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4) lettera aperta ai poliziotti e al questore di Caserta



Lettera aperta agli Agenti di Polizia

Per alcuni giorni siamo stati vicini: noi Missionari incatenati 
all’inferriata della Questura-Prefettura di Caserta, voi che entravate e 
uscivate al mattino presto, durante il giorno e alla sera alla fine del 
vostro lavoro. Non abbiamo avuto molto da dirci, un frettoloso buongiorno, 
un buonasera nella maggior parte dei casi. Molto pochi si sono fermati al 
nostro piccolo presidio e solo alcuni hanno condiviso la nostra iniziativa 
di critica alla metodologia dell’Operazione “Alto Impatto”. Qualcuno vi ha 
definiti dei semplici lavoratori con le normali preoccupazioni da portare 
avanti: la famiglia, vivere degnamente, i problemi di tutti… In questi 
giorni mi sono sentito dire spesso: ho una famiglia… non posso prendere 
posizione. E’ vero le responsabilità familiari  obbligano a riflettere e il 
più delle volte ad “abbozzare”.
Certamente ci saranno in mezzo a voi coloro che educati nella logica 
dell’Ordine, Patria, Famiglia, hanno visto in noi missionari gente strana… 
o nella peggiore delle ipotesi dei sovversivi che creano confusione … Che 
strani preti! Vi assicuro che non è mia abitudine incatenarmi alle finestre 
e tanto meno della Questura-Prefettura.
Abbiamo avuto la sorpresa e la gioia di constatare che anche tra di voi  ci 
sono anche persone
non allineate, ma che conservano una capacità critica e hanno preso 
posizione aderendo alla nostra iniziativa, anche se in questo caso può 
essere rischioso perché potrebbero esserci indagini disciplinari. Gli 
Agenti di Polizia del sindacato SILP per la CGIL hanno aderito alla nostra 
iniziativa. Cioè all’interno della stessa Polizia ci sono persone che 
mantengono la loro capacità critica, non sono dei semplici esecutori. E’ 
questo un grande segno di speranza: non tutti gli agenti eseguono ordini 
senza usare il cervello e interpellare la propria coscienza.
In questi giorni che abbiamo vissuto insieme: noi incatenati vicino a voi a 
difesa degli immigrati e voi occupati nel vostro lavoro, abbiamo trattato 
quasi esclusivamente con i vostri capi: il Questore e il Commissario della 
DIGOS. Per noi preti queste persone rappresentavano un potere o un servizio 
con il quale non abbiamo normalmente a che fare. La risposta dei vostri 
capi è sempre stata che loro devono ubbidire agli ordini. Ordini che 
vengono dall’alto. Ordini legati alla legge Bossi-Fini che noi consideriamo 
iniqua e da non obbedire.
Sono tornato da pochi giorni da Auschwitz in Polonia, ho fatto il mio 
pellegrinaggio in quel Santuario dell’Umanità, mi sono seduto triste e 
sconfortato, ho camminato su quel terreno… A Auschwitz 1 c’è il luogo dove 
è stato impiccato il comandante del campo …condannato dal tribunale 
internazionale. La sua difesa è stata : ubbidivo agli ordini, secondo le 
leggi del Terzo Reich…
Certo per grazia di Dio e anche di tanti uomini di buona volontà che hanno 
pagato di persona, in Italia non viviamo quei tempi ma  rimane emblematico 
come molte persone in “carriera” perdano la loro capacità critica, come la 
manifestazione del potere ottunda la loro personalità perdendosi nel ruolo 
e allora rimangono solo gli ordini ai quali obbedire fedelmente. Non 
viviamo in una dittatura conclamata, anche se esiste un monopolio 
dell’informazione.
Il potere in tutte le sue forme prostituisce tutto quello che avvicina, 
anche nella Chiesa.
Anche il successo ottunde le coscienze: denaro, successo vanno insieme e 
fanno di questa società una società che concupisce tutto. Il successo 
determina le adesioni. Nella vita dobbiamo invece fare ciò che è giusto, 
che si vinca o si perda e soprattutto non dobbiamo mai perdere la nostra 
capacità di operare  per un futuro migliore, ubbidire alla nostra 
coscienza, altrimenti finiamo per perdere la nostra umanità e diventiamo 
semplici strumenti nelle mani di chi ha potere e ci usa.
A te agente di Polizia faccio quella domanda che da una vita io mi pongo, 
alla quale io, piccolissimo e poco coraggioso, con tante paure cerco di 
dare una risposta: se tu fossi vissuto al tempo dei campi di 
concentramento, da che parte saresti stato? Tra i “Sommersi e i Salvati”, 
un Kapo, uno del Sonder Commando che bruciava i cadaveri?
Mi auguro che questa domanda ti faccia soffrire un poco e ti rovini la vita!
Noi italiani  siamo stati fortunati perché negli ultimi decenni non abbiamo 
avuto guerre in casa nostra, le andiamo a fare fuori…
Caro agente ti ho posto la domanda che mi fa spesso soffrire. Vorrei che 
anche tu ti chiedessi: Da che parte sto? Che tipo di agente di polizia 
sono? Non devi rispondere a me, ma alla tua coscienza!




