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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 20 novembre 2014

   

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IPSE DIXIT

ETERNIT

 

Strage infinita,

ma prescritta…

 

Annullata la sentenza di condanna per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny. Saltano anche i risarcimenti ai familiari che in aula gridano "Vergogna! Vergogna!". Saviano commenta su Twitter: "L'Italia è una Repubblica fondata sulla prescrizione"

 

di Gianna Pentenero,

assessore al Lavoro della Regione Piemonte

 

Come fa a essere prescritto un reato che continua a produrre vittime e che continuerà a farlo in misura ancora maggiore nei prossimi anni?

    Io ritengo che la politica non debba intervenire nel merito delle questioni giudiziarie, ma di fronte a una tragedia come quella dell’amianto non ci si può non chiedere quali siano i presupposti che hanno portato a una svolta del genere. 

 

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

        

Il 12 dicembre contro Jobs act e manovra

 

Sarà Sciopero Generale.

 

Lo hanno proclamato Uil e Cgil, il 12 dicembre contro Jobs act e manovra. Questo l'esito del vertice tra leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo

 

Sarà sciopero generale. Lo hanno proclamato Uil e Cgil, il 12 dicembre contro Jobs act e manovra. E' questo l'esito del vertice tra i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo in occasione dell'apertura del congresso della Uil. La Cisl conferma, invece, solo lo "sciopero unitario" della categoria del pubblico impiego. La Cgil ha, dunque, aderito alla richiesta del sindacato di via Lucullo e la data dello sciopero generale è stata spostata dal 5 al 12 dicembre.

    Dopo l’insoddisfacente confronto con il Governo, il sindacato non ha ottenuto risposte sul rinnovo del contratto del pubblico impiego e sulla riforma della pubblica amministrazione.

    "Lo sciopero varrà per tutte le categorie. Il governo non ha intenzione di discutere con le forze sindacali, noi abbiamo esperito tutta la nostra possibilità di trovare soluzioni - ha riferito Carmelo Barbagallo - a questo punto non resta che agire e dare la parola ai lavoratori, ai pensionati e ai disoccupati".

    Dal palco del XVI congresso nazionale della UIL che chiude la stagione di Angeletti, il segretario uscente ha posto l'accento sul dramma disoccupazione in Italia e in Europa, che "è la dimostrazione che la ricetta per uscire dalla crisi imposta dall'Europa non funziona". “La recessione non è finita né è terminata la distruzione di posti di lavoro” ha affermato Angeletti davanti a una platea di 1100 delegati provenienti da tutta Italia e alle delegazioni straniere. Angeletti ha sottolineato che mentre "negli ultimi quattro anni le condizioni del Paese sono notevolmente peggiorate", la Uil vuole rappresentare i lavoratori "non con le ginocchia piegate, anzi, con una grande voglia di riscatto".

 

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Carmelo Barbagallo e Luigi Angeletti

 

Angeletti ha difeso il ruolo delle organizzazioni dei lavoratori messe in discussione dal governo Renzi. "Forse ci sarà ancora qualcuno che prova a far funzionare l'iPhone con un gettone telefonico, ma sarebbe altrettanto fuori dalla realtà chi si ostinasse a governare il paese con un tweet.

    Per Angeletti occorre finalmente avere una politica industriale, attuare una riforma fiscale che riduca le tasse su lavoro e pensioni, programmare una serie di interventi per ridurre burocrazia e sconfiggere la corruzione e infine riformare la legge Fornero.

    Tra applausi e commozione, dopo 14 anni, il leader Angeletti lascia una Uil vincente nelle mani del prossimo segretario generale che sarà formalmente eletto venerdì 21 novembre.

   

 

Al congresso della UIL

 

Camusso: “Non ci rassegniamo,

arrivederci al 12 dicembre”

 

"Non si esce dalla crisi senza risposte sul lavoro. Differenziare le tutele è la prima forma di divisione". Gli auguri a Barbagallo, nuovo leader Uil: "Faremo una lunga strada assieme". Prima tappa, lo sciopero generale: "Non ci rassegniamo"

    “Non ci sarà uscita dalla crisi senza risposte concrete sul lavoro. Differenziare le tutele, come sta facendo il governo, è la prima forma di divisione del mondo del lavoro”. A dirlo è il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervenendo al congresso della Uil che sancisce il passaggio di consegne da Luigi Angeletti a Carmelo Barbagallo, e rilanciando dal palco l'appuntamento al 12 dicembre, giorno dello sciopero generale della due confederazioni (la Cisl non aderisce). “Non ci rassegniamo, noi siamo parte della soluzione - ha detto Camusso - non del problema”.

