhin. «Queste bombe - ha precisato - oggi non sono più una minaccia
militare, ma un pericolo per l' ambiente, in caso di perdite di materiale
radioattivo». Ha quindi ipotizzato che alcuni di questi ordigni si trovino
di fronte alle basi navali americane in Sardegna. «In caso di inquinamento
radioattivo - ha denunciato - sarebbe stato possibile accusare la flotta
statunitense». L'idea che tra i coralli dell'arcipelago possano celarsi
ordigni atomici non è proprio il massimo per l'immagine di La Maddalena e di
tutto il nord est della Sardegna. Il presidente del Parco Marino, l'avvocato
Gianfranco Cualbu (An) lo sa bene e commenta con insolita durezza le
affermazioni di Guzzanti. «Sono sconcertato. Se una notizia simile fosse
vera, bisognerebbe tacere per non creare allarme e, in gran segreto,
intervenire immediatamente per rimuovere gli ordigni. In ogni caso non ho
mai sentito niente del genere», dice Cualbu. «Se affermazioni di questo tipo
le facesse un senatore dell'opposizione - osserva - non le giustificherei ma
potrei capirle. Mi cascano invece le braccia a sentirle da un rappresentante
della maggioranza: avrebbe fatto meglio ad andare dal ministro della Difesa,
tra l'altro uomo del suo stesso partito, informarlo e chiedergli di
verificare con la dovuta cautela. Per quanto mi riguarda non posso che
smentire e stigmatizzare un comportamento assolutamente irresponsabile».
L'avvocato Cualbu e un aficionado dell'Arcipelago. «Ci vado da ben prima del
1972, anno in cui venne concessa la base agli Usa, e ricordo che una volta
fu avvistato un sommergibile russo. Venne inseguito e andò via per sempre.
Stessa sorte toccò a una nave da crociera stracciona: era dei servizi
segreti bulgari e dovette prendere rapidamente il largo. Se in fondo al mare
ci fossero delle bombe, credo che sarebbero state notate dalla Marina
americana. Quando a fughe radioattive, con tutti i controlli che si fanno
nel nostro mare sarebbero state sicuramente rilevate. Il problema è che
troppi stanno portando il cervello all'ammasso e parlano senza rendersi
conto del danno che provocano. L'ho detto anche di recente nell'audizione
alla commissione Ambiente del Senato denunciando la pubblicità negativa di
troppe voci in libertà, e in malafede, che insistono sull'inquinamento
nucleare senza alcun dato certo». Salvatore Sanna, esperto di problemi
militari, la prende con un pizzico di ironia: «Guzzanti parla di basi Usa in
Sardegna. Se su questo dettaglio dovessimo basare la veridicità delle sue
affermazioni ci sarebbe solo da ridere: in Sardegna, l'unica base americana
è quella di Santo Stefano». Ciò detto, diventa fin troppo serio: «È
un'ipotesi folle e di estrema gravità perché mette in allarme la
popolazione. Un atto irresponsabile che danneggia la nostra economia
turistica e non solo. Poi lamentano che facciamo male al nord est sardo noi
che ci battiamo contro le basi. Questo del senatore di Forza Italia è un
atto di terrorismo mediatico, tanto più grave visto che lui è un giornalista
ed è quindi perfettamente consapevole degli effetti. Indigna, poi, la
leggerezza nel dire cose tanto gravi precisando di non poterle ancora
provare». Sanna guarda alla vicenda anche dal punto di vista degli Stati
Uniti: «E vi leggo un antiamericanismo scandaloso. Trovo volgare pensare che
siano così insicuri mentre è fuor di dubbio che sappiano tutelarsi molto
bene. Ricordo che negli anni '70 i loro impianti d'allarme scattarono per
delle testuggini: i sensori avvertirono la loro presenza e a Santo Stefano
si sospettò che potessero essere sommergibili russi. I controlli scattarono
immediatamente. Figuriamoci se si son fatti piazzare le bombe atomiche
davanti alla base senza accorgersene». Un altro esperto di vicende militari,
l'onorevole Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della
Camera, parla di «notizia superesplosiva, se fosse vera. È la prima volta
che sento qualcosa del genere. Non la trovo folle e inattendibile. Su queste
vicende è difficile dare valutazioni certe. Posso dire, però, che le mine
marine sono incontrollabili e quindi vengono usate con molta cautela, più
che mai se atomiche. Sul loro impiego tutto è stato sempre coperto da
assoluto segreto. Può darsi che Guzzzanti sia venuto a conoscenza di
particolari indagando sul caso Mitrokhin. La base di La Maddalena è un
grande mistero fin dalla nascita. Ancora oggi non si sa perfino chi ha
firmato il decreto di cessione agli Usa, se il Governo oppure si è trattato
di una accordo tra alti comandi».


