[Diritti] ADL 141106 - Almeno tu nell'universo



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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 6 novembre 2014

   

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IPSE DIXIT

 

Non solo razzi - «Il bosone di Higgs è una particella molto speciale che non appartiene alle due classi in cui si suddividono le altre particelle... Il bosone di Higgs è diverso perché ha il compito di dare massa a tutte le altre particelle e, se così non fosse, il nostro universo non esisterebbe e ovviamente non esisteremmo neppure noi.» – Fabiola Gianotti

 

   

    

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Fabiola Gianotti direttore

del CERN di Ginevra

 

di Anna Finocchiaro, senatrice del Pd

Presidente Commissione Affari Costituzionali del Senato.

 

Fabiola Gianotti è la prima donna a diventare direttore generale del CERN di Ginevra. E' una notizia straordinaria che ci riempie di orgoglio: le sue indiscusse competenze scientifiche contribuiranno ad accrescere il prestigio dell'organizzazione europea per la ricerca nucleare.

     La sua nomina è anche una vittoria e un riconoscimento per tutti quei talenti italiani, soprattutto donne, che spesso non sono valorizzati adeguatamente ma che invece hanno tutte le carte in regola per competere sulla scena internazionale.

    Auguri di buon lavoro a una donna e scienziata italiana che ha dedicato la sua vita alla fisica nucleare e che adesso porterà le sue qualità al servizio della scienza e dei ricercatori.

          

        

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Riflessioni

di un socialista

 

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Presentazione del libro di

 

Valdo Spini

 

La buona politica da Machiavelli alla terza repubblica.

Riflessioni di un socialista.

 

Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi

Introduzione di Furio Colombo

 

Marsilio Editore, pp. 176, 2° edizione

 

«La scintilla accesasi nel ragazzino che in un giorno del 1956 accompagnava il padre alla commemorazione di Piero Calamandrei è divenuta una fiamma robusta. Una fiamma capace di rischiarare il buio di questo difficile presente». Così Carlo Azeglio Ciampi si esprime nei confronti del percorso umano e politico che Valdo Spini ha scelto di ripercorre qui.

    Il risultato è un appassionante racconto in cui si intrecciano vicende personali e la politica di questo paese. Rivivono personaggi, avvenimenti, snodi fondamentali che hanno segnato la storia dell'Italia repubblicana: dal Psi degli anni Sessanta alle vicende di Tangentopoli, passando per il socialismo internazionale e le esperienze governative. Leggendo questo libro – dice Furio Colombo nell'introduzione – si prova «un sentimento strano, come tornare in un quartiere che conosci bene, ma stenti a orientarti, perché molto è stato abbattuto e molto costruito in un altro modo».

    Allora diventa importante riannodare i fili della memoria per riflettere oggi su cosa sia stata e cosa possa tornare a essere la politica italiana.

 

Zurigo, domenica 9 novembre alle ore 17.00

Chiesa evangelica di lingua italiana

Zwinglikirche, Kalkbreitesaal (pianterreno)

Aemtlerstrasse 23 - 8004 Zurigo

Ingresso libero

 

Valdo Spini (Firenze, 20 gennaio 1946), vice-segretario nazionale del PSI dal 1981 al 1984, è stato parlamentare socialista dal 1979 e poi dei DS fino al 2008. Ha ricoperto importanti incarichi di governo (Sottosegretario al Ministero dell'Interno dal 1986 al 1992, Sottosegretario agli Esteri nel 1992-1993. Nel 1993 al 1994 Ministro per l'ambiente). È docente presso l’Università di Firenze (Storia ed evoluzione degli accordi internazionali in tema di energia e ambiente nell'ambito del Master “Ambiente ed energia”), presidente dell'Associazione Istituzioni di Cultura Italiana (Aici) e autore di numerosi saggi, tra cui: Alla Convenzione Europea. Diario e documenti da Bruxelles (2003), Compagni siete riabilitati! Il grano e il loglio dell'esperienza socialista (2006) e Vent'anni dopo la Bolognina (2010).