    "Arrivederci al 12 dicembre - ha aggiunto - per costruire in tutti i luoghi quelle scelte che vanno fatte e che devono dare come messaggio fondamentale quello che noi continueremo a difendere il lavoro, quello di chi lo ha, di chi lo cerca e di chi lo vuol far diventare stabile. E un grandissimo augurio a Carmelo. So che faremo una lunga strada assieme".

 

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Angeletti, Furlan, Camusso e Barbagallo

 

Il leader di Corso d'Italia ha ribadito le critiche ai provvedimenti dell'esecutivo, in particolare la riforma Pa, il Jobs Act e la manovra. “Tanti capitoli - ha osservato - hanno un titolo positivo ma un andamento che va in tutt'altra direzione. Non si può dire che togliendo l'art.18 si estendono i diritti, oppure che si estendono gli ammortizzatori a tutti se non è così”.

    “Troviamo davvero irresponsabile - aggiunge - che il governo teorizzi che tutti i luoghi della mediazione sociale vadano non esercitati e cancellati". Per riformare il paese, secondo il leader Cgil, occorre ridurre le disuguaglianze e superare la frantumazione sociale seguita alla crisi economica. "I lavoratori e i pensionati ci dicono che non ce la fanno, ma noi non possiamo dire che ci rassegniamo: il sindacato questa scelta non la può fare”.

   

        

SPIGOLATURE 

 

Doppia morale

 

In Europa ci sono sacerdoti dell'ortodossia finanziaria che predicano l’austerità ai poveri mentre praticano l’aiuto fiscale ai ricchi…

 

di Renzo Balmelli 

 

 

ORTODOSSIA. Secondo la definizione corrente l'etica permette di distinguere i comportamenti buoni, giusti e leciti da quelli ritenuti ingiusti, sconvenienti o cattivi. Tale modello ideale più di una volta però nella pratica quotidiana differisce in maniera vistosa dall'enunciato filosofico. Se n'è avuta la dimostrazione nella polemica che ha investito il Lussemburgo e certe operazioni bancarie di difficile interpretazione e molto criticate. A questo punto per i sacerdoti dell'ortodossia finanziaria, refrattari a qualsiasi osservazione contraria ai loro interessi, l'etica diventa una trascurabile opinione, niente più di una moda ideologica, dettata dal conformismo culturale, che non ha nessuna ragione di esistere se osa mettere in dubbio la liceità, per nulla dimostrata, di certe azioni.

 

SANZIONI. Sarà anche vero, come si legge nelle cronache del tempo, che la guerra fredda è finita con la caduta del Muro di Berlino. Eppure, a giudicare da quanto si è visto al vertice di Brisbane, sorge il sospetto che sotto le ceneri continuino a covare mai sopite tentazioni imperialiste. Principale indiziato è Putin che dopo i misfatti ucraini non ha fatto nulla per guadagnarsi le simpatie del G20. Tuttavia, al di la delle inquietanti mire neo-zariste del Cremlino, prevale la fastidiosa sensazione che dietro il risveglio dell'orso russo si stia delineando una trama più complicata, cucita col filo delle sanzioni, secondo una vecchia logica che quando è stata applicata non ha mai portato bene.

 

BIZZE. Non occorreva la sfera di cristallo per capire che il patto del Nazareno era come la nota pubblicità di una marca di caffè: più lo mandi giù e più la destra si tira su. A darne prova tangibile sono i recenti sondaggi che vedono Renzi, il governo e il Pd in sensibile calo di consensi. Potrebbe essere una flessione fisiologica, ma intanto sull'altro fronte recuperano Lega e Forza Italia, mentre Berlusconi non smette di fissare il Quirinale. Con l'Italia che frana è paradossale che siano le bizze di un pensionato della politica e dei tribunali a condizionare l'agenda. Altre priorità dovrebbero avere invece i patti della sinistra, ammesso che alla guida del Paese ci sia ancora una sinistra!

