[Diritti] CHI GOVERNA DAVVERO L’ITALIA?



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di Giorgio Ragazzi *

Per capire chi gestisca veramente il potere in Italia consiglio di dare una scorsa alla fondamentale “legge di stabilità” (legge 190 del 23.12.2014). Sarà un’esperienza diciamo pure sconvolgente per chi non abbia dimestichezza per questi testi: un solo articolo ma 735 commi e centinaia di pagine.
Osservo innanzi tutto che la legge è manifestamente in violazione della Costituzione laddove all’art. 72 questa stabilisce che le leggi devono essere approvate articolo per articolo. Chiamare “commi” disposizioni dai contenuti assai diversi l’uno dall’altro, e che pertanto dovrebbero essere approvati con votazioni separate così da consentirne al Parlamento la specifica valutazione di merito, è chiaramente un raggiro della Costituzione. E’ una prassi ormai “consolidata”, applicata forse per primo da Prodi e poi dai governi successivi, cui nessun Presidente della Repubblica ha mai osato opporsi.
Un testo con un unico articolo consente al Governo di porre il Parlamento di fronte ad un’unica scelta, approvare tutto o far cadere il governo. Si attribuisce così un enorme potere a chi quel testo lo compila: basta riuscire ad introdurvi le norme che interessano ed il gioco è fatto! Ma chi compila il testo? Si tratta in realtà di un testo assolutamente incomprensibile per qualunque “profano”: è quasi tutto un riferimento a precedenti leggi, spesso anche modificate nel tempo, di cui si decide di variare singoli articoli o commi o persino periodi o parole. Per comprendere il significato e le conseguenze economiche di ogni comma (e sono 735) occorrerebbe riprendere il testo delle leggi richiamate e interpretare le modifiche cui sono fatto oggetto. E’ evidente che nessun parlamentare può né aver voglia né essere in grado di effettuare ricerche del genere che richiederebbero poi ben più tempo di quanto sia disponibile per la discussione del testo in parlamento. La conseguenza è che i parlamentari sono chiamati a votare a scatola chiusa un testo per loro inintelligibile.
E temo che lo stesso valga in buona misura anche per il Governo e per i singoli Ministri. Questi sono inevitabilmente assorbiti da riunioni di partito, dibattiti parlamentari, interviste, viaggi, incontri, nomine e organizzazione degli uffici: chi di loro avrà il tempo di capire a fondo i contenuti persino degli articoli, anzi scusate dei commi, relativi ai loro stessi ministeri? Forse ne capiranno alcuni, almeno quelli più rilevanti, stando magari ai sunti che vengono loro fatti dai rispettivi uffici legislativi.
Eccoci dunque alla vera fonte del potere: gli uffici legislativi. Sono loro che redigono i testi, loro i soli a comprenderne a fondo il significato, loro i soli in grado di scriverli. Quanto più si legifera mediante un intricatissimo sistema di riferimenti a leggi precedenti tanto più grande diventa il potere di chi conosce a fondo la legislazione vigente, magari per averla ispirata o scritta: nessun ministro può avere altra scelta se non quella di affidarsi a loro per redigere nuove norme. Gli uffici legislativi sono divenuti quindi insostituibili, tant’è che in genere vengono confermati da un governo al successivo, ed hanno un grandissimo potere che esercitano in modo occulto.
Mi pare di ricordare che Tremonti fu forse il primo ad affermare la necessità che le leggi siano scritte in italiano, cioè con testi che ne consentano un’immediata interpretazione da parte di cittadini di media cultura, e anche Monti si espresse in questi termini ma è evidente che il potere degli uffici legislativi è assai più forte di quello di leaders politici presi da altri affanni e poco duraturi. Eppure non sembrerebbe impossibile vietare i richiami a leggi precedenti imponendo che il nuovo testo riprenda per intero il vecchio con le modifiche apportate. Ciò richiederebbe un maggior numero di pagine ma poco male, siamo già abituati a leggi con centinaia di pagine. Meriterebbe anche delegiferare molte materie attribuendole al potere amministrativo che diverrebbe così responsabile delle proprie decisioni, mentre oggi gli organi amministrativi si pongono al riparo da ogni responsabilità presentandosi come meri esecutori di decisioni prese per legge dal parlamento, leggi che peraltro molto spesso hanno scritto loro stessi.

* Comitato Scientifico Società Libera