       

 

SPIGOLATURE 

 

Dalla Paura alla Speranza…

Con biglietto di andata e ritorno

 

di Renzo Balmelli 

 

PAURA. Dopo le mid-term l'America si scopre fragile, vulnerabile e in crisi di identità al pari dell'Europa. Sono infatti i vecchi, contagiosi fantasmi di casa nostra a valicare l'Atlantico ed a segnare negli USA il destino amaro di un Presidente e dei democratici. Quelle antichissime immagini delle quali credevamo di avere compreso ed esorcizzato l'assurda simbologia e che all'opposto riprendono vigore anche negli Stati Uniti dopo il terremoto registrato dai sismografi politici di Washington. Come in una pessima riedizione del Mayflower, ma senza mitiche balle di tè da gettare in mare, dal continente da cui vennero i primi coloni sbarca nel Nuovo Mondo, questa volta però col suo carico di germi pericolosi, il peggior populismo alla Le Pen e consorteria varia. Un filotto di faciloneria qualunquista che i repubblicani, senza leader e senza programmi hanno però saputo sfruttare alla grande per incassare una vittoria esagerata usando l'unico strumento di cui la destra, sempre identica ovunque a dispetto delle distanze, dispone in questi frangenti: lo strumento della paura . La paura nel domani e delle minacce incombenti che è il disco rosso dell'emancipazione e del progresso. In virtù di questa svolta verosimilmente più psicologica che di merito, le elezioni di metà mandato, per tradizione non di rado fatali alla fine di un doppio ciclo presidenziale, passeranno alla storia come il "paradosso di Obama". Il paradosso "dell'uomo solo al comando" un tempo acclamato e che ora si vede costretto nell'angolo a seguito di una colossale sconfitta dalle conseguenze ancora tutte da valutare pur essendosi comportato da leader autentico in stretta obbedienza al mandato affidatogli dagli elettori. A dispetto di risultati economici e sul piano dell'occupazione che da noi sarebbero acclamati come miracoli, Obama non piace più o non piace abbastanza per salvare , oltre al suo partito, l'incanto che gli aveva consentito di rompere la supremazia bianca alla testa dell'unica super potenza. Forse anche per talune sue debolezze decisionali che hanno disperso l'eredità dello "yes, we can" privandolo della leadership mondiale che il Paese si attendeva, nel giro di una lunga notte l'inquilino della Casa Bianca da speranza per tutta l'umanità è scivolato nell'ingrato ruolo di "anatra zoppa" sotto attacco permanente dei conservatori che ora dominano al Congresso e soprattutto il Senato, senza avere tuttavia soluzioni valide da proporre quale alternativa all'infuori dell'accozzaglia di astrusi slogan demagogici coi quali hanno infarcito le loro apparizioni. Con il fronte islamico che irrompe negli incubi dei cittadini e con l'opinione pubblica terrorizzata dall'ebola, davanti agli Stati Uniti si spalancano ora due anni segnati dall'incertezza, se non addirittura dalla paralisi, mentre si sta per aprire, o è già partita, la lunga campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2016. Campagna che si preannuncia come un insidioso percorso a ostacoli dentro una situazione molto complessa e non al riparo da irresponsabili derive che devono fare riflettere e non consentono di abbassare la guardia.

 

DEGRADO. Sono trascorsi quasi dieci anni dalle prime battaglie di Roberto Saviano, ma a Scampia pare che il tempo si sia fermato, lugubre e sempre uguale a se stesso. Nonostante l'inesausto prodigarsi dei volontari e della polizia, sembra non ci sia verso di riportare la legalità in uno dei quartieri più degradati di Napoli. Le devastazioni provocate dalla criminalità organizzata rappresentano una macchia indelebile nel cuore di una città che a giusta ragione si considera la culla della grande civiltà mediterranea. Un recente documentario di RAITRE testimonia la gravità della situazione, risultato di scelte sbagliate e delle omissioni della politica che i cittadini onesti continuano a pagare.

 

CATASTROFE. Alla lunga esiste il rischio di non più credere alle buone intenzioni di salvare la Terra dall'ingordigia dell'uomo. Riavvolgendo il nastro della storia recente del pianeta si scopre un elenco infinito di proclami altisonanti, d'impegni non meno magniloquenti rimasti tristemente disattesi. Ogni governo assicura di avere la lotta ai cambiamenti climatici in cima alle proprie priorità ma tra le soluzioni proposte e la volontà di applicarle, il divario è enorme. Secondo l'ONU il rilascio di gas serra dovrà essere azzerato entro la fine del secolo per risparmiare all'umanità una catastrofe di dimensioni bibliche. Ma siamo nel 2014 e chi se ne ricorderà nel 2100!

 

PAPISTA. Basta pronunciare il nome di Nigel Farage e a David Cameron viene un febbrone da cavallo. Al punto da spingere l'inquilino di Downing Street a diventare più papista del Papa (cosa non da poco in Inghilterra) a proposito di immigrazione. Letteralmente terrorizzato dalla minacciosa avanzata dei populisti londinesi, il premier britannico si mostra risoluto nel rinnegare quel bene prezioso costituito dalla libera circolazione delle persone che Bruxelles considera un punto di non ritorno oltre il quale l'uscita del Regno Unito dall'UE potrebbe non essere più un tabù. Per il primato alle elezioni dell'anno prossimo i conservatori giocano con il fuoco senza curarsi delle conseguenze.