 

DERIVE. Magari potrà piacere al Front National francese, ma l'iniziativa svizzera di legge popolare “Ecopop”, un nome che è tutto un programma e su cui si vota a fine mese, dev'essere ben indigesta se persino i populisti elvetici dell'UDC, che di solito con certi temi ci vanno a nozze, hanno deciso di distanziarsene. In confronto pare che quella anti-stranieri di febbraio fosse all'acqua di rose rispetto a un testo, fumoso, pasticciato e xenofobo, che ricorda certe teorie sul controllo demografico e lo spazio vitale in auge in tempi bui a nord del Reno e che portarono l'Europa alla rovina. Sebbene i brutti ricordi siano lontani e non più rispondenti alla realtà, il mondo politico elvetico non nasconde la propria preoccupazione di fronte alla sorte che potrebbe essere riservata a un progetto siffatto, sorretto dalla paura dei flussi migratori.

 

INTOLLERANZA. Nemmeno il Nobel per la pace attribuito a Malala Yousafzai è riuscito, nonostante la sua forza, a perforare il muro di arcigna ostilità che l'estremismo islamico ha costruito attorno alla studentessa e scrittrice pakistana. Per chi controlla intere regioni e migliaia di scuole del Pakistan, la travolgente ascesa di Malala come simbolo della lotta per il diritto all'istruzione femminile resta un motivo di rabbia e sordi rancori. A dispetto del grave attentato di cui è stata vittima, la giovane va avanti imperterrita sulla sua strada sfidando la prima grande rivolta organizzata contro di lei. La battaglia tuttavia è improba in una nazione che fatica ad avere la meglio sull'intolleranza.

   

  

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Signor Juncker,

ci dia quaranta miliardi…

 

Dopo il G 20 siamo tutti più ottimisti. Sembra che anche la signora Merkel si sia convertita alla politica sviluppista e abbia abbandonato il vecchio e nefasto rigore. Juncker, che da lei direttamente dipende, ha fatto affermazioni impegnative in tal senso, naturalmente commentate con viva soddisfazione da Renzi, Cameron e tutti gli altri leader europei.

 

di Mauro Del Bue

 

Una conversione dovuta anche alle recenti difficoltà di Juncker come ex ministro delle finanze dell’allegro Lussemburgo, autentico paradiso fiscale, e per questo in odore di richieste di dimissioni? Se anche fosse, sia benedetto il Lussemburgo. Quel che conta sono i fatti. Se alle parole seguiranno i fatti ben vengano le notizie sui paradisi fiscali.

    Oggi Juncker sostiene che al primo posto va messa la crescita e dunque vanno incentivati gli investimenti. Dunque sul piatto subito metterebbe i trecento miliardi per gli investimenti pubblici. L’Italia ha chiesto una parte importante di questo malloppo disponibile. Il ministro Padoan ha parlato di quaranta miliardi che grazie ai privati e alle agevolazioni bancarie potrebbero svilupparne oltre settanta. Si ritorna a Keynes? In qualche modo si.

    Che in una fase di recessione o di ristagno economico, anche la Germania adesso non se la passa per niente bene, sia necessario ricorrere anche agli investimenti pubblici, l’avevamo capito già alle scuole medie. Eppure tanti rigoristi europei, compreso naturalmente il Nostro, ci avevano sempre raccomandato di guardare al debito e al deficit che, essendo entrambi calcolati sul Pil, continuano a peggiorare se solo tagliamo le spese, che diminuiscono lo sviluppo…

 

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

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(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

                                  

Economia

 

La lezione di Federico Caffè per la Bce

 

Draghi a Roma per il centenario della nascita di Federico Caffè.

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Recentemente, anche nel mezzo di una crescente contestazione giovanile e studentesca, Mario Draghi è venuto a Roma per celebrare il centenario della nascita dello scomparso economista Federico Caffè. Draghi era stato suo allievo all’Università La Sapienza di Roma.

    Parlando della “eredità di pensiero” di Caffè, il governatore della Bce ha ricordato come per il professore “fare politica economica significasse: analisi della realtà, rifiuto delle sue deformazioni, impiego delle nostre conoscenze per sanarle”.