 nell'Isola è allarme russo

La MaddalenaPrima di tutto incredulità, poi anche allarmismo. Quest'ultimo
contenuto entro ragionevoli limiti. Ma non si può scartare a priori la
possibilità di avvicinamenti di navi sovietiche alla base de La Maddalena
con intenti non proprio amorevoli negli anni della guerra fredda. Casi di
navi sovietiche o del blocco dell'Est che si sono avvicinate più del dovuto
ai nostri lidi sono registrati dalla cronaca ma, ovviamente, la possibilità
che queste possano aver operato indisturbate per posizionare degli ordigni
nei nostri fondali, viene scartata quasi da tutti. Luciano Gisellu, membro
del consiglio direttivo del Parco, ex militare, militante di An, ammette
tuttavia che «tecnicamente il posizionamento di mine è un'operazione
possibile anche sotto controllo, ed abbastanza semplice». Gisellu ricorda
che in quel periodo «navi sovietiche si avvicinavano alle nostre coste
durante le manovre militari e arrivavano anche a poche miglia dai porti».
Insomma, tutto era possibile in tempo di guerra fredda. Fra politici domina
invece lo scetticismo, con varie sfumature. Antonio Satta, coordinatore
della sezione di Forza Italia, casca dalle nuvole: «Mi sembra una sparata,
senza alcuna plausibilità». Pietro Dettori, sindaco nel 1990, ora esponente
Udc è incredulo: «Se il senatore Guzzanti ha queste prove le metta a
disposizione delle autorità. Anzi, ce le faccia conoscere subito perché noi
maddalenini possiamo stabilirne la veridicità. Ce le faccia vedere». I
comunisti italiani sono increduli. Per tutti risponde il consigliere della
federazione Gallura Marco Poggi: «Ho la sensazione che il governo sia a
corto di sensazionalismo». Più pacata la posizione di Italia Nostra sempre
attenta ai problemi dell'ambiente. «Ricordo che la scrittrice Gin Racheli ?
afferma Lucia Spanu ? aveva attivato, subito dopo il 1972, un comitato per
tenere sotto controllo tutta l'attività della base a Santo Stefano, ma non è
stato mai rilevato niente di anomalo». Il radiochimico Giancarlo Fastame non
crede che «sia possibile legare questa ipotesi a Santo Stefano. Un'eventuale
mina sarebbe immediatamente rilevata. Tecnicamente però la deposizione di
una mina sul fondale è un'operazione quasi banale, esistono dei sommergibili
americani per operazioni speciali che fanno proprio queste cose chiamate
tecnicamente seal». Infine l'ex sindaco Rosanna Giudice: «Non ho mai avuto
sentore di ipotesi del genere. Credo che il senatore Guzzanti si stia
assumendo una grossa responsabilità, perché la sua è una dichiarazione
estremamente traumatizzante per noi maddalenini». Francesco Nardini



 Il paese a stelle e strisce

La Maddalena«Ci sono voluti ben 150 anni, ma finalmente la Us Navy ha
ottenuto nel 1972 di avere nelle acque sarde dell'Arcipelago maddalenino una
propria base. I documenti storici dicono infatti che ci tentavano fin dal
lontano 1822». Nella premessa al suo saggio sulla storia del punto di
appoggio, lo storico Salvatore Sanna, ricorda come gli Stati Uniti ci
abbiano provato da sempre, ammettendo implicitamente la grande valenza
strategica de La Maddalena. Ufficialmente la marina Usa è qui dal giorno 11
agosto 1972, sindaco Giuseppe Deligia (giunta monocolore democristiana), ma
la sua presenza è il risultato dell'applicazione di un trattato bilaterale
segreto italo-americano stipulato nel 1954 in cui gli Stati Uniti, potenza
vittoriosa, imponeva la cessione di un lembo di territorio, all'interno di
una base logistica italiana, ufficialmente per fini di assistenza ai mezzi
navali sottomarini a propulsione nucleare della 69^ Task Force aggregata
alla VI Flotta statunitense. La prima nave-appoggio a raggiungere Santo
Stefano fu la Fulton, 2 agosto 1972, seguita a ruota dal cargo El Paso pieno
di uomini e materiali per l'organizzazione del punto d'appoggio. Il 31
agosto la portaerei Kennedy venne a fermarsi nella rada fra La Maddalena e
Spargi e la popolazione accorse sulla nave dove ebbe luogo uno spettacolo a
beneficio dei vistatori. È iniziata così, con duecentocinquanta marines o
poco più, la storia ormai trentennale del punto d'appoggio di Santo Stefano.
Con il passare del tempo i compiti che sono stati richiesti alla struttura
d'appoggio sono costantemente aumentati sino a divenire una vera base
operativa a sé stante con non meno di 2500 americani alle dipendenze (di
questi attualmente circa 1300 imbarcati sulla nave Emory S. Land, gli altri
per servizi a terra) tanto che la comunità statunitense a La Maddalena conta
ormai oltre 3000 persone, per lo più nel residence Vista Mare ma anche in
circa 600 appartamenti privati. Attualmente il punto d'appoggio ricopre una
superficie di oltre 48 mila metri cubi dove si stanno trasformando le
strutture provvisorie in definitive, palazzine, centro sportivo, centro
commerciale. L'amministrazione Giudice, cui fu presentato nel 2003 il
progetto per la riqualificazione del sito, ha accettato la proposta
"migliorativa della base" negando che ciò comportasse un aumento della
cubatura del sito, cosa fortemente contestata dalle opposizioni. La polemica
sulla base di Santo Stefano è diventata rovente dopo il 25 ottobre 2003,
quando il sommergibile ?Hartford' andò a cozzare contro gli scogli della
Secca delle Bisce, facendo ipotizzare la possibilità di fuoriuscita di
materiali inquinanti mai provata. (f. n.)