 

ICONA. Quando vedono una sua foto su Internet, ai tagliagola del califfato la colazione va di traverso. Al pari dei raid aerei, è il volto di Rehana, misteriosa amazzone nota come "l'angelo di Kobane", a mandare in crisi i terroristi dell'Isis. Si racconta che la guerrigliera curda abbia ucciso un centinaio di nemici nella città assediata e sia riapparsa più viva che mai benché gli estremisti abbiano annunciato di averla decapitata. Ciò non ha fatto che ingigantire la fama della giovane combattente – vera o frutto della leggenda – ma comunque tanto forte da diventare una icona insopportabile agli occhi di un movimento che considera le donne alla stregua di schiave e risponde irritato a questa sfida al femminile.

 

PANNA BRUNA. Le gaffes a volte sono come le ciliegie: una tra l'altra. Neanche a farlo apposta, dopo il famoso "burro per arrostire svizzeri" che ha fatto ridere mezzo mondo, la medesima azienda, leader nel settore alimentare della Confederazione, è incappata in un altro infortunio per il quale si ride un po' meno. Oggetto del contendere e di vibranti proteste sono questa volta i piccoli involucri in plastica contenenti panna liquida da aggiungere al caffè sui quali facevano bella mostra (si fa per dire) i ritratti di Hitler e Mussolini. Personaggi invisi che fuori dal contesto fanno ancora più impressione. Subito sono arrivate le scuse a profusione, ma ormai la frittata era fatta.

 

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

  

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

La Ue taglia le stime

 

Il Pil italiano giù a -0,4% nel 2014

 

Nel 2015 tiepida ripresa solo grazie a domanda esterna

La Commissione Ue rivede al ribasso le stime di crescita dell'Italia: -0,4% nel 2014, con una "tiepida ripresa" nel 2015 stimata a 0,6% e dovuta all'"accelerazione della domanda esterna". Eventuali "rischi al ribasso sono legati all'ulteriore slittamento della domanda esterna", si legge nelle stime autunnali di Bruxelles.

   

    

Economia

 

Il piu’ grande taglio delle tasse

della storia dell’uomo sarà recessivo

 

Qualche chiarimento sulla cosiddetta manovra.

 

di Gustavo Piga,

ordinario in Economia Politica, Roma Tor Vergata

 

Non è una manovra che aumenta il deficit di 11 miliardi. Il deficit si riduce, non aumenta. Non è questione da poco, anche perché dicendo che aumenta sembra che abbiamo ottenuto una grande vittoria sull’Europa. Una piccola vittoria l’abbiamo ottenuta nel senso che il deficit sì diminuisce, ma di meno di quanto inizialmente previsto. Mi direte: ma allora come fa il Premier a dire che aumenta il deficit di 11 miliardi. Oh, è un vecchio trucchetto della politica. Ma andiamo per ordine. 

    Che il deficit diminuisca, in valore sia assoluto che percentuale di PIL non lo dico io: lo dice la Nota di Aggiornamento del DEF inviata in Europa (e ancora da scrutinare da parte della Commissione europea). Più precisamente mentre il deficit 2014 si chiude al 3% di PIL e con un valore di circa 48,8 miliardi di euro, quello del 2015 di Renzi è programmato chiudersi – ha deciso il Governo – al 2,9% di PIL, 47,7 miliardi. 1 miliardo in meno, altro che 11 in più. E da dove esce fuori 11 direte? Oh semplice, dal famoso valore “tendenziale” del deficit 2015, che il Governo ha stimato al 2,2% di PIL. Siccome il deficit come abbiamo detto nel 2015 sarà del 2,9% di PIL, la differenza, 0,7% di PIL sono circa 11 miliardi. Ma che cosa è questo tendenziale? Semplice, è il valore al quale avrebbe teso “naturalmente” il deficit 2015 se non fosse stato deciso da Renzi invece che andava rifiutato e modificato, con la sua manovra, appunto, al 2,9% programmatico. Il tendenziale? Il tendenziale non ha significato economico, è il mondo come sarebbe stato se non fosse che non è stato. Per capire come il Governo ha deciso di sostenere l’economia più dell’anno precedente viste le sue difficoltà dobbiamo guardare a come è variato da un anno all’altro il deficit, non da come è variato il deficit tra quello che avrebbe potuto essere quest’anno (informazione irrilevante che non tocca l’economia) e quello che sarà. Una manovra dunque, quella di Renzi, certamente non espansiva, ma apparentemente nemmeno recessiva: infatti la riduzione dell’indebitamento dal 2014 al 2015 deriva dalla riduzione della spesa per interessi di 0,2% di PIL e dalla diminuzione dell’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi) da 1,7 a 1,6%. Briciole, direte.