    Non conosciamo tutte le intenzioni e i progetti di Draghi per poter dare un giudizio definitivo. Possiamo però dire con certezza che la Bce, e certamente per responsabilità non solo di Mario Draghi, non sta facendo molto per sanare le riconosciute deformazioni del sistema.

    Non si pretende che la banca centrale copra il vuoto politico lasciato dalla mancanza di capacità e volontà di governo a livello europeo.

    Quando la Bce si è mossa con decisione e in modo corretto ha prodotto dei risultati importanti. Si ricordi soltanto come la famosa frase di Draghi “difenderemo l’euro con ogni mezzo” mise fine ad una destabilizzante speculazione internazionale contro il debito pubblico di alcuni Paesi più deboli che minava la stessa esistenza dell’Unione europea.

    Oggi si vorrebbe che la Bce con coraggio riconoscesse che certe politiche monetarie di sua competenza non hanno funzionato e non funzionano. Perciò occorre mettere in cantiere azioni nuove e più efficaci.

    Il fatto che, come Draghi ha ribadito nel discorso di Roma, le banche ancora intermedino quasi l’80% del credito nell’eurozona, non può significare che bisogna accettare di essere sottomessi a questo meccanismo inefficace.

    Si noti che la situazione del sistema bancario internazionale, anche quello europeo, è peggiorata grandemente negli ultimi anni. Secondo il rapporto dell’European Systemic Risk Board i bilanci delle banche europee sono cresciuti a dismisura. Nel 2013 il totale delle loro attività era già di oltre tre volte il Pil dell’Ue.

    Anche il loro processo di concentrazione è cresciuto enormemente. Dal 2000 gli attivi delle tre maggiori banche di ciascun Paese europeo sono aumentati e di molto. Ad eccezione dell’Italia. Un dato che merita maggior attenzione e valutazione visto che tutti gli organismi internazionali di controllo indicano proprio nel gigantismo delle banche “too big to fail” una delle maggiori cause della persistente crisi finanziaria globale.

    Queste anomalie delle banche europee si manifestano di conseguenza nel grave peggioramento del tasso di leverage, nel rapporto cioè tra il capitale proprio e i loro attivi (asset) che in media è sceso dal 6% degli anni novanta al 3% del 2008.

    Tali squilibri diventano ancora più pericolosi se si raffrontano gli attivi con le “montagne” dei derivati Otc tenuti fuori bilancio. E’ una disfunzione speculativa di tutte le grandi banche mondiali. In Europa è ancora più grande. Mentre per le 5 grandi banche americane, ciascuna con più di 40 trilioni di dollari di derivati, il rapporto Otc/attivi è di 25-50 volte, per la Deutsche Bank, la più grande banche europea, con i suoi 75 trilioni di dollari di Otc, esso è di ben 100 volte!

    Davvero non si comprende perché la Bce non inviti con forza il governo tedesco a “fare bene questo suo compito a casa” e a prendere le necessarie misure per correggere l’evidente gravissimo rischio finanziario sistemico.

    Nella sua analisi Mario Draghi ha anche ricordato che nell’eurozona gli investimenti privati dal 2007 sono calati del 15% e quelli pubblici del 12%. Ha aggiunto che per usciere dalla recessione occorre operare non solo sul fronte dell’offerta ma anche della domanda di credito per investimenti.

    A nostro modesto avviso sul fronte dell’offerta occorre individuare strade alternative a quelle bancarie per portare credito di lungo periodo e a bassi tassi di interesse direttamente alle imprese che vogliono lavorare. Si pensi, per esempio, ai project bond, ai minibond, a nuovi fondi di investimento, a nuovi sportelli di credito fuori dal circuito bancario.

    Sul fronte della domanda non si può contare soltanto sulla “magia del mercato” e sulla spontanea volontà del mondo imprenditoriale e del lavoro. Occorre che l’Unione europea e i singoli Paesi promuovano grandi e piccoli progetti di modernizzazione delle infrastrutture, della messa in sicurezza dei territori, di nuove tecnologie sul territorio europeo e anche di partecipazione attiva nei grandi lavori programmati dai Paesi del Brics, a cominciare dalla Cina e dalla Russia, per dare più spazi alle imprese.

