E Bush rilancia l'atomica tattica




Domani al Congresso: nessun ritiro delle truppe ma soldi per il nucleare
R. ES.
Non solo non presenterà al Congresso statunitense alcuna strategia per venir fuori dal pantano iracheno, ma proverà a rilanciare il vecchio piano delle cosiddette «atomiche tattiche» bombe nucleari potenti la metà di quella sganciata nel 1945 su Hiroshima. All'indomani del voto iracheno il presidente americano, George W. Bush, lancia al mondo il seguente messaggio: avanti con la guerra preventiva. Il Washington post ha rivelato ieri che il Comandante in capo chiederà al Congresso oltre 10 milioni di dollari per il suo piano di mini-atomiche. Secondo il quotidiano statunitense la richiesta di «fondi atomici» sarà inclusa nel bilancio dell'Amministrazione, reso pubblico la prossima settimana. Il parlamento a stelle e strisce l'anno scorso aveva dato un duro colpo ai progetti nucleari di Bush bocciando lo stanziamento di 27 milioni di dollari per gli studi, condotti nei laboratori di Los Alamos, Sandia e Livermore. Il Post ha rivelato il piano dopo essere entrato in possesso di un documento riservato inviato dal segretario alla difesa, Donald Rumsfeld, all'ex ministro per l'energia, Spencer Abraham. Le mini-nucleari, le cosiddette Robust nuclear earth penetrator (Rnep) sono considerate da molti esperti inutili, perché gli stessi devastanti risultati raggiungibili da questi ordigni potrebbero essere ottenuti con altre bombe, meno costose e che non emettono radiazioni nucleari. Le mini-nukes allo studio sono due, entrambe rielaborazioni di modelli esistenti: la B63, messa a punto al Lawrence Livermore National Laboratory, in California; la B61 creata a Los Alamos, nel New Mexico. La seconda bomba allo studio è una piccola atomica a base di plutonio, molto precisa, della potenza di mezzo chilotone, in grado di colpire un obiettivo con una precisione di 10 metri, con un'area di radiazione mortali inferiore ai due chilometri.

Mentre sul piano strettamente militare Bush e i suoi ministri annunciano costantemente novità, non sembrano altrettanto fantasiosi nell'arte della diplomazia. Secondo le indiscrezioni circolate ieri e riprese dalle agenzie di stampa, nel suo discorso sullo stato dell'Unione il presidente Bush non presenterà alcun calendario per il ritiro delle truppe americane (circa 150.000 soldati) dall'Iraq. L'inquilino della Casa Bianca domattina (dovrebbe iniziare a parlare dopo la mezzanotte di oggi, ora italiana) sottolineerà piuttosto la necessità di restare in Mesopotamia per addestrare le truppe irachene e chiederà che anche gli alleati del Vecchio continente si assumano responsabilità a Baghdad.

Parlando del dopo elezioni un membro dell'amministrazione ha riferito alla Reuters: «speriamo che la comunità internazionale sfrutti quest'opportunità per trovare il modo di dimostrare appoggio concreto al processo politico in Iraq». «L'agenda sarà basata sul completamento della missione e parte del completamento della missione consiste nell'addestrare le forze di sicurezza irachene in modo tale da essere sicuri che siano in grado di difendere il paese», ha precisato il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, rispondendo alla richiesta di un piano di ritiro inoltrata al presidente da un gruppo di democratici.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/02-Febbraio-2005/art19.html





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