    Un attimo per soffermarsi sulle famose slide di Renzi. Mi direte: ma come? Lui tra le cifre in entrata ha messo gli 11 miliardi di maggiore deficit! Sbagliato, come abbiamo visto il deficit diminuisce di circa 1 miliardo. Quindi le entrate non sono 36 miliardi ma circa 25. Che vanno a finanziare quali uscite? Non ha forse Renzi detto che le uscite sono pari a 36 miliardi? No, il conto deve tornare: se le risorse sono 25 miliardi, gli impieghi (le uscite) devono anche esse essere 25 per il 2015. E’ probabile che vengano dall’avere inserito nel 2015 delle uscite che in realtà erano già state decise nella legge di stabilità del 2013 e che già valevano nel 2014, e che sono state confermate nel 2015: in particolare i 6 miliardi di spese per missioni all’estero ecc. e 4 miliardi di bonus fiscale. Aggiungeteci che le entrate servono anche a ridurre il deficit di 1 miliardo e ci dovremmo essere. Comunque una bella cifra 25 miliardi, ma non 36.

    25 miliardi di qua e 25 miliardi di là, manovra neutrale? Mica tanto. Perché se è vero che ci sono minori spese che finanziano minori tasse devono essere fatti alcuni distinguo essenziali. Primo, le minori tasse in una recessione come questa hanno certamente un effetto positivo minore dell’effetto negativo delle minori spese per appalti pubblici. Perché? Semplice. 1 euro in meno di spesa, specie se tagliato a casaccio – perché la spending review fino ad oggi non è mai stata fatta con il criterio che sarebbe stato necessario per individuare veri sprechi – genera riduzioni di produzione e occupazione immediati di pare ammontare: se lo Stato non domanda 100 ecomotografi, il PIL cade di 100 ecotomografi. E se l’azienda di ecotomografi fa meno soldi licenzia e/o paga meno i suoi dipendenti, che consumeranno di meno eccetera. Studi recenti su cui torneremo mostrano che 1 euro in meno di spesa pubblica in una recessione grave come la nostra tipicamente riduce il PIL di 1,2 euro. Fatevi i conti: se riduciamo la spesa di 15 miliardi, il PIL si abbasserà di circa 18 miliardi. “Ma ci sono le riduzioni della tassazione!!” direte voi. Certo. Ma non tutto il maggior reddito netto si traduce in consumi ed investimenti: tanto più si è pessimisti sul futuro, e in queste recessioni imprese e famiglie lo sono tanto, tanto meno se ne spendono, di quelle riduzioni. Se ipotizziamo ottimisticamente che l’effetto positivo delle minori tasse sia di 10 miliardi di PIL, abbiamo un PIL che calerà di 8 miliardi rispetto a quanto sarebbe stato senza questa manovra di Renzi: 0,5% del PIL attuale dunque, portando la crescita 2015 allo 0%, dallo 0,5% promesso da Padoan. Quarto anno di recessione consecutiva e debito su PIL che continua a marciare verso l’alto. Fate voi.

    Certo che l’Europa ci guarda. Ma ci guarda benignamente ed è un’ingenuità pensare che sia effettivamente irritata con l’Italia per essersi rifiutata di raggiungere traguardi ancora più ambiziosi di finanza pubblica: la Germania sta finalmente soffrendo per la mancanza di domanda italica e francese, si sta spaventando e ha chiesto di chiudere un occhio se non due sulle apparenti infrazioni italiane all’idiotico Fiscal Compact, pur di evitare una recessione peggiore. Ma la recessione ci sarà, come abbiamo visto sopra. E ci sarà perché malgrado tutti gli appelli di Renzi a Confindustria, gli imprenditori non investiranno quanto vorrebbe il Premier. E non lo faranno per colpa di quello che il Premier ha scritto, sotto dettatura europea: e cioè che anche se il deficit italiano resta al 3% di PIL oggi, scenderà al 2 e poi all’1 e poi allo zero, in tre anni. Lasciate stare che sia vero o meno: l’ha scritto. A forza di annunci recessivi di maggiori tasse o minori investimenti pubblici, richiesti dal Fiscal Compact, crolla l’economia italiana, che non ascolta i richiami all’ordine del Premier, e con essa la speranza di un’Europa diversa.