    E’ forse opportuno citare alcune idee di Federico Caffè che furono profetiche e ancora valide oggi.

     “Da tempo sono convinto – scriveva - che la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori.”

    Aggiungeva che “poiché il mercato è una creazione umana, l'intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sé distorsivo e vessatorio.”

    E ammoniva che “al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l'assillo dei riequilibri contabili.”

    Parole sante più che mai calzanti per la situazione odierna.

      

       

Da moked / מוקד

il portale dell'ebraismo italiano

 

Gerusalemme

 

Breve cronaca di un “normale” martedì globale

 

GERUSALEMME – “È il più grave attentato degli ultimi anni, ma riporteremo la sicurezza in città”. Lo ha affermato il capo della polizia di Gerusalemme in seguito all'attentato compiuto oggi da terroristi palestinesi all'interno di una sinagoga del quartiere di Har Nof, ultima di una serie di azioni che hanno insanguinato queste settimane minacciando la sicurezza di tutta la popolazione israeliana. Al momento si contano cinque vittime e una decina di feriti, tra cui alcuni in condizioni gravissime. L'azione è stata condotta con armi da fuoco, coltelli e asce. A rivendicare l’attentato, il Fronte Popolare della Liberazione della Palestina che su Facebook lo ha definito: “Una reazione normale in risposta al crimine dell’occupazione”. Fra le vittime si apprende anche il nome anche di Rabbi Moshe Twersky, direttore della yeshivah di Har Nof.

 

NEW YORK – Le forze di sicurezza della metropoli americana annunciano un piano di rafforzamento attorno alle sinagoghe e ai luoghi ebraici dopo il sanguinoso attentato di questa mattina a Gerusalemme. A darne notizia la CNN.

 

KANSAS CITY – L’autore degli attentati a sfondo antisemita della scorsa primavera in una intervista al Kansas City Star: “Volevo essere sicuro di uccidere qualche ebreo prima di morire”.

 

SUD AFRICA – Scompare all’età di 77 anni Mervyn Smith, leader del congresso ebraico sud-africano con un passato di attivista nella lotta contro l’apartheid. Smith era stato inoltre vicepresidente del Congresso ebraico mondiale.

 

RAMALLAH, LONDRA, PARIGI – Una condanna dell’attacco è arrivata dal presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen. Parole di vicinanza anche dal leader del Labour party inglese Ed Miliband: “Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime della città santa”, dal ministro degli Esteri danese Martin Lidegaard e da quello della Svezia Margot Wallström che su twitter ha scritto: “Bisogna interrompere questa spirale d’odio”. Condoglianze dal premier francese Hollande. Il segretario di Stato USA John Kerry ha condannato l’incitamento palestinese degli scorsi giorni.

     

    

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

BUON CONGRESSO ALLA UIL

 

Il nostro saluto al XVI Congresso nazionale della UIL. Mercoledì, giovedì e venerdì prossimi (19-21 novembre) la UIL va al congresso ed elegge il nuovo segretario che sarà Barbagallo, un sindacalista doc che si è fatto nelle aspre lotte della sua aspra Sicilia.

 

La Fondazione Nenni fa i migliori auguri al sindacato al quale è vicina, perché esso è in “odore di socialismo”. Ma il nostro è più di un saluto fraterno, è anche l’impegno a continuare, ampliare, rafforzare la nostra collaborazione che sta dando ed ha dato risultati positivi e ancor più ne darà in futuro.

    Lo scorso anno insieme alla UIL e con un’altra Fondazione socialista, la tedesca Ebert, abbiamo promosso un convegno sul tema: “I poteri dei lavoratori, Italia- Germania: due modelli a confronto”, al quale hanno partecipato numerosi sindacalisti tedeschi, Angeletti, Pirani, Camusso, Boccia(Confindustria), gli ex ministri del lavoro Treu e Salvi e l’ex sottosegretario Carlo dell’Arringa. Il Convegno ci ha permesso di avanzare numerose proposte per migliorare la qualità della partecipazione dei lavoratori alle scelte dell’azienda e per arginare i conflitti tra i lavoratori e i padroni (per approfondire vai al sito). Sempre con la UIL abbiamo organizzato numerose iniziative di successo come il Premio Nenni, il 70° Colorni, etc.