  dalla  nuova sardegna   (  idem  =


 lo ha detto il senatore forzista Paolo Guzzanti alla Spezia
«Atomiche russe alla Maddalena»
 Furono nascoste negli anni '70 Per ora però non esistono prove




 LA SPEZIA. Finché non saranno esibite delle prove, più che una rivelazione
clamorosa sembra più una "sparata": negli anni Settanta l'Unione Sovietica
posò bombe nucleari sui fondali di fronte alle coste italiane, per usarle
come mine in caso di guerra e per provocare inquinamenti radioattivi, dei
quali incolpare poi la flotta Usa; e questi ordigni sarebbero ancora in
fondo al mare. E' quanto ha sostenuto ieri il senatore di Forza Italia Paolo
Guzzanti nel corso di un convegno a La Spezia.
 E' lo stesso Guzzanti, presidente della commissione d'inchiesta sul dossier
Mitrokhin, ad ammettere: «Non ho ancora in mano i documenti che provino
tutto questo, ma conto di venirne in possesso al più presto. Gli elementi
che ho raccolto sono comunque sufficienti per parlarne». Sempre secondo
Guzzanti «queste bombe oggi non sono più una minaccia militare, ma un
pericolo per l'ambiente, in caso di perdite di materiale radioattivo». Il
parlamentare forzista ha ipotizzato che alcuni di questi ordigni si trovino
di fronte alle basi navali americane in Sardegna. «In caso di inquinamento
radiottivo - ha spiegato - sarebbe stato possibile accusare la flotta
statunitense».
 Guzzanti non ha rivelato le sue fonti, ma c'è qualcosa, in quello che ha
detto, che non convince. Non sul fatto politico e strategico, perché non è
un segreto che, nello scacchiere della "guerra fredda", la possibilità di un
'invasione dell'Europa occidentale da parte delle armate del Patto di
Varsavia era stata studiata e pianificata al Cremlino. Era cioé, un'
eventualità conosciuta dalla Nato.
 Ciò che non convince, invece, è un aspetto tecnico insuperabile. Le testate
atomiche, infatti, necessitano di una costosa manutenzione e hanno una
durata massima di 15 anni. Se quelle testate si trovano in fondo al mare
dagli anni Settanta - cioé da più di 25 anni - a quest'ora dovrebbero aver
subìto un grave processo di deterioramento e avrebbero perciò già provocato
un disastro ambientale.
 Si tratta ora di attendere e verificare l'attendibilità delle fonti e degli
eventuali documenti citati ieri dal senatore Guzzanti.
 Ma il presidente della Commissione Mitrokhin è andato oltre: ha anche
affermato che i terroristi italiani rossi e neri erano una quinta colonna
dell'Urss, che doveva agevolare l'avanzata delle armate del Patto di
Varsavia. I sovietici avevano individuato i dirigenti collaborazionisti per
l'Europa, i cui nomi sono nelle parti inedite del dossier Mitrokhin.
 In questo scenario il presidente della commissione parlamentare sul dossier
ha inserito anche il caso Moro, «rapito dalle BR su incarico dei sovietici
per carpirgli segreti militari», e l'attentato al papa, «il cui appoggio a
Solidarnosc metteva a rischio il paese che doveva servire da base per l'
invasione dell'Europa».
 «Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta - ha spiegato
Guzzanti - l'Urss preparò i piani per un attacco improvviso all'Europa
occidentale. Questi piani furono mostrati nel '91 da Gorbaciov a Cossiga,
all'epoca presidente della Repubblica, e sono stati pubblicati in diverse
opere di storia militare. L'Unione sovietica avrebbe lanciato bombe atomiche
per una potenza pari a 1.050 volte la bomba di Hiroshima e avrebbe invaso l'
Europa con 180 divisioni corazzate».
 Secondo Guzzanti Aldo Moro fu rapito dalle BR su incarico dei russi, che
volevano carpirgli informazioni militari. «Moro - ha detto - era il
fondatore dei servizi segreti italiani e il referente degli americani. Fu
interrogato per 55 giorni, con un andirinvieni di corrispondenza, quindi fu
ucciso».