    Renzi aveva due opzioni soltanto: o a primavera di quest’anno far partire sul serio la spending review, e con 15 miliardi di tagli di veri sprechi (manovra non recessiva in questo caso) finanziare maggiori investimenti pubblici – unica vera leva per far ripartire occupazione e produzione – senza muoversi dal deficit del 3% di PIL ed abbattendo il rapporto debito PIL; o, preso atto della sua incapacità di fare la spending in tempo, come è stato, effettuare investimenti pubblici per 1% di PIL, 16 miliardi, portando il deficit al 4% di PIL ma riuscendo comunque ad abbattere il debito sul PIL grazie alla maggiore crescita di quest’ultimo e senza preoccuparsi di multe che nessun leader politico europeo avrebbe mai avuto il coraggio di comminare al fondatore Italia. No, Renzi non ha fatto nessuna delle due cose: ha scelto la via semplice di lasciare il deficit al 3% senza fare né spending né investimenti pubblici. Così che la disoccupazione possa crescere, il PIL crollare, il debito continuare nella sua salita. Che l’abbia fatto perché glielo ha chiesto l’Europa lo esonera solo in minima parte: l’Europa siamo noi, specie in questo semestre di Presidenza europea, e sarebbe stato opportuno ricordarlo a Schäuble, collega tedesco di Padoan, che ha recentemente parlato – in una importante intervista televisiva ai margini della riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale – ben più a lungo del legale rappresentante dell’Unione, il nostro Padoan appunto, a cui spettava la parola. Tra pochi mesi saremo qui a chiederci come mai il PIL continua a crollare malgrado ci sia stato il più grande taglio delle tasse della storia dell’uomo.

www.gustavopiga.it

 

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Ecco un interessante articolo del Professor Gustavo Piga. La finanziaria del Governo sembra il prodotto perfetto per fare ripartire il paese e per rivoltarsi all'Europa della Germania, ma al termine della lettura di questo articolo, non è più così. Piga toglie il velo propagandistico alla manovra palesando la sua vera natura: una non scelta. La finanziaria prevede ovviamente delle novità importanti, che pur non avendo l'ambizione di ribaltare la situazione economica, fungono da segnale importante per il paese (leggi "80 euro"), ma prevede anche un sostanziale gioco delle tre carte con la diminuzione del deficit del paese. Il grande assente è una coraggiosa scelta in campo economico che ambisca seriamente a rilanciare l'economia, che probabilmente è quello che ci si aspetta da chi ambisce a "cambiare verso".

    Interessante è anche la questione legata alla "scelta", Gustavo La Pira ci dice che Renzi aveva due opzioni soltanto: o attuare la spending o dare il via ad una serie massiccia di investimenti pubblici. Non scegliere, come è stato fatto, ha significato e significa continuare a galleggiare in attesa di qualcosa. Una scelta, in un senso o nell'altro , significherebbe lottare per provare a salvarsi, significherebbe proprio quel "fare" tanto caro al Governo.

    Rincaro la dose dicendo che sarebbe proprio opportuno non solo scegliere (vedi "fare") di dare il via ad un vasto piano di investimenti pubblici nei settori delle infrastrutture, dei trasporti, dell'ambiente (per dissesto idrogeologico e ambientale, vogliamo fare qualcosa?), ma che sarebbe anche ora di ricordarsi o rendersi conto che L'Italia è un grande paese, che è un paese fondatore dell'UE e che al momento è di turno alla presidenza dell'Unione e che quindi sarebbe anche ora di smetterla di avere paura dei diktat altrui. 

Giacomo D'Alfonso, Club PortoFranco / ADL

           

            

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Fumata nera

 

L’incontro Renzi-Berlusconi

 

di Daniele Unfer

 

Non è andato bene il vertice all’ora di pranzo a palazzo Chigi tra Renzi e Berlusconi. Il menù era pronto. Primo piatto legge elettorale, per contorno la nomina dei giudici costituzionali, ma qualcuno sospetta che il piatto forte sia stata la revisione della legge Severino. Quando gli interessi convergono non è difficile trovare un accordo. Legge elettorale e legge Severino, appunto. Una serve a Renzi per prendere tutto e l’altra a Berlusconi per potersi candidare nuovamente.

    Dell’incontro si parlava da tempo, ma fino ad ora era sempre stato rinviato. Ora il faccia a faccia si è svolto a Palazzo Chigi con Berlusconi accompagnato da Verdini e Letta. Il superamento dello stallo per l’elezione dei due giudici della Consulta (il Parlamento è convocato domani alle 13 per tornare a votare) resta un elemento di secondo piano.