    Sulla base di questo rapporto sono stati messe in cantiere per i prossimi anni numerose iniziative volte a riscoprire e valorizzare la “storia, i valori, la cultura del sindacato e del socialismo italiano”.

    Parteciperemo al congresso insieme alla Fondazione Buozzi, con una mostra documentaria su Matteotti(curata da Gianna Granati) e Buozzi(curata dalla Fond. Buozzi): “Due martiri del lavoro, della libertà e della democrazia “. La mostra è un omaggio a due simboli della UIL che riconosce, come noi, in quei personaggi, valori ancora attuali di difesa dei diritti dei lavoratori, della democrazia e della libertà.

    Per concludere teniamo a sottolineare che l’art. 18 dello Statuto sancisce che l’imprenditore non è il datore di lavoro che dispone, versando una somma, del diritto al lavoro del dipendente. E’ una grande conquista! Solo il lavoratore “licenziato” può decidere se rinunciare alla difesa del suo diritto davanti al giudice!

    Le modifiche di Renzi espropriano il lavoratore della sua conquista (art. 18) e restituiscono lo scettro al “padrone”. La nostra proposta(avanzata al Convegno “I poteri dei lavoratori” ), al contrario, restituisce al lavoratore il suo diritto, lo mette alla pari con il datore di lavoro e lascia al comitato paritetico la decisione su chi ha ragione nei fatti.

       

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

La Bolognina

tant’anni dopo

 

di Danilo Di Matteo

 

Trovo dense e toccanti le parole con le quali Claudio Petruccioli l’8 novembre scorso ha ricordato sul sito del quotidiano Europa la svolta della Bolognina. Avviare una fase costituente significava voler mutare profondamente il rapporto fra la società e la politica. I cittadini precedono i partiti; non si diviene cittadini col partito. Ecco il succo di quel tentativo, assai al di là del cambio di nome del Pci.

Ed ecco perché non sarebbe bastato dirsi socialisti per favorire l’inizio di una nuova fase della democrazia italiana, fino ad allora vissuta in una condizione di minorità, sotto la tutela di equilibri consociativi, senza la possibilità concreta dell’alternativa.

    Il problema, in definitiva, era quello di adottare appieno una concezione liberale della democrazia (Achille Occhetto, del resto, aveva già individuato in un pensatore come Ralf Dahrendorf un interlocutore privilegiato). E la questione investiva l’intero assetto politico e sociale italiano, non un solo soggetto.

    Qui giunti, si pone però una domanda: l’elaborazione politica e culturale del Psi degli anni ’70 e ’80, di certo favorita dal nuovo corso di Bettino Craxi, non andava proprio in quella direzione? Quello sforzo, come è noto, riuscì a tradursi solo in misura modesta in atti concreti, tuttavia poneva le premesse per una sinistra liberale, occidentale, antidogmatica. Forse (ma potrebbe trattarsi di vana dietrologia) il timore dell’annessione, ad opera degli eredi del Pci per ciò che riguarda i socialisti e del Psi per quel che riguarda i postcomunisti, prevaleva sulle ragioni di una ricerca condivisa.

    Detto altrimenti: le considerazioni di Petruccioli non sono a parer mio in contrasto con quelle di coloro che scorgono in quella fase un’occasione mancata e irripetibile per la sinistra italiana.

       

 

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Mi mancherai.

 

Ricordo di Sandro Pertini

 

Mercoledì 17 dicembre 2014 si terrà, allo Spazio QCR di via degli Alfani 101r a Firenze, la consueta riunione di auguri della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli.

    Alle 18 verrà proiettato il  documentario "Mi mancherai. Ricordo di Sandro Pertini". Interverrà Stefano Caretti.  Il filmato non è mai stato ancora presentato a Firenze.

    Seguirà, alle 19, il brindisi augurale.

 

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Sandro Pertini disegnato da Andrea Pazienza

       

           

Lettera da Tunisi

 

Appello democratico per la Tunisia

 

Pubblichiamo ampi stralci dell’Editoriale del direttore apparso sul Corriere di Tunisi uscito alla fine di ottobre con un’analisi sulle recenti elezioni politiche.