Lettera al Questore di Caserta

Caro Questore ancora una volta l’ ho guardata con simpatia, seduto vicino 
all’Assessore Buffardi durante il Tavolo di Concertazione e credo che ci 
siamo sorrisi. Per alcuni giorni ci siamo “non incontrati” al piccolo 
presidio davanti alla Prefettura. Lei è uscito molte volte di notte alla 
ricerca di un dialogo, qualcuno che potesse rompere la sua solitudine e ha 
trovato qualcuno che paziente l’ ha ascoltata per ore nei sui lunghi 
monologhi. Qualche volta sono stato disturbato dal chiacchiericcio che mi 
impediva di dormire. Alcune volte la tosse ostinata, ma anche il suo 
parlare notturno mi hanno impedito di dormire. Ci siamo incontrati La 
mattina del blitz, nell’operazione che noi abbiamo battezzato “licantropo”, 
perché voi agite sempre nel cuore della notte…. Ha ordinato ai suoi 
numerosi agenti, più di venti, di intervenire perché voi siete abituati a 
mostrare la forza come metodo di persuasione. D’altronde anche l’Operazione 
Alto Impatto non è forse anche un “mostrare i muscoli” alla povera gente? 
Dopo aver ubbidito al suo invito a lasciare il mio letto, lei mi ha 
intrattenuto per ben 50 minuti in un altro dei suoi monologhi… 
raccontandomi fatti della sua vita. A parte un’altra occasione dove non ero 
il suo interlocutore principale, non abbiamo più avuto occasione di parlare 
direttamente, direi che ho anche evitato di farmi trovare nei dialoghi 
notturni. So che Lei ha deluso delle persone, non me. Piano piano io vado 
imparando a non credere, cioè a verificare le parole che l’interlocutore mi 
rivolge. Ho avuto e a volte ho ancora la semplicità di credere a colui che 
mi sta davanti.
Ricordo il mattino del blitz, quando in catene alle 4.20 del mattino 
camminavo davanti alla Prefettura e mi sembrava inconcepibile che la 
Polizia operi di notte con due preti che a fatica cercavano di dormire e 
due giovani dell’ex canapificio che vegliavano sul nostro sonno.
E Lei mi ha parlato di una polizia democratica, vicina alla gente, 
rispettosa. Ho proprio l’impressione che voi abbiate fatto un bel 
“make-up”, sfoggiate sorrisi, ma i metodi sono sempre gli stessi.
E la cosa che mi rattrista di più è come voi grandi avete gestito la nostra 
azione ecclesiale non violenta, che mai è stata accomunata ad altre forme 
di protesta.
Io, giudico scorretto e indegno il modo come voi avete operato. Voi siete i 
rappresentanti del Governo, dell’Italia e ricorrete alle pressioni, 
ricorrete ai ricatti, affinché altri facciano pressioni su di noi. Questa è 
una maniera indegna di operare che rivela anche quanto siate deboli di 
fronte alla trasparenza, di fronte all’onestà e alla correttezza. Di quanto 
abbiate dei talloni di argilla. Non siete credibili questo è il giudizio su 
di voi. Solo quando opererete alla luce del sole, nella trasparenza allora 
vi stimeremo. Ancora una volta non nascondetevi sulla necessità di eseguire 
ordini. Lei ha deluso qualcuno che le aveva creduto e Lei sa di chi parlo.
Il Prefetto non lo conosco, l’ ho solo visto al Tavolo della Concertazione, 
anche se sono convinto che concertava con voi la metodologia di intervento 
nei nostri riguardi.

							Padre Giorgio


“My Madam”

Have you seen walking through the African shop,
A woman with downcast eyes and haggard face?
That is my Madam who, by secret cruelty,
And taking advantage of my ignorance and desperation,
Robbed me of my youth and my beauty.
Till at last, wrinkled and with scotched skin,
And with broken pride and shameful humility
I sank into the grave
But what think you gnaws at my Madam’s heart?
The face of what I was, the face of what she made me!
These are dragging her to the place where I lay.
In death, therefore, I am avenged.

Poem by Victor Agoni, E-mail: susuago4@yahoo.co.uk




CROCE E CATENE


Il posto della croce è tra i poveri e tra coloro che soffrono. E’ un 
simbolo universale che appartiene a tutti: al malato che cerca una risposta 
al suo male e alla sua sofferenza, al terminale che non ha più futuro se 
non quello della fede in un Dio misericordioso. La croce è di tutti e tutti 
vi possono attingere forza e sostegno nei momenti difficili nella certezza 
di un amore perdonante e accogliente sempre.
La croce  ha anche la sua storia come simbolo infame e ripugnante. 
Strumento di vendetta e di crudeltà e repressione. diventata per noi 
simbolo d’amore perché vi è morto il nostro redentore e guardandola 
troviamo senso alla nostra vita.
In se la croce è povera e solo le mode la rendono d’oro o di brillanti, ma 
il suo vero posto è con i poveri e i vecchi e nuovi dannati della terra: 
gli impoveriti e gli immigrati.