    Ma evidentemente per trovare un accordo la fiducia deve essere reciproca. L’incontro infatti si è chiuso con un nulla di fatto: Matteo Renzi avrebbe invitato Silvio Berlusconi ad accelerare sulla legge elettorale, ma l’ex premier avrebbe preso tempo. L’impressione sarebbe che il Pd vorrebbe andare avanti con il patto del Nazareno ma non al prezzo di consentire ai parlamentari di Fi di rallentare tutto. Il timore di Berlusconi è che una volta fatta la legge elettorale Renzi potrebbe scegliere la strada delle urne, vista come fumo negli occhi dall’ex Cavaliere che ha un partito a pezzi.

    Per lunedì è previsto un vertice di maggioranza convocato dopo la richiesta del leader Ncd Angelino Alfano. Vertice a cui dovrebbero partecipare tutti i partiti della maggioranza per non lasciare un argomento così importate in mano ai soli soci principali.

    Renzi la legge elettorale la vuole subito, entro dicembre già intavolata in commissione Affari Costituzionali al Senato, anche se non perde occasione per assicurare che si voterà solo a scadenza mandato e quindi nel 2018. Al premier serve una pistola ben carica per poter minacciare chi non si allinea. Il timore di Forza Italia invece è che Renzi una volta caricata la pistola, possa anche sparare. Berlusconi invece non ha tutta questa fretta. La vorrebbe per febbraio, non prima,

    Secondo alcune indiscrezioni il premier avrebbe proposto al leader di FI di introdurre un premio di lista per chi supera il 40% (invece che il 37%) ed una soglia di ingresso al 5%. Il pacchetto di modifiche alle norme elettorali dovrebbe comprendere anche capilista bloccati (vecchio pallino dell’ex Cavaliere) e preferenze per stabilire gli altri eletti. Ma soprattutto il premio di maggioranza che Renzi vorrebbe alla lista e non alla coalizione. Un modo per assicurarsi in modo definitivo la marginalità di chi non voterà Pd.  Sull’ipotesi circolata di eleggere il 70% dei parlamentari con le preferenze ed il 30% con una lista bloccata il ministro Boschi conferma che è appunto una “ipotesi che dobbiamo valutare insieme” agli alleati.

    Prima dell’incontro Renzi ha riunito a palazzo Chigi i vertici del Pd sulla legge elettorale. Alla riunione, annunciata ieri sera dal presidente del Consiglio all’assemblea dei gruppi dem, erano presenti il ministro Maria Elena Boschi, i sottosegretario Graziano Delrio e Ivan Scalfarotto, i capigruppo Pd di Camera e Senato, Speranza e Zanda, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, il presidente del Pd Matteo Orsini e il capogruppo in commissione Affari istituzionali al Senato Anna Finocchiaro. Mentre per domani mattina Renzi ha convocato nella sede del partito, la segreteria nazionale del Pd. Insomma il patto del Nazareno si evolve e si riempie di nuovi dettagli trasformando il dibattito politico italiano in uno scambio, non tanto tra partiti, quanto tra singoli che scelgono e plasmano le regole secondo le convenienze contingenti.

    Sul tema caldissimo della Legge Severino ci sono diverse iniziative. I socialisti presenteranno domani in conferenza stampa (presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati ore 15.00), una Proposta di Legge per modificare l’art 11 della Legge Severino. “I parlamentari del Psi – si legge in una nota dell’ufficio stampa – segnalano ‘problematiche di natura costituzionale’, che riguardano le condanne ‘non definitive’, la incandidabilità e la sospensione o decadenza dalle funzioni di parlamentare europeo o italiano. La proposta di legge è stata firmata ad oggi da 10 deputati. Il caso emblematico è stato quello De Magistris. La condanna in primo grado ha lasciato la città senza sindaco ed è bastato un ricorso al Tar per reintegrarlo. Per i socialisti la linea applicata al caso De Magistris deve valere anche per altri casi, quello del sindaco di Palermo De Luca e per tutte quelle sentenze ferme al primo grado di giudizio mentre per il caso Berlusconi la  questione è  radicalmente diversa in quanto si tratta di una sentenza definitiva passata in giudicato ed è relativa alle condizioni per l’eleggibilità.

    A complicare la giornata di Palazzo Chigi è arrivata da Bruxelles una nuova puntata della polemica con Junker, con una nuova stoccata del presidente della Commissione a Renzi: “Cerchiamo di non sabotare – ha detto – la Commissione prima che inizi a lavorare”. Ma Juncker tiene anche a precisare di non avere “problemi con Renzi, che – ha detto – apprezzo molto, né con Cameron, casomai è quest’ultimo che ha problemi con gli altri premier”.  Il presidente della Commissione europea, nella conferenza stampa dopo la prima riunione del nuovo collegio dei commissari,  ha ribattuto ancora: “Ho la ferma intenzione di reagire con energia alle critiche ingiustificate da qualunque parte vengano. Dire che la Commissione è fatta da burocrati o dire che non si accettano lezioni dai burocrati non è una cosa che mi piace, sono capo di 27 commissari politici e non siamo burocrati, siamo politici”.