 

di Silvia Finzi,

direttore del Corriere di Tunisi

 

Il risultato delle legislative del 26 ottobre vede premiato il partito Nida’a Tunis ("Appello per la Tunisia") con 85 seggi, seguito dal partito En-Nahdha ("Rinascita") con 69 seggi, il nuovo partito di un miliardario tunisino ancora sconosciuto pochi mesi fa l’UPL ("Unione Patriottica Libera") con 16 seggi, il Fronte Popolare con 15 seggi, Afek Tounes con 8 seggi e infine 24 seggi spartiti in una pluralità di piccoli partiti. (…)

    Nida’a Tunis nasce intorno alla metà del 2012, lanciato dal suo leader Beji Caid Es-Sebsi, che aveva occupato il posto di Primo Ministro nel secondo governo transitorio post-rivoluzionario (Febbraio – Dicembre 2011), dopo il primo brevissimo premierato di Mohamed Ghannouchi.

    Il suo programma politico si pone come continuazione dell’operato di Habib Bourguiba, sulla strada della modernizzazione della società tunisina, nel rispetto della sua identità musulmana. Punto qualificante del programma è la realizzazione di un processo di pacificazione nazionale, per definire le responsabilità del passato regime e definire chi possa partecipare alla vita politica.

    Tale posizione ha esposto Nida’a Tunis alla critica di essere un rifugio di ex-RCD (il partito di Ben Ali, evoluzione post 7 Novembre 1987 del Neo-Destur bourghibiano), accusa che sembrerebbe in parte sostenuta dalla presenza nel partito di membri di secondo piano del passato regime.

    In realtà – se da un lato l’accusa rivolta è in parte vera – dall’altro è da notare che il partito è stato fondato da personalità del mondo dell’imprenditoria, da sindacalisti, da uomini di sinistra e da indipendenti che avevano già fatto parte del Governo Es-Sebsi.

    Nel comitato fondatore sono presenti l’attuale Segretario Generale Taïeb Baccouche, personalità di sinistra ed ex-segretario generale del sindacato più importante di Tunisia (UGTT-Union générale tunisienne du travail) già Ministro nel 2011, come Lazhar Akremi (portavoce di Nida’a Tunis), Slim Chaker (discendente da una nota famiglia di Destouriani) e Lazhar Karoui Chebbi. Da segnalare inoltre la presenza di Boujemâa Remili, ex militante del Partito Comunista Tunisino (divenuto poi Et-Tajdid) e poi vicesegretario di Voie démocratique et sociale, confluito in Nida’a Tunis, e di Mohsen Marzouk, militante di sinistra e della Lega dei Diritti Umani.

 

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La Rivoluzione del 2011 è stata la diretta conseguenza del malcontento covato per decenni da parte delle popolazioni dell’interno e che ha trovato espressione nelle manifestazioni spontanee scoppiate nelle città della costa e che – nel giro di una settimana – hanno portato alla caduta di Ben Ali.

    La classe politica che ha colto i frutti della rivoluzione ha in gran parte disatteso le aspettative della popolazione.

    In particolare, En-Nahdha, movimento nato come filiazione dei Fratelli Musulmani egiziani in una prospettiva di lotta armata contro Bourghiba, era stato messo fuori legge dopo gli attentati in alcuni hotel agli inizi degli anni Ottanta. Dopo la caduta di Bourghiba En-Nahdha è sembrata più concentrata nello sforzo di riesumare l’identità islamica del paese, messa in secondo piano da trent’anni di Bourghibismo, senza proporre soluzioni adeguate ai problemi di sviluppo dell’interno del paese ed alla mancanza di prospettive per i più giovani.

    La media borghesia cittadina non sembra avere superato il trauma della Rivoluzione. Malgrado abbia partecipato in massa ai moti, la disillusione che ne è seguita è stata cocente.

Tutti i fattori che seguono hanno influito nell’orientamento dell’elettorato cittadino e borghese verso Nida’a Tounes: la crisi economica e la riduzione del potere d’acquisto, l’allarme sociale per l’aumento della microcriminalità, il generalizzarsi del fenomeno del terrorismo interno, il tentativo soft d’imporre un modello di vita in contrasto con quello post-rivoluzionario (ad esempio per il ruolo delle donne), la spinta verso l’arabizzazione/islamizzazione della scuola e dell’università, la presenza – tollerata – di imam fondamentalisti nelle moschee e il reclutamento di giovani da parte di sedicenti organizzazioni caritative per partecipare al jihad in Siria.