 

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FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Attualità della socialdemocrazia

 

di Luciano Pellicani

 

Nel suo ultimo libro – Quanto capitalismo può sopportare la società – Colin Crouch parte dalla constatazione, fatta sia dal Fondo monetario internazionale (Fmi) che dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che negli Stati Uniti le disparità di reddito hanno raggiunto livelli tanto estremi da suscitare il timore che esse possono dissestare l’economia. Dopo di che, egli polemizza vivacemente contro il cliché “L’alta marea solleva tutte le barche”, secondo il quale se i ricchi diventano più ricchi, prosperano anche le classi inferiori.

    Le cose, però, non stanno affatto come amano dipingerle quelli che George Soros ha felicemente battezzato “i fondamentalisti del mercato”. I redditi dei più ricchi – in particolare, nel settore finanziario – continuano a salire, mentre, contemporaneamente, diminuiscono i redditi medio bassi. Inoltre, nella società americana si è formata –, proprio a causa della istituzionalizzazione del paradigma neoliberista, tutto centrato sul mercato autoregolato – una nuova classe: quella dei working poors, la cui presenza, da sola, smentisce i sostenitori della così detta “teoria della goccia “, stando alla quale la ricchezza dovrebbe scendere verso il basso. Infatti, utilizzando il coefficiente di Gini, risulta che, mentre l’ineguaglianza economica nella società svedese è 0.25, nella società americana è 0.40.

    Evidentemente, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel paradigma neoliberista. Eppure – constata con amarezza Crouch – da almeno due decenni assistiamo a questo strano spettacolo: che i critici più severi del neoliberismo sono i liberali “progressisti” come Stieglitz e Krugman, mentre i socialdemocratici si sono attestati su una posizione difensiva. Occorre – dice Crouch – che la socialdemocrazia ritorni ad essere quella che è stata durante i così detti Gloriosi Trenta, quando, introducendo la tassazione progressiva dei rediti più elevati, creò quel sistema di sicurezze sociali – l’assistenza medica gratuita, l’indennità di disoccupazione, le pensioni, ecc. – grazie al quale il capitalismo è stato, in qualche misura, “civilizzato”. La socialdemocrazia – incalza Crouch – deve tornare ad essere assertiva per favorire l’ulteriore sviluppo democratico delle società industriali. Deve, in altre parole, lasciare l’attuale posizione difensiva e andare all’attacco contro il paradigma neoliberista. Con una precisazione di fondamentale importanza: la sua strategia non deve mettere in discussione la centralità del mercato, visto che questo è risultato l’unico sistema capace di garantire lo sviluppo economico, senza il quale le politiche di redistribuzione della ricchezza sono impraticabili e persino impensabili.

    Contemporaneamente, però, la socialdemocrazia deve sottolineare con la massima energia che esistono almeno due modelli di “società giusta”: quello neoliberista, che, seguendo l’insegnamento di Hayek, si affida in toto al mercato e quello che concepisce assegna allo Stato il compito di incrementare l’eguaglianza sostanziale. Quest’ultimo modello tiene presente la lezione di Popper, un grande liberale che non chiuse gli occhi di fronte al fatto di evidenza solare che il mercato, abbandonato alla sua autonormatività, produce inevitabilmente intollerabili ingiustizie sociali. Di qui la sua difesa dell’ingegneria sociale: una saggia strategia riformista contrapposta sia alla pianificazione totalitaria dei regimi comunisti che al laissez faire.

    Crouch conclude la sua appassionata analisi facendo presente che la socialdemocrazia assertiva non è affatto una vuota utopia. Lo dimostra l’esempio della Svezia, dove la Sinistra è rimasta fedele alla sua vocazione originaria; e lo ha fatto conciliando in maniera esemplare l’efficienza economica con la giustizia sociale. Di qui il fatto che la società svedese, oltre ad essere una delle più innovative del mondo, oggi risulta essere la più ugualitaria.

       

               

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

            

LETTERA DA MILANO

 

Comunicazione politica

 

Istruzioni per l’uso

 

per comprendere il vincolo profondo tra politica e comunicazione, tra immagine e consenso, ci basti sapere che il primo testo conosciuto per la realizzazione di una campagna elettorale è il “Commentariolum Petitionis” ovvero “Manualetto elettorale”, creato da Cicerone nel 64 a.C., per l’elezione a Console della Repubblica del fratello. Chi, come noi, dell’analisi e della ricerca sulla politica ha fatto una ragion d’essere, non può certo tralasciare un aspetto così cruciale e caratterizzante.

    Per questo è con vero piacere che ti presento il primo “Seminario di Comunicazione politica” espressamente creato per la Casa della Cultura da Enrico Finzi, sociologo, ricercatore e giornalista, tra i principali protagonisti delle scienze sociali e della comunicazione italiana, e Mauro Terlizzi, consulente di comunicazione e marketing politico che da anni cura, in Italia e all’estero, campagna elettorali e di comunicazione per partiti e Istituzioni pubbliche.

    Intitolato “Comunicazione politica, istruzioni per l’uso”, della durata di due giorni (sabato e domenica), strutturato i 4 sessioni, il Seminario ci condurrà in un percorso di conoscenza e confronto che dagli elementi “base” dei processi comunicativi arriverà fino alla tecnica delle campagne elettorali, passando per l’analisi delle forme organizzate della politica e dei processi e metodi di ricerca e segmentazione del corpo elettorale.

    Particolarmente adatto a chi, a vario titolo e modo, ha nella politica un interesse diretto e continuo, il Seminario risulta comunque di sicuro interesse anche per chi vuole semplicemente conoscere e capire processi e metodologie che, da spettatore, vive quotidianamente.

    La prima edizione è fissata per il week-end del 29/30 novembre 2014, ovviamente presso la nostra sede di Via Borgogna 3 a Milano (M1 San Babila). Troverai il programma dettagliato e le modalità d’iscrizione sul nostro sito www.casadellacultura.it o richiedendolo a segreteria at casadellacultura.it.

Un caro saluto

Ferruccio Capelli

Direttore Casa della Cultura - Milano

       

        

LETTERA DA BERNA

 

Hansjürg ci scrive

 

Dov’è quel luogo rosso come il vino rosso ? Hansjürg, un signore svizzero-tedesco, ha voluto scriverci nel suo simpatico idioma bernese per chiederci lumi sulla location del Coopi di Zurigo, nostra storica sede editoriale (e conviviale). In effetti, dopo lo “sfratto dei cent’anni”, emesso nel 2006 e attuato l’anno successivo, il leggendario Ristorante Cooperativo dovette cambiare sede, traslocando alla St. Jakobstrasse 6. Ecco il testo della mail pervenutaci ieri in redazione…

 

Bi vo Bärn. Früecher mau bini vil z'Züri xi u ha ds Coopi gschetzt. De sit dir doch am Helvetiaplatz xi, oder nid??

    Wieso "Werdplatz"???

    Item: einisch vor paar Wuche hani wider mau i ds Coopi ine wöue, o wäge de Comensoli-Bilder. Bi ar Helvti umegstiflet, ha gluegt u gsuecht – kes COOPI! Ha Lüt gfragt, o i angerne Beize u i Läde: ke Chnoche hett das Coopi kennt...

    Jä nu: de muesi itz zum Stouffacher fahre? U nächär?? Hange de d'Comensoli no??? Liebe Gruess

 

Hansjürg - hansjuerg at mails.ch

 

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Ma grazie, Hansjürg! Questa simpatica “provocazione” dialettale esprime un dato di fatto. Perché molte persone provenienti da varie località vorrebbero visitare il Coopi. Ma, in seguito all’editto di sfratto pronunziato nel 2006 dalla Liegenaschaftenverwaltung der Stadt Zürich, non tutti in effetti sanno dove si trovi questo locale ultracentenario, “rosso come il vino rosso”.

    “Dopo il 31 dicembre 2006 il Coopi non esisterà più”, dichiarò all’epoca un alto funzionario immobiliare cittadino. In realtà il Coopi continuò a esistere anche dopo l’editto.

    Dove sui trova oggi? Dal 1° gennaio del 2008 si trova alla St. Jakobstrasse 6 di Zurigo (vai al sito), a cento passi dalla Chiesa di san Giacomo, cara a Leo Ragaz.

    E, ciò detto, offriamo una bottiglia di Centopassi Rosso come premio speciale a chi per primo c’invierà un’attendibile versione italiana della lettera di Hansjürg. La red dell’ADL

 

 

Una bottiglia di “Centopassi rosso”

 

Il “Centopassi Rosso” è il frutto di uve provenienti da vigneti situati negli altopiani dell’entroterra siciliano, ad almeno 400 metri di altitudine. È un vino biologico dedicato a tutti coloro che onorano il ricordo delle vittime della mafia attraverso il proprio impegno quotidiano.

       

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

Allegato Rimosso
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