    Da parte sua, En-Nahdha non è risultata credibile nei suoi tentativi di smarcarsi da posizioni islamiste estreme. Già dalle prime settimane dopo l'incarico, l’allora premier nahdhaoui Jebali, aveva – durante un comizio ad Hammamet – annunciato i suoi sforzi per la creazione del quinto Califfato, suscitando vibranti reazioni da parte di quasi tutta la società civile tunisina.  In effetti, sembra che la tendenza islamista (sul modello della Lega Nord in Italia) ad affermare posizioni moderate in pubblico e di fronte ad interlocutori stranieri venga smentita da dichiarazioni di tutt’altra natura nel momento in cui l’uditorio è di più stretta osservanza nahdaoui. Inoltre, il fatto che il leader carismatico del movimento, Rached Ghannouchi, non abbia mai rinnegato i suoi trascorsi estremisti e che consideri i salafiti come suoi “figli”, non contribuisce certo a accreditarlo come un moderato. Dalle precedenti elezioni si erano susseguiti predicatori fondamentalisti, accolti come eminenti personalità dal partito Ennadha. Uno di loro giunse ad asserire che l’infibulazione era un’operazione estetica a vantaggio delle donne.

    L’accesso al potere di En-Nahdha ha significato per molti intellettuali la minaccia alle libertà accademiche. La crisi della Facoltà della Manuba e l’occupazione violenta dei salafiti dell’Università, sostenuta dal partito per mettere in crisi i fondamenti laici di questa istituzione, sono state uno degli esempi più significativi di questa minaccia.

    Il tentativo di marginalizzare gli intellettuali, di confinare le donne in un ruolo subalterno, di fanatizzare i giovani, l'accoglienza riservata dal Presidente Marzouki ai responsabili di tutti gli atti di violenza e vandalismo contro artisti, intellettuali, giornalisti e politici di sinistra ecc. hanno caratterizzato un partito che tenderebbe a presentarsi come "moderato" nel mondo occidentale, ma che non è stato percepito in questo modo da una parte maggioritaria dell’elettorato tunisino.

    Da un punto di vista economico, la scelta di campo ultra-liberale di En-Nahdha aveva rassicurato le democrazie occidentali che avevano costruito ad hoc un'immagine artificiale di "islamismo moderato". Ma che cosa significa "islamismo moderato"? Certo esistono musulmani moderati, aderenti a varie posizioni politiche senza rinnegare la loro appartenenza culturale o personale islamica, ma non esiste un pensiero islamista e moderato quando questo è l’espressione autocratica di un modello di costruzione politico-identitaria integrale.

    Il vero problema che oggi i tunisini si sono posti è: quale tipo di società vogliamo che in Tunisia?

    Una società democratica, basata sui diritti universali o una società teocratica basata sull’appartenenza religiosa?

    Se le elezioni presidenziali confermeranno i risultati delle legislative, confermeranno la volontà del popolo di operare nel segno del cambiamento. Se invece verrà eletto un presidente sostenuto dagli islamisti, allora la Tunisia sarà difficilmente governabile.

           

   

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

LETTERA

 

Tragicomico

 

Una notizia ascoltata lunedì pomeriggio al TG3.

 

Dopo aver cercato di stemperare le polemiche con le Regioni riguardo alle responsabilità del dissesto idrogeologico, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, incontrando a Sidney la comunità finanziaria, ha annunciato che un colosso della grande distribuzione australiana è intenzionato ad aprire un centro commerciale vicino a Milano: un progetto enorme, che porterà ventimila nuovi posti di lavoro.

    Davanti alla drammatica situazione economica e alle condizioni in cui è ridotto il territorio del nostro Paese non ci poteva essere ricetta migliore e più tempestiva: finalmente un luogo dove poter sfogare la tanta voglia di fare shopping!

    E ancora tanto asfalto, tanto cemento e tanta impermeabilizzazione per il nostro suolo!

   A me le soluzioni che oggi Renzi impone agli italiani sembrano sinceramente molto peggio di quelle che Maria Antonietta proponeva ai suoi sudditi affamati …

 

Marco Lepre, e-mail

        

            

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

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